DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
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Tommaso Ciriaco, Giuliano Foschini per repubblica.it - Estratti
GIORGIA MELONI E ELON MUSK NELLO SPAZIO - IMMAGINE CREATA CON L INTELLIGENZA ARTIFICIALE DI GROK
In un appunto riservato di alcuni mesi fa, la Farnesina avvertiva Palazzo Chigi dei rischi di aprire le porte ai servizi satellitari di Elon Musk: «La proposta — scriveva il ministero degli Esteri al termine di un incontro nella sede del governo sul progetto Starlink per l’Italia — dovrà essere valutata in maniera più dettagliata in relazione […] all’opportunità di inquadrare l’eventuale collaborazione con Starlink all’interno di un accordo intergovernativo con gli Usa a garanzia degli obblighi di confidenzialità, continuità del servizio e rispetto delle prerogative di sovranità nazionale».
Tradotto: possiamo dare il via libera solo dopo aver siglato un’intesa con gli Stati Uniti che eviti a Roma di finire in balia degli umori o degli interessi del multimiliardario amico di Donal Trump. Un giorno, ad esempio, il fondatore di Tesla potrebbe negare il segnale, oppure gestire in modo sconveniente i dati sensibili del Paese. Serve, insomma, un garante: il governo americano.
DONALD TRUMP - ELON MUSK - GIORGIA MELONI
È un passaggio illuminante nella sua chiarezza. Sufficiente a spiegare le tensioni e l’imbarazzo di queste ore nel cuore dell’esecutivo. Le spinte sono contrapposte, la confusione alimenta sospetti. La presidenza del Consiglio, innanzitutto: chi più spinge per un accordo con Musk è il generale Franco Federici, consigliere militare di Giorgia Meloni e segretario del Comint, il comitato interministeriale per le politiche sull’aerospazio. Qualche prudenza in più è di Alfredo Mantovano, che durante l’audizione al Copasir ha molto frenato sull’opzione Starlink, spiegando che non esiste nulla di concreto. La partita, però, non è soltanto legata alla sicurezza: è soprattutto politica.
Meloni vive settimane cruciali nel rapporto con Washington. Sente Musk costantemente, dunque preferirebbe non deluderlo (anche perché l’imprenditore flirta intanto pubblicamente con Matteo Salvini). La premier è consapevole dell’azzardo di un simile progetto, ma è tornata dalla missione di Mar-a-Lago convinta di poter costruire l’accordo-quadro a cui fa cenno il documento della Farnesina. O comunque, qualcosa di simile, una sorta di patto “light”.
Salvini, si diceva. Lui è schierato a prescindere con Musk e Trump, dunque con Starlink. Meloni lo sa. È irritata dall’atteggiamento del suo vice, tanto che potrebbe superare i dubbi che le sconsigliano di partecipare all’Inauguration Day del 20 gennaio e volare a Washington anche per non lasciare quel palcoscenico al leghista (una parola definitiva arriverà domani in conferenza stampa).
Attorno a Meloni si muove un altro big favorevole all’accordo, o comunque non ostile: è Guido Crosetto.
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GUIDO CROSETTO - GIORGIA MELONI
E però, resta la scelta strategica: affidarsi a Musk, oppure soprassedere? Anche dentro Palazzo Chigi non mancano resistenze. Cauto, riferiscono diverse fonti concordanti, sarebbe il capo di gabinetto della Presidenza del Consiglio Gaetano Caputi, così come il ministro Adolfo Urso. E, si è detto, pure Tajani. Il leader di Forza Italia continua a invitare alla prudenza. E a porre un quesito che suona così: in quali mani finirebbero quei dati, e quale uso potrebbero farne? È giusto valutare attentamente.
Il momento, d’altra parte, è già delicato per l’esecutivo. L’addio di Elisabetta Belloni ha scosso Meloni. E si intreccia inevitabilmente con la gestione dei rapporti con la nuova amministrazione americana. Problemi ormai alle spalle della direttrice, che si prepara a un incarico europeo al fianco di Ursula von der Leyen: gestirà per lei il dossier dei migranti.
LA TRATTATIVA CON STARLINK
GIORGIA MELONI - DONALD TRUMP - ELON MUSK - IMMAGINE CREATA CON L IA E PUBBLICATA DA ANDREA STROPPA
Filippo Santelli per repubblica.it - Estratti
Per quanto notevole, un miliardo e mezzo di euro, bisogna andare oltre il valore economico. Nell’accordo che il governo italiano tratta da mesi con Starlink, l’azienda dei satelliti di Elon Musk, l’aspetto decisivo è strategico.
Attraverso la connessione Internet che l’imprenditore più potente del mondo irradia dallo spazio passerebbero infatti le comunicazioni più delicate per la nostra sicurezza nazionale: militari, dei servizi, della diplomazia, della protezione civile. Ma firmare un contratto con l’Italia, il primo di questa portata con un Paese fondatore dell’Unione, sarebbe strategico anche per Musk e i suoi piani di espansione dallo Spazio, di cui controlla già gli snodi chiave. Oltre ai servizi per i governi, Starlink offre la sua connessione anche ad aziende e cittadini, con una infrastruttura che – in prospettiva – farà sempre più concorrenza alle reti terrestri e ai loro operatori, terrorizzati dalla prospettiva.
ELON MUSK - GIORGIA MELONI - MEME BY EDOARDO BARALDI
Dal punto di vista tecnologico pochi dubbi: la costellazione di satelliti che Musk ha lanciato in orbita, sfruttando i prodigiosi razzi riutilizzabili della sua SpaceX, al momento non ha rivali. Basti pensare che sono oltre 6 mila, dieci volte più di quelli della “concorrente” OneWeb, di passaporto franco-inglese. Significa copertura globale e maggiore velocità, nonostante resti molto inferiore alle reti che viaggiano a terra. Un servizio ideale per coprire zone in cui quelle non arrivano, come monti e mari, e per garantire una connessione “di riserva” in grado di restare accesa dopo catastrofi naturali o attacchi militari, come quella che Starlink sta offrendo all’Ucraina.
I dubbi sulla sicurezza
Sono le caratteristiche che attirano governo ed esercito italiani. Ma a cui si accompagnano evidenti criticità, legate al fatto di affidare un’infrastruttura strategica a una società privata, di proprietà di un imprenditore tanto visionario quanto potente, che quel potere lo ha schierato da una parte politica, e con un passaporto straniero, per quanto di un Paese alleato.
La prima incognita tecnica riguarda l’effettivo livello di sicurezza che Starlink assicurerebbe, a cominciare da quella dei dati che i suoi satelliti trasporterebbero. La società è pronta a garantire al governo l’utilizzo di sistemi di cifratura propri, oltre alla gestione delle antenne terrestri necessarie a ricevere il segnale. Agirebbe quindi da pura infrastruttura.
Ma al di là della presenza sempre possibile di “porte sul retro”, il servizio sarebbe pur sempre sotto il controllo di un privato, che in teoria potrebbe spegnerlo a suo piacimento (come in alcuni casi ha fatto). Non a caso il nostro ministero degli Esteri avrebbe chiesto che il contratto si inserisca in un accordo quadro più ampio con il governo americano: l’allineamento politico tra Trump e Meloni lo rende più che possibile.
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