LA CASTA DELLA QUERELA FACILE - TRAVAGLIO: “QUANDO L’ITALIA ERA UN PAESE QUASI NORMALE, I POTENTI USAVANO CON ESTREMA PARSIMONIA L’ARMA DELLA CAUSA CIVILE. LA FIAT NON QUERELAVA MAI E RARAMENTE LO FACEVANO I DEMOCRISTIANI - POI È ARRIVATO BERLUSCONI (E D’ALEMA) E TUTTO È CAMBIATO. - IERI I MINISTRI SEVERINO E TERZI HANNO ANNUNCIATO CHE CI TRASCINERANNO IN TRIBUNALE PERCHÉ ABBIAMO PUBBLICATO NOTIZIE VERE SUL LORO CONTO. COME AI TEMPI DI B., PESSIMO SEGNALE. SARÀ PURE UN GOVERNO “STRANO”, COME DICE MONTI. MA DIVERSO MICA TANTO”....

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Marco Travaglio per "il Fatto Quotidiano"

Della sentenza del Tribunale civile di Torino che ha condannato Corrado Formigli e la Rai a risarcire 7 milioni alla Fiat abbiamo scritto e riscritto. Anche chi ritiene che avesse ragione la Fiat (noi pensiamo di no) ha dovuto convenire sull'assoluta sproporzione fra il presunto danno e l'entità del risarcimento. Se non fosse che le sentenze civili sono esecutive fin dal primo grado (salvo quando riguardano la banda B.), si potrebbe confidare nel giudizio di appello, se non altro per una riduzione dell'importo entro limiti più umani: quelli che, di prassi, non superano mai le decine o al massimo le centinaia di migliaia di euro.

Ciò naturalmente non esclude un bel gesto della Fiat (ai tempi dell'avvocato Agnelli ne era capace, nell'èra Marchionne c'è da dubitarne), che potrebbe accontentarsi di un euro simbolico. Ma forse questo "caso" può diventare l'occasione per riformare seriamente la materia della diffamazione. Quando l'Italia era un paese quasi normale, i potenti usavano con estrema parsimonia l'arma della causa civile e persino della querela contro la libera stampa. La Fiat non querelava mai e raramente lo facevano i democristiani (Andreotti, per esempio): i giornalisti preferivano magari comprarli, ma attaccarli no.

Cominciò Craxi (non a caso), con gl'insulti a Galli della Loggia ("intellettuale dei miei stivali") e con la famigerata denuncia contro Alberto Cavallari che, sul Corriere, aveva osato scrivere ciò che tutti sapevano: cioè che molti socialisti rubavano. Poi, nella Seconda Repubblica, le aggressioni berlusconiane alla libera stampa divennero pane quotidiano, imitate dai papaveri del centrosinistra. Sono vent'anni che giornali e giornalisti sono tempestati da migliaia di richieste di danni milionarie, spesso tenute nascoste per non far crollare i titoli delle società editrici in Borsa.

Talvolta qualcuno ha provato a regolamentare la materia, ma senza riuscirci: la spada di Damocle sul capo dei giornalisti (non tutti: i più indipendenti e coraggiosi) è una minaccia troppo efficace per tenerli sotto scacco. Intendiamoci. Nessuno pretende licenza di uccidere: la stampa ha un potere immenso, che dev'essere controbilanciato da severe garanzie per i cittadini che si sentono diffamati. Basterebbe prevedere un meccanismo doppio. Da una parte per "calmierare" l'entità delle richieste di danni, imponendo una cauzione a chi le inoltra (se poi vince, si riprende la cauzione; se perde, se la dividono lo Stato e il denunciato assolto).

Dall'altro per consentire a chi si ritiene offeso di ottenere spazi adeguati per dire la sua: dopodiché, se vede pubblicata con evidenza la sua rettifica, potrà comunque adire le vie legali, ma, se ha ragione, otterrà risarcimenti molto attenuati o puramente simbolici. Soprattutto se chi ha sbagliato l'ha fatto in buona fede, cioè non ha mentito sapendo di mentire. Invece accade sempre più spesso che i diffamati (veri o presunti) saltino a piè pari il momento della replica e passino direttamente alle vie di fatto in Tribunale.

Non solo: quando vengono interpellati dal giornalista che si occupa di loro, i potenti rifiutano di rispondere, salvo poi lamentarsi perché l'articolo è uscito senza la loro versione dei fatti. Esempio: noi del Fatto dedichiamo ogni giorno buona parte della pagina delle lettere a "i nostri errori" e al "diritto di replica". Eppure siamo bersagliati da continue denunce.

Soltanto ieri due ministri - Severino e Terzi - hanno annunciato che ci trascineranno in tribunale (o "si riservano" di farlo) perché ci siamo permessi di pubblicare notizie vere sul loro conto. L'altroieri i nostri cronisti avevano regolarmente interpellato i due ministri tramite i loro portavoce, per registrare la loro versione e correggere eventuali imprecisioni. Risposta: due "no comment". Che l'indomani si sono trasformati in due minacce di querela, o forse di causa per danni. Come ai tempi di B. Pessimo segnale. Questo sarà pure un governo "strano", come dice Monti. Ma diverso mica tanto.

 

CORRADO FORMIGLI NELLA PUNTATA DI ANNOZERO CHE HA CAUSATO UN DANNO DIMMAGINE ALLA FIAT IN CUI SI MOSTRAVANO LE PRESTAZIONI DELLA MITO SERGIO MARCHIONNE VERSIONE 'BARBUDO'CRAXI-BERLUSCONIpaola severinoGiulio Terzi di Sant AgataMONTI