DAGOREPORT - NON TUTTO IL TRUMP VIENE PER NUOCERE: L’APPROCCIO MUSCOLARE DEL TYCOON IN POLITICA…
Maurizio Caverzan per “la Verità”
La generosità non è la prima dote che viene in mente quando si pensa a un grande giornalista. Invece, Enrico Mentana è uno generoso. Non solo perché non si risparmia nelle lunghe maratone televisive, ma perché ora si è messo in testa di restituire «almeno in parte la fortuna che ho avuto nel fare questo mestiere», creando un giornale online di giovani e per giovani (ma non solo). Poi è generoso anche nelle interviste.
Essere multitasking va bene, ma oltre al tg, le maratone, Bersaglio mobile, le ospitate, Facebook e la radio, ti mancava anche un giornale online?
«Personalmente non mi manca, ma penso che il giornale online diventerà come il film che si vede in casa. Fin quando esisteranno giornali, il futuro sarà questo».
A che punto è la selezione?
«Finora sono arrivati circa 8.000 profili».
Dirai stop a...?
«10.000. L' idea è del 7 luglio, la pubblicazione dell' indirizzo mail del 17, ai primi di agosto chiudo. Una quindicina di giorni sono sufficienti per inviare un curriculum».
Ne resteranno?
«Vorrei fare 20 praticanti. Stiamo parlando di un prodotto no profit. Se dovesse produrre utili verrebbero reinvestiti nell' assunzione di nuovi giovani».
La raccolta pubblicitaria la farà la società di Cairo?
«Questa è l' unica parte che risponderà alla logica del profitto. Se sarà Cairo sarò contento perché ha le strutture per farlo bene. Però si sono fatti avanti anche altri».
Nome della testata?
«Quando l'avrò lo scriverò su Facebook, dopo averlo depositato».
Tempi di lancio?
«Al momento opportuno i tecnici detteranno tempi e modi. Io sono solo il give back della situazione, colui che vuole restituire almeno in parte la fortuna che ha avuto nel fare questo mestiere».
Di sicuro c' è solo che si fa?
«Cosa lo potrebbe impedire? Nell' era del mobile, questa dovrebbe essere la prima testata digitale rivolta ai giovani. Finora ci si è impegnati in varie direzioni per far assumere i figli, propri».
Tempo d' impegno personale?
«Non potrò essere il direttore, a meno che Cairo non me lo conceda. Ne sarò l' editore, ma non mi posso certo sdoppiare».
Qualcuno ipotizza che vuoi fare il direttore editoriale di La7.
«Che vantaggio ne trarrei? Per certi colleghi la strada rettilinea non è mai quella giusta».
Cairo come la sta prendendo?
«Presidia le sue Colonne d' Ercole e il rapporto con i dipendenti. Io stesso lo sono a tempo indeterminato».
L'ha precisato anche lui.
«So bene che non posso fare come mi pare. C' incontreremo per definire le modalità di nascita e sviluppo di questa creatura, per evitare che finisca per ledere i legittimi interessi dell' editore».
mary sarnataro delle iene mette mentana davanti alla sua hater 3
Farai concorrenza al Corriere.it e le energie spese per questo progetto potevano concentrarsi nello sviluppo di La7.it.
«Non sono convinto che lo spin off sul Web di un prodotto giornalistico che sta su altri media possa alzare l' asticella all' infinito. Per i contenuti forti il sito di un giornale deve aspettare l' uscita in edicola, una testata nativa digitale no. Se improvvisamente l' editore di Repubblica decidesse di assumere 30 ragazzi per il sito potrei illudermi di aver sollecitato un mercato che invece mi sembra statico e privo d' iniziative».
marco travaglio paolo flores d arcais enrico mentana
Come valuti il comportamento dei grandi media verso il nuovo governo?
«Ci troviamo in un territorio nuovo della storia italiana, come dimostra il fatto che gli unici due giornali attenti alle ragioni del governo sono La Verità e Il Fatto quotidiano. Già vedere Maurizio Belpietro e Marco Travaglio insieme è qualcosa di vertiginoso. Altrettanto lo è vedere i grandi giornali tentare di prendere le misure di un governo in gran parte alieno ma largamente rappresentativo. Prendergli le misure significa anche prenderle agli elettori».
Vedi anche tu un certo fuoco di sbarramento, un' ipercriticità dettata da perdita di centralità dell' establishment?
«Non c' è fuoco di sbarramento. Questa maggioranza ha sostenitori molto assertivi, partigiani e tifosi sui social. Il fatto che qualcuno dica che Salvini sta esagerando con il cattivismo, dall' altra parte viene preso come riprova che i buonisti non ci vogliono stare.
Il giornalismo serve a distinguere dove stanno la ragione e il torto. Ma un conto è dire a Salvini dove sbaglia, un altro fare le adunate alla Rolling Stone».
Operazione scorretta nella forma e discutibile nella sostanza.
«Alcune azioni di Salvini sui migranti mi trovano in forte disaccordo, ma non lo chiamerei mai ministro della malavita. Se dissenti e discuti nel merito sei nel campo della politica. Se consideri un politico ontologicamente avversario sei sul terreno della demonizzazione».
Come giudichi il fatto che mentre grandi giornali e opinion leader attaccano, i consensi delle forze di governo continuano a crescere?
«Perché ci sono solo loro. Questo governo gode di una forte spinta a cambiare i vecchi e mettere i nuovi: populisti, sovranisti, anticasta o come si vogliono chiamare. È un successo favorito dalla crisi della proposta renzian-berlusconiana».
L'establishment finora dominante ha pienamente compreso che Lega e M5s sono movimenti post ideologici nati dopo la caduta del Muro di Berlino?
«Non so se l' ha compreso fino in fondo, però conviene cominciare a farlo. In tutto il mondo stiamo vivendo un tornante storico in cui l' idea di democrazia ha perso i caratteri che l' hanno forgiata. Nel dopoguerra tutti avevamo coscienza che fosse una forma di convivenza civile superiore alle dittature di cui avevamo visto gli orrori.
Settant' anni dopo ci sono generazioni che non hanno visto Auschwitz e pensano che la democrazia sia dominio della maggioranza anziché dialettica tra maggioranza e minoranza. Se posso ascoltare il Papa quando dice accogliamoli tutti perché so quali valori incarna, non posso ascoltare allo stesso modo chi dice lasciamoli morire tutti, perché sarebbe il declino della civiltà. La fine delle ideologie non può essere scomparsa dei valori».
Questa politica post ideologica porta a una rottamazione non di singole persone, ma di un sistema e di categorie come destra e sinistra?
«Credo che queste forze siano al governo perché hanno interpretato il cambiamento e in qualche modo lo hanno provocato. Oggi si sta completando la spallata alla politica dei partiti carrozzoni che dietro a una linea ideologica erano in realtà solo fabbriche di gruppi dirigenti allargati. Per questo credo non ci sia futuro per il Pd che, peraltro, è un prodotto di sintesi».
Un altro dei vantaggi della politica post ideologica è un certo pragmatismo: i problemi si affrontano con il buon senso, che è molto popolare
«Questo buon senso c' è quando si è al governo, prima c' era solo critica serrata a chi governava. Salvini e Di Maio vengono da 5 anni di opposizione totale. In una legislatura il Pd ha guidato e egemonizzato tre governi, scelto ed eletto due presidenti della Repubblica partendo da uno 0,5% in più del Movimento 5 stelle che era esordiente. È stata l'ingordigia finale di quel partito».
Gli intellettuali, da Roberto Saviano a Sandro Veronesi, vorrebbero risolvere l'emergenza migranti con l'umanitarismo, il governo Conte con la politica e la diplomazia.
«La situazione si è incattivita a causa dell'incapacità di Renzi e Alfano di affrontare quella che era un'emergenza ben più di oggi. La tendenza a un'accoglienza pasticciona e disorganizzata ha lasciato crescere una corrente di opinione che definisce le Ong organizzazioni di vicescafisti o vicenegrieri. Chi conosce l' attività di queste persone sa che in prevalenza sono dedite al prossimo e disinteressate.
Quando Di Maio, Salvini e il centrodestra esultarono davanti al procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, che ipotizzava che le Ong fossero finanziate dai trafficanti di uomini, si capì che la politica aveva imboccato la via dell' intransigenza: no ai migranti e all' indice chi li salva. Sono passati 15 mesi dall' inchiesta del procuratore di Catania e non è ancora emerso nulla di concreto».
La situazione attuale nasce dalla latitanza del governo Renzi-Alfano?
«Se non pulisci le periferie, diventeranno un luogo popolato di rom e migranti dov' è difficile vivere. La politica non è solo carezzare il gatto dalla parte del pelo».
Davide Casaleggio è un visionario che preconizza scenari come suo padre. Se dice che la Rete fra qualche decennio renderà possibile la democrazia diretta è la riprova che il M5s è eversivo.
«Settanta o ottant' anni fa un grande partito che otteneva più o meno i suffragi del M5s proponeva come modello il comunismo sovietico. Se qualcuno indica un futuro in cui la democrazia parlamentare potrà essere superata da altre modalità democratiche non vedo perché si debba subito lanciare l'anatema. Se Casaleggio fosse stato un paraculo avrebbe detto qualche frase fatta e sarebbe finita lì. Una volta andavamo dietro alle bandiere del socialismo e del liberalismo. Sapere qual è l' idea del futuro dei 5 stelle o come vogliono cambiare l' Italia, e con quali strumenti, Salvini o il Pd, credo sia una buona cosa».
Quanto durerà questo governo?
«Anche tantissimo. Per il sostegno iniziale dell' opinione pubblica e per lo stato confusionale delle opposizioni».
Alcune crepe già si vedono.
«Non sempre le crepe rendono più debole il governo e più forte l'opposizione. C' è anche la possibilità che la parte destra e la parte sinistra del governo si allarghino sullo scacchiere schiacciando ulteriormente l'opposizione».
Se si trova la sintesi. Magari sulla questione dei figli delle coppie omosessuali non è facilissimo.
«Vero. Ma ricordiamoci sempre che la legge sull'aborto fu fatta con una Dc fortissima al governo».
SILVIO BERLUSCONI ANTONIO TAJANI
Come vedi il futuro di Forza Italia e del Pd?
«Mi pare difficile che possano riformarsi dall' interno. Una componente non salviniana del centrodestra e una forza di opposizione dall' area progressista possono nascere solo da fuori. Con tutto il rispetto per Antonio Tajani e Nicola Zingaretti non basta cambiare gli uomini. Il problema ormai sono quei partiti in quanto tali».
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