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1-EMILIO FEDE: NON CAPISCO PERCHÃ LELE HA CAMBIATO LINEA DIFENSIVA, DICE IL FALSO
Rodolfo Sala per La Repubblica
«Mora avrà cambiato linea difensiva, ma dice il falso», sbotta Emilio Fede.
Non è vero che le ragazze dei festini di Arcore conoscevano già Berlusconi e Fede?
«Quelle ragazze erano state presentate al presidente da Lele. Io ne conoscevo quattro o cinque. E poi ci sono le intercettazioni...».
Quali intercettazioni?
«Mora telefona a una ragazza per dirle che ad Arcore avrebbe dovuto mettersi il reggicalze senza mutande. E poi c'è la storia dei soldi».
Appunto. Mora ha ribadito di aver ricevuto un prestito da Berlusconi, e che Fede ha «fatto da tramite».
«Ma quale tramite? Io ho solo detto a Silvio che Lele era in serie difficoltà economiche, e voleva parlargli».
E poi che cos'è successo?
«Berlusconi mi ha detto che non c'era problema, che lo avrebbe aiutato perché suo amico da tanti anni. Punto, è finita lì. Io non ho saputo niente, è stato Berlusconi a chiamarlo».
Ma che cosa pensa del ravvedimento di Mora?
«Non saprei. Deve aver cambiato linea difensiva. Ma non capisco perché. Non ne avrebbe bisogno, basterebbe che dicesse che lui le ragazze le invitava, poi facevano loro ».
2-LA SVOLTA GIUDIZIARIA DELL'EX IMPRESARIO ECCO LA PRIMA DIFESA DEBERLUSCONIZZATA
Piero Colaprico per La Repubblica
Quella di Lele Mora ieri va registrata come la prima e unica difesa «deberlusconizzata» del caso Ruby-Silvio. Dall'ottobre 2010 a oggi, nessuno dei frequentatori di Arcore aveva osato smarcarsi, nemmeno di un millimetro, dalla versione classica: «erano solo cene eleganti» ed «è una persecuzione politico-giudiziaria».
Da questa trincea imposta da Silvio Berlusconi al suo tandem difensivo, e propagata ai e dai fedelissimi, Mora si è smarcato ieri. E con le sue frasi a metà tra il mea culpa e il «non ci sto», da ieri ha creato una falla che potrebbe allargarsi e diventare voragine se altri lo seguiranno. Impossibile? Vediamo i fatti.
Le parole di Mora lette in aula contraddicono - occorre essere chiari - Daniela Santanché, che in pubblico difende il leader Berlusconi a spada tratta, mentre nessuno osa ricordarle che, quando era a telefono con Flavio Briatore, i due vecchi amici parlavano dell'ex premier come di - parola loro un «malato». Aggiungendo che continuava «con le feste» e persino che «aveva ragione Veronica», e cioè la moglie divorziata. Mora, che di Emilio Fede non parla più, spiazza da ieri anche la coimputata Nicole Minetti.
Anche l'ex consigliere regionale pdl, dopo un breve periodo di indipendenza («Sono finita nei guai per parargli la schiena», diceva, più o meno, al telefono), è dovuta tornare
all'ubbidienza. Nel processo, contrariamente a quanto le aveva suggerito il suo primo avvocato, Daria Pesce, non ha chiesto il patteggiamento ed è salita sul ring con la procura milanese.
Si è presentata in aula per dire che con Berlusconi «fu amore vero», anche se di breve durata; che «l'accusa si fonda solo su un teorema» e sul «malcelato moralismo»; e che «Quella notte in questura ho fatto il bene di Ruby». Ma lei ha 28 anni, Fede, terzo imputato, ne ha 82. Il conto è semplice: lei è davvero l'unica che rischia, come già successo per altre vicende al paparazzo Fabrizio Corona, di entrare e restare in carcere, rovinandosi la giovinezza.
Non solo. Mora parla quattro giorni dopo il lunedì nero di Berlusconi. Ed è da lunedì che cominciano ad ammutolire in pubblico e ad interrogarsi in privato le tante papi-girl che, nelle aule dei due processi milanesi, hanno tentato di smentire, non riuscendoci, le indagini, le intercettazioni, i messaggini hard che si scambiavano, credendo che fosse buona e vincente la linea difensiva di Niccolò Ghedini.
Viceversa, il tribunale, con la richiesta degli atti in procura per trentadue persone e la condanna a sette anni per Silvio Berlusconi, uno più della richiesta di Ilda Boccassini e Antonio Sangermano, ha fatto chiaramente capire che i meccanismi in moto sono diversi da quelli dei programmi in tv.
Innanzitutto, nelle aule le testimonianze non si «contano», ma si «pesano». E il peso specifico dei ricordi di Ambra Battilana e Chiara Danese, sconcertate dai giochi erotici con una statuetta di Priapo. Di Imane Fadil, di Melania, Maria, Natasha, di coloro che inquadrano il senso del bunga bunga e delle notti di Arcore e non hanno paura a parlare di spogliarelli e toccamenti.
Ecco, per quante poche siano, la loro voce supera di gran lunga in credibilità le dichiarazioni omissive di onorevoli come Maria Rosaria Rossi, figurarsi quelle di concorrenti della «Pupa e il secchione » o di ballerine a libro paga. Che cosa dunque è accaduto, ieri? Lele Mora, come si ricorderà , ha conosciuto il carcere per bancarotta.
Se sia stata un'esperienza che l'ha cambiato radicalmente e sul serio, se le sue scelte di vita vanno al di là dell'apparenza, dei chili in meno, del firmarsi non più Lele, ma Dario, non è facile da dire. Anche di recente ha paragonato Berlusconi a figure come Papa Wojtila e Madre Teresa. Ma se fuori dal processo continuava ad essere Lele, nell'aula è diventato Dario e ha fatto tre cose concrete.
Una, ha accettato che la procura facesse la «discovery» senza sollevare obiezioni inutili. Due, ha chiesto ai suoi legali di non controinterrogare chi gli dava addosso o chi forniva versioni incredibili. Tre, a differenza degli altri imputati, ha taciuto. Molto diverso da Emilio Fede, il quale aveva dichiarato che in mezz'ora avrebbe dimostrato la sua innocenza, e poi ha mandato una breve lettera.
Mora ha evitato una difesa «politica»: e dopo aver a lungo taciuto, osservato, sospirato, chinato la testa sul banco, solo ieri ha usato cinque pagine, scritte a caratteri grandi, per dire anche «Non voglio più mangiare cibo avariato, né proporlo ai miei amici».
à una frase da non sottovalutare: Mora, che sia ancora il Lele fotografato mentre si faceva massaggiare i piedi (foto citata dal suo avvocato come esempio del «degrado »), o che sia il redivivo Dario con il Crocefisso esibito al collo, ha sempre avuto un alto concetto degli «amici». Amico era ed è Berlusconi. Amici e amiche sono le tante creature della notte, le soubrette, le ballerine. Mora può continuare a stare in mezzo e tacere ancora: ma «se il cibo è avariato», come escludere che qualcun altro possa dirlo ai magistrati?
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