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LA MOSSA DI MACRON DI RICONOSCERE LO STATO DI PALESTINA LASCIA L’UE DIVISA SU DIFESA E POLITICA ESTERA - GIORGIA MELONI E TAJANI CONFERMANO LA STRETTA SOLIDARIETÀ CON NETANYAHU (APPAIONO LONTANI "DALL'EQUIVICINANZA" DI BETTINO CRAXI E GIULIO ANDREOTTI SULLA QUESTIONE MEDIORIENTALE) - I LIMITI DELL’ASSE MACRON-STARMER-BIN SALMAN CHE VUOLE RICONOSCERE LA PALESTINA - SENZA IL SOSTEGNO DEGLI STATI UNITI E L’ASSENSO DI ISRAELE, È DIFFICILE IMMAGINARE COME POSSANO ESSERCI PASSI AVANTI CONCRETI. E POI QUALI CONFINI AVREBBE LO STATO DI PALESTINA? E QUALE SISTEMA POLITICO? QUALI GLI ACCORDI CON ISRAELE?
Stefano Mannoni per milanofinanza.it - Estratti
Una pacca sulla spalla, in stile perfettamente diplomatico alla Donald Trump. Questa è stata l’ormai celebre reazione del presidente americano all’annuncio di Emmanuel Macron di riconoscere lo Stato palestinese. «Bravo ragazzo» ma velleitario e inutile: così il presidente degli Stati Uniti ha liquidato il passo compiuto dopo troppe esitazioni da Macron. Vi è una parte di verità in questo affronto diplomatico che, in altri tempi, avrebbe scatenato una guerra.
È vero che il pallino delle trattative tra Hamas e Israele lo ha saldamente in mano l’America e non l’Europa.
(…) Ma alla fine lo ha fatto, associandosi ai pochi Paesi europei, la Spagna in particolare, che mesi fa avevano rotto gli indugi
Così facendo Macron ha ottenuto ben tre risultati in un colpo solo. Ha redento il discredito di cui si era macchiata la politica estera francese presso l’opinione pubblica musulmana, tanto quella domestica, quanto quella dispersa in tutto il mondo. Ha tolto di mano a Mélénchon una bandiera potente, con cui l’abile tribuno riempiva le piazze. E ha mostrato l’inaudita rozzezza della ultra-destra francese che, per riscattarsi dal ben noto negazionismo e simpatie naziste di Le Pen padre, ha sposato le posizioni di Netanyahu e della destra israeliana con lo zelo dei neofiti.
Purtroppo questa tardiva presa di posizione di Macron ha lasciato dietro di sé una vittima illustre. Ossia il progetto di integrazione stretta su difesa e politica estera dell’Unione che si rivela impensabile quando i suoi membri procedono in ordine sparso sull’intero versante del fronte meridionale europeo che è in subbuglio e lasciato da Bruxelles senza risposte.
Deludente è la replica del presidente del Consiglio Giorgia Meloni e del suo ministro degli Esteri che, confermando la stretta solidarietà con Netanyahu, appaiono lontani dai tempi della Prima Repubblica, quando Bettino Craxi e Giulio Andreotti erano rispettatissimi interlocutori in tutto il Mediterraneo proprio per il loro equilibrio e innato senso di giustizia sulla questione palestinese. Altri tempi
GIORGIA MELONI - BENJAMIN NETANYAHU
STARMER, MACRON E I SAUDITI
Mauro Zanon per ilfoglio.it - Estratti
Si è svolta lunedì e martedì a New York la conferenza dell’Onu co-presieduta da Francia e Arabia Saudita con l’obiettivo di creare un consenso internazionale sulla soluzione a due stati per il conflitto nella Striscia di Gaza. Prevista inizialmente il 18 giugno, la conferenza era stata annullata in seguito alle operazioni israeliane contro gli impianti nucleari iraniani.
(...)
Ieri, mentre il suo ministro degli Esteri, David Lammy, era a New York per la conferenza, il primo ministro britannico, Keir Starmer, ha annunciato che anche il Regno Unito riconoscerà lo stato di Palestina, riservandosi tuttavia la possibilità di cambiare posizione qualora Israele rispettasse alcune condizioni.
emmanuel macron discorso alle forze armate
“Il Regno Unito riconoscerà lo stato di Palestina a settembre, prima dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a meno che il governo israeliano non compia passi sostanziali per porre fine alla terribile situazione di Gaza” o che Israele “accetti un cessate il fuoco, si impegni a non annettere la Cisgiordania e accetti un processo di pace a lungo termine finalizzato alla soluzione dei due stati”, ha dichiarato un portavoce di Downing Street al termine del Consiglio dei ministri riunito ieri da Starmer, nonostante la pausa estiva, per discutere un nuovo piano per la pace in medio oriente.
GIORGIA MELONI - BENJAMIN NETANYAHU
(...)
L’iniziativa diplomatica franco-saudita è stata denunciata con virulenza dal dipartimento di stato americano, che l’ha definita “improduttiva e inopportuna”, una “trovata pubblicitaria” mentre sono in corso “delicati sforzi diplomatici per porre fine al conflitto”. Da parte sua, Israele ha accusato Parigi e Riad di “rafforzare un’illusione”. “Creare uno stato palestinese oggi significa creare uno stato di Hamas. Uno stato jihadista. Non accadrà”, ha attaccato ieri il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar. Barrot aveva annunciato che “altri paesi occidentali” avrebbero seguito le orme della Francia.
Dopo la prima giornata, solo il Lussemburgo aveva manifestato la sua intenzione di riconoscere la Palestina. Ieri l’annuncio di Starmer ha “salvato” la conferenza, ma siamo ancora lontani, per ora, dalla “dinamica collettiva” auspicata dalla diplomazia francese.
“Annunciando il riconoscimento di uno stato palestinese, Macron ha cercato di coinvolgere i suoi partner europei.
Ma per il momento, la Germania non prende in considerazione ‘a breve termine’ l’ipotesi di un riconoscimento e l’Italia insiste sulla necessità di una pace negoziata tra israeliani e palestinesi. Se l’iniziativa di Macron viene giudicata in base alla sua capacità di coinvolgere altri paesi europei e di creare uno slancio, potrebbe essere considerata un fallimento. Tuttavia, da qui a settembre le cose potrebbero cambiare”, dice al Foglio Julien Abiramia.
Per ora il grande alleato della Francia nella questione palestinese è l’Arabia Saudita. E la sintonia tra i due paesi si estende a tutto il medio oriente.
“C’è chiaramente un’identità di vedute in medio oriente tra la Francia, la cui voce è particolarmente apprezzata in medio oriente, e l’Arabia Saudita, peso massimo nella regione, che rifiuta qualsiasi normalizzazione con Israele senza uno stato palestinese”, spiega al Foglio l’esperto del Courrier international, prima di aggiungere: “Inoltre tutti e due i paesi sostengono il nuovo presidente siriano Ahmad al Sharaa e il nuovo governo libanese, dopo la caduta del regime di Bashar el Assad e l’indebolimento di Hezbollah, entrambi alleati dell’Iran”.
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