DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Goffredo De Marchis per “la Repubblica”
Le promesse elettorali si mangiano il partito del rigore: flat tax, deficit al 3 per cento, reddito di cittadinanza, abbassamento dell' età pensionabile, cinema gratis. Il Paese dei balocchi. Eppure nel 2013 fu sbornia vera per la sobrietà e i conti in ordine.
Nell' epoca dell' egemonia rigorista, con Pd, Forza Italia e centristi che votavano tutti i provvedimenti del governo Monti, gli alfieri di quella stagione erano tanti: 15 parlamentari del Pd (tra i quali Pietro Ichino, Stefano Ceccanti, l' attuale viceministro Enrico Morando e il premier Paolo Gentiloni) scrivevano accorati appelli, anche in rotta con la linea ufficiale, per difendere la causa. I centristi, da Casini a Fini, fecero il partito insieme al professore col loden, simbolo di quella stagione.
Berlusconi, cacciato da Palazzo Chigi, votò pareggio di bilancio, pensioni e il resto salvo sfilarsi furbescamente prima degli altri, alla vigilia delle elezioni. E Renzi? Era ancora sindaco di Firenze, ma non lontano dai difensori dell' agenda Monti. Quelle parole d'ordine sono piano piano scomparse, ingoiate dall' onda populista e dal contrattacco, sullo stesso terreno, degli europeisti tiepidi. Oggi rimangono voci nel deserto.
Il partito fondato da Monti, l'uomo che "ce lo chiede l'Europa", si chiamava Scelta civica. Prese l' 8,3 per cento alla Camera (2.824.000 voti) e il 9,1 al Senato (2.797.000 voti). Oggi, a difendere quella linea, ribattezzata appunto "agenda Monti", rimangono sconsolati e sperduti un pugno di parlamentari. Uno di loro è Giorgio Tonini, Pd, presidente della commissione Bilancio del Senato. «Io non capisco. Abbiamo preso il Paese con il rapporto deficit/Pil al 2,9 per cento. Lo abbiamo portato all' 1,6 con enormi sacrifici e ora gli diciamo torniamo ai vincoli di Maastricht? Non sarebbe meglio difendere il lavoro che abbiamo fatto e i suoi risultati positivi?».
Tonini si riferisce alla proposta "back to Maastricht", lanciata da Matteo Renzi nel libro "Avanti" con l' obiettivo di liberare 30-40 miliardi da destinare al taglio dell' Irpef. Ma se il segretario del Pd mantiene un limite (sebbene superato dal Fiscal Compact) Matteo Salvini e Luigi Di Maio, con le loro proposte, quel limite sono pronti a oltrepassarlo senza fare complimenti. La flat tax della Lega al 15 per cento farebbe sballare tutti i conti dello Stato.
L' abolizione della legge Fornero, dipinta come un' affamatrice del popolo, manderebbe in tilt il bilancio dell' Inps. Il reddito per tutti sponsorizzato dai 5stelle è persino difficile da quantificare. Potenzialmente è una bomba pronta a esplodere nel nucleo del nostro debito pubblico, già mostruosamente alto. Il ritorno dell' articolo 18 significherebbe cancellare quella riforma che consentì a Mario Draghi di scavallare i veti sul Quantitative easing.
il pizzino di enrico letta di augurio a mario monti
Il rigore non c'è più, dunque. O se ne vedono pallide ombre all' orizzonte. Così capita che a difendere i vincoli continentali sia un nemico dell' austerity, dell' agenda Monti, un keynesiano come Stefano Fassina (Sinistra italiana): «Chi propone misure irrealizzabili rispetto ai limiti imposti dall' Europa fa una campagna elettorale irresponsabile e demagogica». Il mondo alla rovescia. Fino a un certo punto. «L' Europa liberista si batte mettendo le risorse sugli investimenti pubblici», dice Fassina. Agendo però con le regole che ci sono. «Non siamo soli», giura Benedetto Della Vedova, che a dispetto dei santi, continua a definire Monti «il mio mentore».
Con Emma Bonino, Della Vedova è l'anima della lista "+ Europa": «Il rischio è rappresentare il monopolio della ragionevolezza, unici nel ricordare che col deficit e il debito non si scherza. Però il Jobs Act e l'articolo 18 li ha fatti Renzi. E con Padoan abbiamo tenuto i conti in ordine e fatto le riforme, che è la sola strada per crescere».
Insomma, stare col Pd alla fine è inevitabile. Ceccanti, Tonini e Morando si ritroveranno questo fine settimana a difendere «la ragione contro gli slogan» al convegno di Libertà e uguale. Il viceministro all' Economia sostiene che le posizioni di un tempo hanno illuminato anche il governo Gentiloni. Sulle pensioni, affrontando subito il tema delle deroghe all' eta pensionabile, ad esempio.
«Mettere 300 milioni oggi e vincolare la legge Fornero prima che arrivi, forse, una nuova maggioranza». Pierluigi Castagnetti, scuola Dc, con un post su Facebook ieri ha fatto notare il cambio di linea di Renzi alla Leopolda, il suo marcare nettamente le distanze da M5S e destra. Cambio di linea che in molti attribuiscono all' incontro con Emmanuel Macron, niente affatto all' acqua di rose: «Se l' Italia non sarà al tavolo delle riforme con Macron e Merkel - scrive Castagnetti - saranno grossi guai per noi. Quali?
Raccontarli con chiarezza. Parlare delle conseguenze. Almeno daremo casa stabile ai tanti italiani che pensano il futuro». Ma ci sarà lo spazio per il loden in campagna elettorale? L'egemonia che spinse tutti a votare fiscal compact e riforma Fornero svaporata come i voti di Scelta civica Il "giapponese" Della Vedova: ma grazie a quella stagione abbiamo mantenuto la barra dritta.
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