MESSICO IN PEÑA - IL BELL’ENRIQUE NIETO SI È PROCLAMATO PRESIDENTE CON IL 37% DEI VOTI: “ASSUMO IL MANDATO”, MA IL SUO RIVALE LOPEZ OBRADOR (INTORNO AL 30%) NON AMMETTE LA SCONFITTA - POCHE IDEE E UN PO’ VACUE, RICCO E TELEGENICO, SI È SPOSATO CON UNA STAR DELLA TV TELEVISA (CHE GLI HA FATTO DEI BEI SERVIZI IN GINOCCHIO), PEÑA NIETO RIPORTA AL POTERE IL PARTITO RIVOLUZIONARIO, CHE 12 ANNI FA FU TRAVOLTO DA SCANDALI, CORRUZIONE E LEGAMI COI NARCOS…

1 - MESSICO, PEÑA NIETO È IL NUOVO PRESIDENTE...
Da "Corriere.it"

Enrique Peña Nieto, del Partito rivoluzionario istituzionale (Pri), è il nuovo presidente della Repubblica messicana. Il leader dell'opposizione ha ottenuto un risultato tra il 37,93% e il 38,55% dei suffragi, come ha ufficializzato l'Istituto federale elettorale. Il candidato della sinistra, Andres Manuel Lopez Obrador, ha racolto tra il 30,9% e il 31,86%, e Josefina Vazquez Mota, candidata governativa del Pan (Partito d'azione nazionale) ha raccolto solo il 25,1% o 26,03% dei voti. La vittoria di Peña Nieto è stata riconosciuta dal presidente uscente, Felipe Calderon, che ha offerto collaborazione per il periodo di transizione, che durerà fino a dicembre.

Peña Nieto, 45 anni, in televisione ha dichiarato: «Assumo il mandato che mi è stato conferito dai messicani, questa è una fiesta di democrazia», mentre Obrador, che ha ottenuto un risultato migliore rispetto a quanto previsto dai sondaggi, ha deciso di attendere i risultati definitivi, previsti per mercoledì. L'Ife, infatti, lavora con un procedimento rapido basato su un campione di schede, e ha un margine di errore di circa mezzo punto percentuale.

Il Pri torna così al potere dopo 12 anni di intervallo - in precedenza aveva guidato il paese per altri 70. Il partito di Peña Nieto è stato spesso accusato di corruzione e collusione con le attività criminali del narcotraffico.


2 - MESSICO: DOPO 12 ANNI, TORNA IL PRI CON PENA NIETO

(ANSA) - Dopo 12 anni di esilio all'opposizione il Partito Rivoluzionario Istituzionale (Pri) è tornato oggi al potere grazie alla chiara vittoria nelle urne di Enrique Pena Nieto, il telegenico avvocato quarantacinquenne che ha riconquistato la presidenza del Messico per la forza politica che ha governato il paese dal 1929 al 2000, imponendosi con un vantaggio di circa otto punti sul suo principale avversario, il progressista Andres Manuel Lopez Obrador, che però non ha ancora ammesso la sua sconfitta.

"Assumo con emozione, impegno e pieno senso della responsabilità il mandato che mi è stato affidato", ha dichiarato Pena Nieto nella sua prima dichiarazione dopo che l'Istituto Federale Elettorale (Ife) ha reso note le cifre del suo Conteggio Rapido, una proiezione statistica dei risultati in base a campioni rappresentativi di tutti i circuiti elettorali del paese, che gli attribuiscono fra il 37,9 e il 38,55% dei voti. Il presidente eletto ha affermato che i cittadini messicani "hanno parlato con assoluta chiarezza", esprimendo la loro scelta a favore di un "cambiamento con direzione", e ha chiesto ai dirigenti di tutti i partiti di collaborare lealmente con il prossimo governo nella sua azione, indicando come priorità la lotta contro la disoccupazione e il narcotraffico: "con il crimine organizzato non vi sarà né patto né tregua", ha assicurato.

L'appello alla "riconciliazione nazionale" di Pena Nieto non sembra però aver avuto alcun effetto su Lopez Obrador (a cui l'Ife attribuisce fra il 30,9 e il 31,86% dei voti): dopo la diffusione della prima proiezione ufficiale, infatti, il candidato della sinistra non ha riconosciuto la sconfitta, limitandosi a dichiarare che aspetterà fino alla conclusione dello scrutinio ufficiale dei voti, mercoledì prossimo, per commentare l'esito delle elezioni. Lopez Obrador non ha denunciato specificatamente brogli o irregolarità, ma ha detto che "esistono informazioni in nostro possesso che indicano qualcosa di diverso da quello che dicono le cifre ufficiali", precisando che "non voglio squalificare quello che è stato reso noto ufficialmente: semplicemente noi non abbiamo i dati".

La presa di posizione del candidato della sinistra ha risvegliato lo spettro delle denunce sulla legittimità del voto, che avevano portato lo stesso Lopez Obrador a disconoscere pubblicamente la sua sconfitta nel 2006 da parte di Felipe Calderon, il presidente uscente, per meno di un punto percentuale. Il primo candidato che ha ammesso pubblicamente la sua sconfitta è stata Josefina Vazquez Mota, del Partito di Azione Nazionale (Pan,destra) a cui la proiezione dell'Ifa attribuisce fra il 25,1e il 26,03% dei voti, e lo stesso ha fatto poco dopo Gabriel Quadri, del Partito Nuova Alleanza (Panal, ambientalista) che avrebbe ottenuto fra il 2,27 e il 2,57% dei voti, e che ha chiesto esplicitamente a Lopez Obrador di riconoscere la sua sconfitta, segnalandogli che al farlo Vazquez Mota aveva dato "una prova di maturità e senso civile che dovrebbe prendere ad esempio".

Molti analisti hanno segnalato durante la campagna elettorale che l'atteggiamento di Lopez Obrador dopo le elezioni del 2006 - quando il leader progressista si è lanciato in una campagna di reclamo della presidenza sulle piazze del paese che é durata mesi - è stato appunto uno dei fattori che hanno portato a una sensibile riduzione della popolarità che aveva ottenuto come presidente del governo del Distretto Federale, ossia Città del Messico.

Alla sinistra resta comunque un premio di consolazione: il suo candidato al governo del Distretto Federale, Miguel Angel Mancera, ha ottenuto una vittoria schiacciante, con oltre il 60% dei voti, e 30 punti di distanza dal rivale più vicino, mantenendo la capitale messicana solidamente in mano all'opposizione progressista, che la governa ininterrottamente dal 1997.


3 - RICCO, BELLO E TELEGENICO IL MESSICO TENTATO DA UN NUOVO CAUDILLO...
Guido Olimpio per il "Corriere della Sera"

Lunedì, aeroporto di Città del Messico. Sparatoria: assassinati tre agenti. I killer sono colleghi corrotti. Episodio oscuro come il rapimento e l'uccisione di Marisol Cueva, sindaco di una cittadina nello stato di Veracruz. Un'autobomba a Nuevo Laredo. Alcuni dei delitti commessi ogni giorno in Messico. Episodi della narco-guerra. Costata dal 2006 quasi 60 mila vittime, con 596 decapitazioni solo nell'ultimo anno. È sotto questa ombra nera che il Messico va domani al voto per scegliere il presidente.

Un giorno storico, perché se le previsioni non mentono, dovrebbe sancire il ritorno al potere del Pri, il Partito rivoluzionario istituzionale, cacciato dal governo nel 2000. Un movimento che si è affidato a un uomo «nuovo». Enrique Peña Nieto, 45 anni, figlio di un alto funzionario e di una maestra, nato ad Atlacomulco, località che ha partorito molti caudillos. Telegenico, esuberante, ricco, Nieto vuole smentire chi lo ritiene un esecutore nelle mani dei vecchi arnesi dell'apparato.

O, peggio, il restauratore della «dittatura» che per 70 anni ha tenuto le chiavi del Paese. Secondo i sondaggi dovrebbero ottenere attorno al 45%. Più lontano, anche se in ripresa, il «Messia» della sinistra Andrés López Obrador (Partito della rivoluzione democratica) con il 29%. È al 24% Josefina Vazques Mota, del Partito di azione nazionale, lo stesso del presidente uscente Felipe Calderón.

Nieto pretende di incarnare il rinnovamento. Compito duro quando si corre sotto le insegne del Pri, sigla che per decenni ha incarnato tutto il male e il brutto della politica. Corruzione, legami con il crimine, affari strani, personaggi discussi. Ma forse i messicani pensano che sia venuto il momento di cambiare. La svolta radicale poteva essere Obrador, che però si è perso per strada. E Nieto ha colto l'occasione.

Usando come base di potere lo stato del Messico dove è stato governatore e impegnandosi molto sul terreno. Doveva smentire di essere troppo fragile, costruito a tavolino, senza cultura. Il marketing politico ha funzionato malgrado la vaghezza dei programmi. Lo hanno paragonato a Jfk e a David Beckham. Le donne sembrano affascinate. Lui ricambia. Rimasto vedovo con tre figli nel 2007, si è risposato con una star tv, Angelica Rivera. Legame che gli ha permesso di cementare i rapporti con il grande gruppo di «Televisa» che lo avrebbe aiutato in modo deciso. Relazione preceduta da altre chiusesi in modo tempestoso.

Vicende personali che sono nulla rispetto al gigante Messico. Un Paese con molte facce. L'economia cresce nonostante il peso del conflitto. E Nieto si è messo in mezzo a questi due poli. Vuole sfruttare il buon momento nei conti e proseguire nella battaglia ai boss. Ma sui narcos non sembra avere grandi idee. Ha promesso la costituzione di una «nuova» polizia ed ha ingaggiato l'ex generale Óscar Naranjo, l'ufficiale che ha piegato i trafficanti in Colombia. Così a chi ipotizza la pax con le organizzazioni mafiose, il generale e Nieto rispondono: «Un criminale è un criminale».

Gli scettici temono un patto per un modus vivendi. Gli analisti osservano che «oggi un accordo è poco praticabile». I cartelli si sono frammentati, complicato trovare l'interlocutore giusto. Però i padrini si faranno sentire. Decidono il destino di un cittadino o di un presidente. Anche se sono più interessati alla realtà locale. E per votare non hanno bisogno di usare la scheda elettorale.

 

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