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Davide Frattini per il "Corriere della Sera"
I servizi segreti americani le chiamano "Brigate degli immigrati". Quelle dove i ragazzi appena arrivati dall'Europa si raggruppano tra chi viene dallo stesso Paese. Quelle dove i combattenti mediorientali, veterani e già addestrati, li emarginano all'inizio per paura che siano agenti mandati per infiltrare le milizie.
L'intelligence ha presentato due giorni fa la sua conta di questi viaggiatori della jihad: sono almeno 700-800, partiti da Gran Bretagna, Germania, Francia, Olanda, Belgio. Una quindicina dall'Italia - calcola l'Aise, l'Agenzia informazioni e sicurezza esterna -, sopratutto siriani residenti da qualche anno nel nostro Paese. L'unico caso documentato di cittadino italiano ucciso in Siria nei quasi trenta mesi di rivolta è quello di Giuliano Delnevo, genovese di 23 anni convertitosi all'Islam.
Vengono reclutati attraverso i filmati su Youtube e gli annunci via Twitter , vengono attratti dalla fama chi li ha preceduti. Come Hajan M. (ex residente a Kassel, sposato a con una tedesca) che seduto su un divano, la gamba destra amputata dopo una ferita in battaglia, incita «a prendere le armi». Le armi e un aereo. Perché spiega Hajan - diventato un comandante nella provincia di Homs - il viaggio è semplice: in aereo fino a Istanbul, da lì in autobus o ancora in volo verso le città e i villaggi al confine con la Siria.
E' la strada che ha seguito Burak Karan, 26 anni, già giocatore di calcio della nazionale giovanile tedesca, centrocampista dell'Alemannia di Aquisgrana, che ha scelto di entrare in quella guerra vissuta prima attraverso uno schermo. E' morto l'11 ottobre in un bombardamento del regime nelle aree vicino al confine turco.
La famiglia ripete che in Siria era andato per portare medicine: una foto lo ritrae con la barba lunga (farla crescere è un precetto per i musulmani devoti) e il fucile mitragliatore appoggiato sulle ginocchia.
Anche i leader religiosi sunniti delle moschee in Europa preferiscono parlare di missioni umanitarie. «Questi ragazzi sono motivati dal desiderio di giustizia», commenta Ali Selim del Centro di studi islamici irlandese alla rivista Foreign Policy . Gli imam di Dublino li paragonano ai giovani che partivano oltre settant'anni fa per combattere contro i fascisti nella guerra di Spagna: adesso - dicono - affrontano una dittatura sostenuta da forze straniere come l'Iran e l'Hezbollah libanese. Accusano i governi di islamofobia, perché vedrebbero in ogni combattente un futuro terrorista di ritorno.
In Belgio la polizia ha organizzato una squadra per rintracciare e monitorare i cittadini di origine araba che hanno trascorso un periodo in Siria. Manuel Valls, ministro degli Interni francese, definisce questa nuova generazione di jihadisti «una bomba a orologeria».
Gli analisti ricordano l'Afghanistan degli anni Ottanta, quando la guerra contro i sovietici ha formato Osama bin Laden. Gli estremisti sunniti legati ad Al Qaeda e arrivati in Siria dal nord-Africa o dalla Cecenia hanno già creato i loro campi di addestramento, sembrano più interessati a proteggere e controllare i territori conquistati che a combattere contro il regime assieme ai ribelli locali.
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