DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Paolo Valentino per il “Corriere della Sera”
Mancano dieci giorni al 30 agosto e la volata per le nomine europee entra nella dirittura d’arrivo quasi in surplace, rallentata dalla pausa estiva e messa in secondo piano dalle drammatiche emergenze che dall’Iraq, a Gaza, all’Ucraina, scuotono la scena internazionale.
Di tutte le partite in corso, è l’Italia a giocare quella più rischiosa. Perché sulla nomina di Federica Mogherini ad Alto rappresentate della politica estera dell’Unione europea, Matteo Renzi ha scommesso, sia pure con modi e forme a tratti discutibili, una parte importante del suo capitale politico in Europa.
Non dovesse riuscirci, dopo aver messo nero su bianco nella lettera al neopresidente della Commissione Jean-Claude Juncker di puntare esclusivamente a quella carica, il premier ne uscirebbe sconfitto e ridimensionato di fronte ai partner. Eppure, gli sviluppi e le dinamiche in corso tra le capitali europee sembrano volgere in favore della candidatura italiana, che ancora poche settimane fa appariva in affanno.
La partita è aperta. L’opposizione dei Paesi dell’Est alla nomina di Mogherini rimane netta. E non sono del tutto scemate le riserve americane, alimentate soprattutto dall’infortunio di Mosca, quando il nostro ministro degli Esteri, che lì era anche a nome dell’Europa, ribadì l’appoggio italiano al gasdotto South Stream, progetto avversato dall’Unione europea e dagli Stati Uniti.
Ma il quadro è in movimento. Ci sono buone notizie da Berlino, dove il governo tedesco non ha obiezioni di sorta sul ministro italiano. C’è l’intesa costruita con abilità da Renzi con il presidente francese François Hollande intorno al binomio Moscovici-Mogherini, con l’ex ministro socialista francese candidato a un importante portafoglio economico nella futura commissione.
«Entrambe scontratesi all’inizio con forti opposizioni, le due candidature si sono rafforzate quasi per default. Nessun altro ha messo in campo ufficialmente candidati con indicazioni d’incarico precise ed esplicite. Quindi sarà difficile dire no a due grandi Paesi», suggerisce un’autorevole fonte di Bruxelles.
Favorevole a Mogherini è anche la famosa questione delle griglie di equilibrio: Nord-Sud, Est-Ovest, Popolari-Socialisti, presenze femminili nei nuovi vertici europei. «Da qualunque punto di vista si veda la questione, lei è nella casella giusta», dice un diplomatico europeo. Sarebbe per esempio strano che, con il popolare Juncker già al vertice della Commissione, un altro popolare come la bulgara Kristalina Georgieva, uno dei nomi più citati in alternativa a Mogherini, la spuntasse per il posto di Mr. Pesc.
Pierre Moscovici and Marie Charline Pacquot article A D E DC x
A facilitare l’accordo potrebbe essere l’assegnazione della carica di Presidente del Consiglio europeo (quella la cui porta era già aperta per Enrico Letta) all’ex premier lettone Vytenis Andriukaitis.
Il resto potrebbe farlo l’attivismo italiano sulla scena internazionale. Se è vero infatti che il nostro Paese, presidente di turno dell’Unione europea, è rimasto fuori dai negoziati sull’Ucraina di lunedì a Berlino, mediati (senza successo) da Francia e Germania, sull’Iraq siamo davanti a tutti. Mentre il premier è oggi in visita nel Paese, Mogherini e il ministro della Difesa Roberta Pinotti sosterranno davanti alle Commissioni Esteri e Difesa del Parlamento la necessità di inviare armi ai curdi, mostrando la strada alla Ue.
Non è scontato e non sarà facile far passare la titolare della Farnesina. Ma su un argomento Matteo Renzi ha ragione. Le crisi che esplodono a ripetizione e la drammatica instabilità del quadro internazionale dicono che l’incarico di Mr. Pesc non è affatto di secondo piano e invece ne dimostrano tutte le potenzialità. «Il punto — osserva un ex ministro europeo — è se sia Federica Mogherini la risposta giusta dell’Europa a sfide sempre più gravi e complesse».
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