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Giulia Zonca per “la Stampa”
Ora che è qui bisogna capire come si chiamerà perché in questa nuova vita Cristiano Ronaldo cambia il ritmo di Torino, la faccia della serie A, forse persino il prodotto interno lordo del Paese e pure il nome. Una sfumatura nell' identità che definirà l' ultima fase della sua carriera e l' impatto con l'Italia.
Non è più Cristiano, come a Madrid dove bastava il nome di battesimo e non tornerà semplicemente Ronaldo come era a Manchester, ai tempi dello United. Qui si sposta, da subito, sempre di più verso CR7, lo scintillante marchio che lo accompagna, l' acronimo del successo.
LA MAGLIETTA ALLA JUVENTUS DI CRISTIANO RONALDO
E la lettera ereditata dalla passione del padre per Reagan, per un edonismo che il figlio ha elevato ad arte, ora vira in una diversa dimensione: R come Ronaldo, ma anche come rockstar perché è così che si muove, ormai a prescindere dalla sua volontà. Da oggi inizia un gioco affascinante in cui si vedrà quanto lui contamina Torino e quanto la città contagia CR7. Per ora ha travolto la normalità, del resto è quello che fa anche in campo.
ATTERRAGGIO IN SERATA
Atterraggio previsto in serata e piano di volo cambiato infinite volte per dribblare un' attesa incontenibile. Anche qui, l' abitudine a depistare gli avversari diventa pratica di vita perché non c' è modo di gestire la curiosità e non c' è un precedente che dia una traccia. Torino ha palpitato così per Madonna nel 1987, estate di divi da palco che hanno mobilitato le forze dell' ordine, catalizzato l' attenzione, ma erano giornate di baraonda non l' inizio di un' avventura quotidiana ed erano anni senza social: tam tam, avvistamenti in cui la diretta tv placava la voglia di partecipazione.
Qui neanche un reality alla Truman soddisferebbe la richiesta. Eppure l' incastro quasi impossibile è questo: la privacy di un uomo abituato a difendere ogni dettaglio che non esca dal suo profilo Instagram e il desiderio di esserci, vedere, sapere, non solo di Torino ma di un' Italia calcistica ansiosa di uscire dal torpore. La città si adegua e si mostra sfrontata, quasi invadente. Ronaldo da tempo è uscito dall' universo pallone per occupare l' immaginario collettivo.
Anche di chi si stranisce per l' allegro caos che ha scatenato. Non è Torino che è provinciale, è Ronaldo che è planetario. Quando il 6 luglio del 2009 è atterrato a Madrid, aveva già vinto più o meno tutto, eppure era ancora un calciatore. Certo, un crac, come si ama dire da quelle parti ma nonostante fosse ancora lontano dai 5 Palloni d'oro, dai numeri da record, dalla capacità di spostare l' assetto di una squadra e il destino di una competizione, anche la capitale spagnola è impazzita.
Bernabeu pieno e chiuso un'ora prima del suo ingresso per evitare calca, maxischermi montati all'ultimo nel piazzale dello stadio per i quasi 10 mila che vagavano agitati. Lì si era ritirato alla Finca, tenuta custodita e blindata, eremitaggio assicurato, mentre qui si è scelto una casa in precollina, riservata ma non in un altro mondo.
CR7 sta in mezzo alla città ed è un piccolo cambio dentro una routine maniacale: Torino non si riconosce nella frenesia che si è impossessata di lei però pure lui spiazza. Non lo vedrete in un ristorante o a fare la spesa da Eataly, se proprio decide di andare fuori a cena ci sarà una sala o l' intero locale chiuso per lui ed è inutile stizzirsi: Buffon beveva il caffè sui tavolini all' aperto, Ronaldo no. Ammesso che si conceda la caffeina.
Effetto Festival È una rockstar e come tale ha bodyguard al seguito, gente che organizza e modifica i programmi, foto che l' entourage fa filtrare per non avere troppa morbosità intorno e movimenti sfocati con lui che appare e scompare, icona in movimento immortalata da qualche paparazzo. Quasi mai scatti che raccontano. Partenze all' aeroporto per piani segreti, notti di musica pop a cui si presenta nel privé del privé, a buio inoltrato.
Succederà prima o poi, dopo il primo allenamento bianconero di domani, atteso come se nessuno avesse mai palleggiato prima, dopo l'amichevole di Villar Perosa che quest' anno sembrerà Woodstock o meglio Gladstonbury, del resto anche la questura fa sapere che il livello di sicurezza dell' amichevole di casa Juve è a livello di un concertone da tutto esaurito, non di una qualsiasi partita di calcio.
Sempre rock, volume altissimo e toni che per forza non possono essere pacati, tanto meno sabaudi. No, ora parte l'estate frizzante in cui scompigliarsi i capelli e vediamo come saranno i suoi, con quali mèches, quale indice di rasatura. Se ne parlerà. Poi, magari, tra mesi, meglio anni, dopo l'effetto U2, i gol, i pettegolezzi, i pettorali esibiti e l' ostensione della maglia, un giorno qualsiasi lo si trova seduto in quel caffè. Anche solo a farsi una tisana.
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