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Da ''il Giornale''
MEGLIO GLI ATEI DEGLI IPOCRITI È PROPRIO COSÌ?
Le parole di Papa Francesco tornano a far discutere: «Sono meglio gli atei degli ipocriti in chiesa. I cristiani che vivono odiando altre persone sono uno scandalo». Un discorso, pronunciato davanti ai fedeli durante la prima udienza del nuovo anno, che ha scatenato il dibattito fuori e dentro la Chiesa, coinvolgendo fedeli e scettici.
1. FRANCESCO HA RAGIONE: LA COERENZA COSTA FATICA
Massimiliano Parente per ''il Giornale''
Meglio atei che ipocriti, ha detto il papa. E io da ateo, paradossalmente, sono d' accordo con lui, mentre agli ipocriti cattolici questa frase non piace, non va giù.
Eppure guardate se tocca proprio a me difendere il papa, che nella sua logica ha completamente ragione. Anche perché la questione è molto semplice. Per me, e per la scienza, la stessa scienza a cui vi affidate quando andate a farvi curare, perché siete attaccati a questa vita come me, (voi che credete nella vita dopo la morte, il paradosso massimo) la Terra ha quattro miliardi e mezzo di anni, la vita degli organismi multicellulari seicento milioni, la vita dell' uomo sulla Terra duecentomila, posso permettermi di essere quello che sono, ossia individualista, liberale e liberista.
E perfino stronzo, quando è il caso. Ma un cristiano no. Un cristiano è qualcuno che crede in Gesù Cristo, un personaggio di un best seller di due millenni fa che colpevolizzava la ricchezza, credeva negli ultimi che sarebbero stati i primi, ordinava di accogliere chiunque a casa propria, a chi ha fame date da mangiare, a chi ha sete date da bere, lo fate o avete passato le feste natalizie a abbuffarvi nelle vostre case? Se non mi sembra così strano che uno di estrema sinistra sia anche cristiano (come Pier Paolo Pasolini), non ho mai capito come si possa essere cristiani e di destra, motivo per cui non ho mai votato né la destra né la sinistra, troppo cristianesimo.
Cristiani ma per il profitto, cristiani ma con il conto in banca, cristiani ma con ville, cristiani ma che fanno sesso come me e perfino più di me (io ormai ne faccio poco perché mi sono stancato, non perché qualcuno mi dica che è peccato). Nel pensiero cristiano è colpevolizzata qualsiasi forma di individualismo, non per altro il capitalismo è sempre stato avversato tanto dai cristiani quanto dai marxisti. E voi, cristiani, vi lamentate perché dall' Africa arrivano popoli di disperati affamati? Non dovreste aprire le vostre case? A volte penso che Giorgia Meloni anziché il Vangelo abbia letto il Mein Kampf.
Questo papa non piace ai cattolici perché dice cose troppo cristiane, ma se siete cristiani dovete pagare un prezzo, non potete vivere come me, io posso permettermelo, e come Carmelo Bene penso che del Ruanda non me ne frega niente, ma voi no, non potete, altrimenti che differenza c' è?
Da cosa si differenzia il mio stile di vita di non cristiano dal vostro? A me fa ridere per esempio uno come Matteo Salvini, che esibisce il crocifisso, che gira con il rosario, e poi respinge i barconi di disperati. Ve lo immaginate Gesù Cristo che dice: «prima gli italiani?». Amare il prossimo, non a mare il prossimo, caro Salvini.
Altrimenti, come dice il vostro papa, siete solo degli ipocriti.
2. MA IL PONTEFICE SBAGLIA: NON C' È UOMO PERFETTO
Camillo Langone per ''il Giornale''
«Meglio atei che cristiani ipocriti» è il titolo corrente per il primo discorso di Papa Francesco nel 2019, forse pronunciato per non darci tregua nemmeno durante le vacanze di Natale. Si potrebbe come al solito dare la colpa ai giornalisti, grossolani e frettolosi, e dire che la catechesi del Santo Padre, stavolta centrata sul Padre Nostro, è stata molto più articolata.
Vero: nell' Aula Paolo VI non sono mancate espressioni più sfumate. Ma anche falso: sono andato a leggermi il discorso completo, sull' ufficialissimo sito del Vaticano, ed effettivamente contiene un passaggio così sintetizzabile. Eccolo: «Quante volte noi vediamo lo scandalo di quelle persone che vanno in chiesa e stanno lì tutta la giornata o vanno tutti i giorni e poi vivono odiando gli altri o parlando male della gente. Questo è uno scandalo! Meglio non andare in chiesa: vivi così, come fossi ateo». Si capisce che il Papa sta parlando a braccio, e pure questo fa parte del suo non darci mai tregua: come tutti vivo in una valle di lacrime e in più, come cattolico, mi tocca il pontificato di chi è solito parlare a braccio.
Che può far rima con casaccio. «Meglio non andare in chiesa» è un' affermazione pericolosa, le chiese sono già disertate abbastanza, speriamo non lo prendano in parola. Chesterton, un maestro di realismo cristiano, scrive che «se vale la pena fare una cosa, vale la pena di farla male».
Bergoglio, che almeno nell' estrapolazione risulta un maestro di cristiano utopismo, prefigura chiese frequentate esclusivamente da persone che non odiano e non sparlano, e dunque chiese deserte.
Siamo tutti più o meno ipocriti e se non ci rassegnassimo a fare male le cose buone (ad esempio andare a messa la domenica) faremmo soltanto quelle cattive. Meglio ipocrita che ateo: se non fossi credente non crederei nemmeno nell' esistenza del peccato, non avrei più nemmeno il freno del rimorso.
Secondo me esiste anche un problema lessicale: non ci sono più gli ipocriti di una volta, l' ipocrisia non è più quella dei tempi del Vangelo. Duemila anni fa Cristo identificava gli ipocriti con chi ostentava devozione per ottenere vantaggi sociali. Oggi il Vicario di Cristo insiste con questa definizione senza tenere conto che, in una società secolarizzata come la nostra, ostentare devozione garantisce semmai compatimento, risolini.
Anziché «ipocrita» bisognerebbe dire «incoerente»: ebbene sì, sono incoerente, le mie azioni spesso non coincidono con le mie dichiarazioni, faccio quello che posso e posso abbastanza poco. Un po' come (si parva licet) San Pietro che promise a Gesù fedeltà fino alla morte e poi, quando buttava male, fece finta di non conoscerlo nemmeno. O come San Paolo che scrisse: «In me c' è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo». Fossero vivi, anche Pietro e Paolo rischierebbero gli strali di Jorge Mario.
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