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LA VERSIONE DI MUGHINI - BENVENUTO AL LIBRO DI MATTIA FELTRI, ''NOVANTATRÉ''. PER QUANTO POSSA ESISTERE LA ''VERITÀ'' SU TANGENTOPOLI, QUESTO LIBRO È UN BIGLIETTO PER IL TRENO CHE HA COME DESTINAZIONE LA VERITÀ - DA CRAXI AI MAGISTRATI, DAI SOCIALISTI A EMILIO FEDE, LE CRONACHE DI QUEGLI ANNI

Lettera di Giampiero Mughini a Dagospia

 

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Caro Dago, non credo che a vent’anni e passa di distanza siano molti gli italiani che su Tangentopoli abbiano idee finite e rifinite su come esattamente siano andate le cose, e a parte l’idea puerile che quello fu il tempo in cui il Bene diede l’assalto al Male e lo mise in ginocchio. Penso invece che siano in molti a faticare nel mettere assieme l’ebbrezza “anti-sistema” eruttata come da un vulcano in quegli anni (e di cui furono partecipi in tantissimi, a destra e a sinistra), con tutto quanto è successo (o abbiamo capito) nei vent’anni successivi.

 

di pietro colombo davigodi pietro colombo davigo

Se c’è stato un tempo in cui Bettino Craxi veniva additato come il Manigoldo per eccellenza  della recente storia politica italiana, e un tempo appena successivo – sei o sette anni dopo, nel 2000 – in cui il governo italiano in carica (un governo di “sinistra”) era pronto a fargli il funerale di Stato, allora vuol che qualcosa non quadra. E del resto, poco più tardi, ai tempi della montante leadership veltroniana nel Pd, lo stesso Craxi fu indicato come uno dei punti di riferimento del “nuovo corso” del partito ex comunista.

 

mani pulite  mani pulite

Ecco perché do il benvenuto a un libro che trovo sugosissimo, il “Novantatré” di Mattia Feltri appena edito da Marsilio. Riga più riga meno, sono gli articoli che per tutto un anno – nel 2003 – Feltri era andato scrivendo sul “Foglio” a (non) celebrare il decennale del maremoto che aveva ucciso la Prima Repubblica e buttato nella monezza i partiti che ne erano stati attori protagonisti.

 

mattia feltrimattia feltri

Capoverso dopo capoverso, pagina dopo pagina, personaggio dopo personaggio, atto d’accusa dopo atto d’accusa, assoluzione dopo assoluzione, Feltri aveva raccontato il maremoto, il profilo gelido e tagliente dell’ascia che tra 1992 e 1994 ha mozzato il collo a una classe politica, decimandola. E difatti la foto di un’ascia che sta come per abbattersi, funge da bruciante immagine di copertina del libro.

 

Articoli scritti più di dieci anni fa, e che pur tuttavia a leggerli oggi hanno come il sapore del pane uscito caldo. E questo perché il Feltri poco più che trentenne del 2003 aveva lavorato da artigiano, a scavare fatti e parole e personaggi, e senza mai vellicare lo spirito dominante del tempo. Carta canta, si diceva una volta.

tangenti pio ospizio trivulzio arrestato mario chiesatangenti pio ospizio trivulzio arrestato mario chiesa

 

E lui si era messo a farla cantare la carta del 1993, gli articoli di giornalisti estatici innanzi al “condottiero di ventura” Antonio Di Pietro, e in questo caso la firma era nientemeno che quella di Giorgio Bocca (“Una bella faccia italiana piantata su un fusto muscoloso”);

 

e le dichiarazioni strampalatissime di leader politici che prendevano per oro colato tutto quello che era subbuglio e schiamazzo anche da parte dei tanti che delle elargizioni del sistema dei partiti avevano beneficato alla grande:

 

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e l’orgoglio e la sicumera dei magistrati d’accusa che ammettevano in tutta franchezza di sbattere in galera gli “imputati” per farli cantare e che sarebbero stati loro, i magistrati d’accusa e non più gli storici o gli economisti o i politologi, a riscrivere la storia d’Italia;

 

tribunale di milano mani pulitetribunale di milano mani pulite

e gli umori di un tempo rabbioso in cui l’aggettivo “socialista” era divenuto l’equivalente di “malfattore”, e anche se uno dei socialisti milanesi ammanettati, Giovanni Manzi, confessò ai magistrati che di certo lui aveva preso soldi illegali perché li doveva pur pagare i 50 dipendenti del Psi a Milano, e che i comunisti di dipendenti a Milano ne avevano 70 e perciò anche loro a fine mese li dovevano trovare dei soldi adamantini o no che fossero perché la matematica non è un’opinione;

 

e poi c’è che gli attori della commedia indossano ciascuno maschere diverse da quelle che tu ti aspetteresti, e a proposito dell’opportunità o meno di trasmettere in tv dei processi-show dell’uno o dell’altro imputato, l’Umberto Eco del 1993 dice che se fosse lui l’imputato si dichiarerebbe prigioniero politico e non aprirebbe bocca in tv, laddove l’ineffabile Emilio Fede del 1993 dice che i processi politici esibiti in tv sono una buonissima cosa, e doveva essere il momento in cui Silvio Berlusconi e la sua compagnia cantante in fatto di giustizialismo non erano secondi a nessuno.

 

emilio fede tangentopoliemilio fede tangentopoli

Forte delle pagine di Feltri potrei continuare per delle ore. Ma su tutte c’è una immagine che fa da simbolo e da sintesi della tragedia del 1992-1994. L’immagine di Craxi – la sua solitudine – quanto ritto in Parlamento, e mentre tutt’attorno non si sente volare una mosca, pronuncia parole che a leggerle oggi, vent’anni dopo, paiono scolpite nel marmo da quanto sono inoppugnabili: che lui, e tutti gli altri attorno a lui, lo sapevano dal tempo dei loro “calzoni alla zuava” che il sistema dei partiti su cui si reggeva la democrazia italiana del secondo dopoguerra era interamente alimentato dal prelievo illegale di cifre percentuali su tutto ciò che si muoveva nell’economia italiana.

craxi mani pulitecraxi mani pulite

 

E come altrimenti si sarebbero sostentati i giornali di partito, le campagne elettorali ogni due per tre, le federazioni comunali con centinaia di dipendenti che competevano l’una contro l’altra, i soldi dati in giro per il mondo a movimenti e partiti affini (i polacchi di Lech Walesa), l’affissione dei manifesti elettorali, i viaggi e i pranzi e i taxi, e le cene magari allargate a qualche bella ragazza dato che l’occhio vuole la sua parte.

 

CRAXI MANI PULITE CRAXI MANI PULITE

“Sì, noi politici italiani degli Ottanta abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi” mi confessò lealmente una volta Claudio Martelli, di cui ero amico.

 

Sia dato un nome alle cose, e tra questi nomi c’è che in fatto di arroganza i socialisti craxiani toccarono vertici da premio Oscar. Tutto il resto, il rinnovamento dal basso, un’Italia politica fatta adesso solo da francescani scalzi dediti al bene pubblico, e tutte le nenie conseguenti, e la “trasparenza” e tutti gli altri fondi di bottega della sempiterna retorica nazionale, di tutto questo abbiamo imparato a pulirci le scarpe dopo vent’anni di Seconda Repubblica. E delle imprese dei suoi protagonisti, la più parte alti così: dei nani, rispetto a tanti di quelli che vennero scalzati da Tangentopoli.

 

giampiero mughinigiampiero mughini

Di sicuro il libro su Tangentopoli deve essere ancora scritto. Epperò questo “Novantatré” di Feltri ne è molto più che un copioso antipasto.

 

Leggerlo è come di chi avesse comprato un biglietto che gli dà diritto di montare su un treno che ha come destinazione la Verità. E per quanto nella storia politica possa esistere la Verità. Un pochino, solo un pochino. Sempre meglio che le bugie le più ipocrite e smaccate di cui era impastato l’uragano detto Tangentopoli.

 

Giampiero Mughini