DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI…
Mattia Feltri per “la Stampa”
Fa impressione pensare che quattro anni fa - giugno 2018 - albeggiava il governo gialloverde, ed era il sol dell'avvenire populista. Quattro anni più tardi, i leader del partito giallo e del partito verde, allora titolari di un complessivo cinquanta per cento (33 più 17), si industriano in surreali conferenze stampa con cui eludere la personale rovina: Giuseppe Conte svaporato al culmine del mercimonio esercitato con un Movimento che, come Isabella di Castiglia, si concede a chi lo piglia, e Matteo Salvini, ormai incapace di intendere e di volere, e umiliato al nord dalla destra romana di Giorgia Meloni.
Non so se essere più stupefatto dalla facilità con cui il patrimonio è stato accumulato o dalla rapidità con cui è stato dilapidato, ma forse devo conservare lo stupore per il prossimo giro, quando il prossimo Mago Merlino erediterà felpe e pochette.
Ora non vorrei equiparare due leader imbarazzanti come Salvini e Conte a qualche predecessore, magari discutibile ma di altra levatura, però il modo allucinato di votare degli italiani negli ultimi trent' anni, all'inizio con la perfetta e inesorabile alternanza fra destra e sinistra, e soprattutto negli ultimi quindici, con gli effimeri trionfi di Silvio Berlusconi (2008), Matteo Renzi (2014), Beppe Grillo (2018), Matteo Salvini (2019), e già si annuncia Giorgia Meloni, ecco, mi fa ricredere su una frase di Leonardo Sciascia, che non mi era mai piaciuta ma ora mi pare perfetta. Il fascismo, diceva, appendeva la sua bandiera al corno del popolo, la democrazia lascia che ognuno si appenda alle corna la bandiera che crede, ma alla fine il popolo cornuto era e cornuto resta.
conte salvinigiuseppe conte e matteo salvini alla confesercenti
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