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DAGOREPORT - GIORGIA MELONI SOGNA IL FILOTTO ELETTORALE PORTANDO IL PAESE A ELEZIONI ANTICIPATE?…
Tommaso Labate per "Panorama"
Il rapporto umano, se mai c'era stato, s'è consumato del tutto. E i contatti, sempre più improntati al gelo nonostante la bella stagione, ormai si sono ridotti al minimo indispensabile. Non a caso, fra i tanti membri del governo che raccontano la storia di una sfida di fioretto destinata a trasformarsi presto in un duello da Cavalleria rusticana, sono in pochissimi a scommettere che loro due rimarranno nella stessa squadra anche dopo l'estate.
Nell'esecutivo della sobrietà sta succedendo quello che a novembre non era neanche immaginabile: Mario Monti e Corrado Passera, a sei mesi dal varo del governo dei professori, hanno infatti finito per recitare lo stesso copione che, al crepuscolo dell'epoca del Cavaliere, era assegnato a Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti. Una sfida senza quartiere, insomma. Che ha avuto il suo picco un mese fa, quando un episodio ha fatto naufragare quel poco di fiducia reciproca che legava il presidente del Consiglio al ministro dello Sviluppo economico.
E viceversa. Palazzo Montecitorio, interno giorno, 17 aprile 2012: nell'ordine dei lavori della commissione Finanze, che sta discutendo il decreto fiscale, finisce all'improvviso l'emendamento del governo che annulla la gara gratuita sulle frequenze televisive. Si tratta del voto sul «beauty contest» disegnato dall'ex ministro delle Comunicazioni Paolo Romani, che infatti attacca frontalmente Passera accusandolo di avere tramato insieme all'opposizione.
Il resto succede in meno di un'ora. Monti invita Pietro Giarda a precipitarsi alla Camera. E nel frattempo il ministro dei Rapporti con il Parlamento prova a tranquillizzare al telefono lo stato maggiore berlusconiano. Con parole nette: «Sto arrivando io. E decidiamo se rinviare il provvedimento oppure se riformularlo».
Tutto inutile, perché il pidiellino presidente della commissione Finanze della Camera Gianfranco Conte, da sempre vicino a Giulio Tremonti, accelera la votazione. E il beauty contest caro al Pdl, che finisce in minoranza, viene cancellato con un tratto di penna prima che una gigantesca rissa tra i «berluscones» e l'esecutivo porti il governo a un passo dalla crisi. Monti è furibondo con Passera. «Anch'io voglio cancellare il beauty contest. Però potevamo e dovevamo farlo più avanti con un provvedimento migliore. E soprattutto senza aprire uno scontro col Pdl a pochi giorni dalle amministrative».
Il ministro dello Sviluppo economico respinge sia le accuse sia i sospetti di intelligenza con l'opposizione e con Tremonti: «La sospensione della gara stava per scadere. Non potevamo fare altro». Da quel giorno i due comunicano solo lo stretto necessario. Anche perché il presidente del Consiglio, con la nomina di Francesco Giavazzi a consulente dell'esecutivo, ha di fatto sottratto al ministro dello Sviluppo economico il dossier sui tagli al sistema degli incentivi alle imprese.
E così, mentre Mario insiste sul mantra del necessario rigore, Corrado prova ad accreditarsi come il ministro della crescita. Chiede i soldi per risarcire i debiti della pubblica amministrazione con le aziende, arriva a giudicare «disonesto » il comportamento dello Stato, bacchetta l'Ue, predica un ottimismo «che non è di maniera» e si oppone anche all'aumento dell'iva. «Sembri perennemente in campagna elettorale» gli ha detto in una delle ultime riunioni di governo un suo collega vicino a Monti.
Che forse, andreottianamente, pensando male ha scoperto una grande verità . Almeno a prendere per buone le voci che danno Passera in marcia d'avvicinamento verso quel polo dei moderati in cui potrebbe ritrovarsi, benedetto da un pezzo della Cei, insieme a due altri protagonisti di quest'epoca: Pier Ferdinando Casini e Andrea Riccardi. Quest'ultimo, fra l'altro, è uno dei pochi ministri che nella sfida tra Mario e Corrado ha già deciso di stare col secondo. E la guerra continua.
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