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Francesco Grignetti per "La Stampa"
Fedele alla sua immagine un po' guascona, che per inciso non è mai piaciuta dentro il Pdl, l'onorevole Marco Milanese si prepara alla settimana della verità con animo battagliero. In Giunta da sabato sono a disposizione anche le ultime carte richieste alle procure di Napoli e di Benevento. Da lì, e dall'audizione di domani, Milanese è convinto di uscire vincitore, ribaltando ogni pronostico, e cioè cancellando il precedente di Alfonso Papa.
Quale sarà la sua autodifesa, è presto detto: il Grande Accusatore Paolo Viscione, l'imprenditore che lo ricopriva di regali e che poi s'è pentito di essersi trasformato in greppia, è un calunniatore e come tale va controdenunciato. Dai documenti di Benevento, dove Viscione era indagato per riciclaggio, e poi da quelli di Napoli, dove l'inchiesta sul riciclaggio era proseguita, l'onorevole Milanese - che pure è accusato di avere spifferato segreti investigativi a pagamento proprio in merito a questi processi conta di tirar fuori le prove a suo favore.
Ai suoi avvocati non è stato concesso di vedere le carte, eppure ne sanno talmente tanto, Milanese e il suo difensore La Rosa, che quest'ultimo può dire: «Io so bene che cosa c'è e che cosa non c'è nel fascicolo. Potremo dimostrare che Viscione mente».
Milanese domani preferirà passare per trafficone e faccendiere, insomma, ma non per corrotto. Racconterà che il suo accusatore Viscione ce l'ha con lui perché non aveva fatto abbastanza nel raccomandarlo al suo amico Ponzellini, il banchiere. La raccomandazione ci fu, ma senza impegno. E Viscione se la legò al dito, tanto più che mancò il secondo impegno d'onore per candidare il genero di Viscione a sindaco di Cerminara (Avellino), il paese d'origine di entrambi.
Spavaldo, Milanese dirà anche che il tourbillon di yacht o di fuoriserie lui se lo poteva permettere perché sapeva giostrarsi da par suo tra i leasing. Ci sapeva anzi guadagnare. Se ha fatto pagare le sue vacanze americane a qualche amico, è stato solo per nascondere le gite di piacere con la nuova fidanzata alla moglie con cui si stava separando.
E se l'appartamento offerto in subaffitto al ministro Tremonti ha fatto scandalo, l'onorevole Milanese ammetterà che anche qui mirava all'affaruccio: in cuor suo sperava di comprarsi dalla Confraternita dei Piceni, tra qualche anno e a prezzi di favore, l'appartamento nel cuore di Roma in quanto formale «affittuario» che aveva «pagato» per anni una pigione stratosferica. Il trucco consisteva nel far pagare il mensile a qualcun altro, cioè al ministro; lui poi avrebbe colto il frutto maturo al momento giusto.
Se tutta questa franchezza, questa autodifesa dove l'etica del politico non farà mai capolino ma solo le astuzie del tecnico, gli gioverà , si capirà solo nel corso della settimana. Il Pdl si prepara a parlarne: Fabrizio Cicchitto ha convocato i suoi per una riunione ristretta nei prossimi giorni. C'è più di un mal di pancia.
Ma il capogruppo in Giunta, Maurizio Paniz, è netto: «Qui ci sono due voci contrapposte, quella di Milanese e quella del signor Viscione, e non mi pare ci siano riscontri oggettivi tali da avere certezze. Non c'è motivo di ribaltare la nostra posizione classica: prima si fa il processo, poi eventualmente si finisce in carcere».
E se Pd e Idv si preparano a votare compatti per l'arresto, nel Terzo Polo si riflette. Il punto è che Marco Milanese non è un onorevole qualsiasi. E' stato per anni il principale collaboratore di Tremonti. E così la crisi finanziaria di un Paese s'intreccia con la questione giudiziaria di un singolo.
Più di un parlamentare si domanda in Transatlantico se per caso, nel votare sì o no all'arresto del collega, non sia il caso di preoccuparsi più delle reazioni dei mercati che delle semplici carte giudiziarie. «La valutazione è complessa», si dice ad esempio al gruppo Udc. Oppure, per dirla con l'eufemismo di Stefano Gava, Pdl, il relatore che conosce meglio di tutti l'incartamento: «Dato il momento, ci sono anche aspetti di grande delicatezza politica ed economica».
Alla fine, però, a decidere le sorti di Milanese, come fu per Papa, sarà Umberto Bossi. E di nuovo, anche qui, l'asse con Tremonti giocherà il suo ruolo. Il silenzio di Bossi finora è stato insondabile. Ha parlato a titolo strettamente personale solo Mario Borghezio («Non mi sembra che non ci sia il clima di dare l'impressione alla nostra gente che si facciano sconti...»), ma l'eurodeputato è fuori dai giochi e se lo può permettere. Dagli ambienti vicini a Maroni filtra un gran malumore, come era stato a luglio, ma questa volta davvero non si possono fare parallelismi.
Lui, Milanese, nei giorni scorsi è stato tra i deputati più assidui alla Camera. Fa molti incontri. Cerca sostegni negli ambienti più impensabili. A tutti ricorda di quando era in auge al ministero dell'Economia e c'era la fila alla sua porta per infilare ogni singolo emendamento nella Finanziaria. Non è detto che sia un bene, però, perché in quella stagione Milanese scatenò molte invidie. Conclude uno smaliziato deputato Pdl: «Certe volte, a muoversi troppo spavaldi, si rischia di fare danni».
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