FLASH! - FERMI TUTTI: NON E' VERO CHE LA MELONA NON CONTA NIENTE AL PUNTO DI ESSERE RELEGATA…
Ugo Magri per “la Stampa”
L' improvviso sussulto dei mercati, che dopo le elezioni non avevano fatto una piega e a scoppio ritardato si allarmano per un programma di governo figlio del 4 marzo, solleva la consueta domanda: che cosa intende fare Sergio Mattarella per mettere al riparo l' Italia? Calmerà i mercati o piuttosto darà un po' di Valium ai partiti? Da quanto si evince, la seconda delle due.
VIETATO DRAMMATIZZARE
Il pericolo spread sul Colle risulta ben presente. Lo stesso Presidente aveva evocato questo rischio una decina di giorni fa, quando aveva minacciato di mettere in campo il «suo» governo. Anche ieri è circolata l' ipotesi di un intervento presidenziale, con l' obiettivo di segnalare agli operatori finanziari che l'Italia è un Paese democratico, dove ogni tot anni si svolgono le elezioni, dunque allarmarsi sarebbe ingiusto oltre che sbagliato.
Ma l'idea di pronunciarsi, qualora fosse esistita, evidentemente non ha persuaso il Capo dello Stato perché in casi del genere drammatizzare potrebbe ottenere l' effetto opposto: se ne riparlerà nei prossimi giorni, magari sentito Mario Draghi. La stessa bozza di programma, che di prima mattina tanto aveva eccitato gli operatori finanziari facendo schizzare a quota 150 il differenziale tra i nostri Btp e i bund germanici, è stata superata in parte dal nuovo testo, dove i passaggi più spericolati sull' Europa e sull' euro sono stati limati.
LA PEZZA D' APPOGGIO
Al Quirinale negano che gli aggiustamenti siano merito loro, risultato di una moral suasion. La prima versione dell' accordo, sostengono i suoi collaboratori, non era stata nemmeno letta nel senso che il Presidente «non guarda bozze ma testi definitivi», laddove quello che Luigi Di Maio e Matteo Salvini gli avevano consegnato serviva soltanto per dimostrare come i progressi del negoziato fossero autentici e tali da giustificare il tempo in più di cui entrambi i leader lunedì avevano fatto richiesta.
La bozza, per farla breve, serviva come pezza d' appoggio ed era dichiaratamente in divenire. Altra cosa saranno le 40 pagine dell' accordo finale, con tanto di firma in calce dei due leader. Quella sarà certamente passata al vaglio, perché il Presidente non potrebbe, anche a costo di entrare in collisione coi vincitori del voto, autorizzare propositi contrari alla Costituzione, ai trattati internazionali, a quelli europei e alle leggi che regolano la spesa pubblica.
Sono i tre criteri che egli stesso ha rammentato alle delegazioni di M5S e Lega, senza sollevare obiezioni. Il discorso severo pronunciato sabato a Dogliani, ricordando Einaudi, ha fissato confini invalicabili di cui il Presidente vorrà essere, per la sua funzione, inflessibile guardiano. Intenzioni tipo quella di tornare all' era «pre-Maastricht» saranno soppesate sul Colle con grande attenzione.
NIENTE VETI SU SALVINI
Una volta esercitato questo controllo, anzitutto di legalità, Mattarella non vorrà spingersi oltre. Forse nemmeno potrebbe perché, segnalano dalle sue parti, i programmi di governo sono «frutto della responsabilità dei partiti che concludono accordi di governo». Contrastarli, eventualmente, spetterà a quanti non sono d' accordo. Dunque al Pd e a Berlusconi i quali, peraltro, sono in attesa sulla riva del fiume. Nessuno può chiedere al Presidente di surrogare l' opposizione, in attesa che questa si svegli.
Ma c' è dell' altro: il tentativo di formare un governo prevede altri passaggi molto stretti, incominciando dalla scelta del premier. È comprensibile che Mattarella non voglia offrire pretesti a chi volesse far saltare il banco, per scaricarne magari la colpa sull' Arbitro. Ecco forse spiegato come mai, da chi frequenta il Quirinale, vengono esclusi veti su Salvini qualora intenda cimentarsi da ministro dell' Interno. Purché rispetti, avvertono, leggi e Costituzione.
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