
DAGOREPORT - LA CAPITALE DEGLI AFFARI A MISURA DUOMO, A CUI IL GOVERNO MELONI HA LANCIATO L’ANATEMA…
Federico Geremicca per "la Stampa"
La preoccupazione - che non è, naturalmente, solo sua - intorno alla possibile reazione dei mercati, alla riapertura di stamane; il timore che il finale di legislatura sia, nonostante talune promesse, nient'affatto ordinato, quanto - piuttosto - teso e affannoso; e il rammarico, infine, per una conclusione che poteva essere diversa: diversa per tempi e per toni, certo, ma anche per senso di responsabilità .
Ma detto tutto questo, al Quirinale siede un Presidente in pace con se stesso: e sereno, per quanto possibile in momenti così. Tutto quello che era possibile fare per arginare la pesante crisi che si era abbattuta sull'Italia in un 2011 terribile, è stato fatto. Rimane - naturalmente - l'interrogativo circa la via che fosse meglio imboccare dopo le dimissioni di Berlusconi (il governo tecnico poi effettivamente nato, oppure le elezioni), ma il Quirinale resta convinto che fosse decisivo mettere prima di tutto in sicurezza il Paese: e oggi, infatti, si può votare in condizioni diverse - per dire - da quelle nelle quali è stata costretta a farlo la Grecia.
Ora si tratta di accompagnare questo finale di legislatura verso una conclusione il meno traumatica possibile. Rispetto alla road map immaginata (scioglimento delle Camere nella prima decade di gennaio e voto il 10 marzo) la decisione di Monti di sottrarsi ad un più che prevedibile «tiro al piccione» in Parlamento, cambia le carte in tavola. Infatti, l'intenzione del premier di dimettersi subito dopo l'approvazione della legge di stabilità (dunque prima di Natale) apre concretamente la possibilità di anticipare la data delle prossime elezioni.
Molto dipenderà dall'iter parlamentare che toccherà in sorte agli unici due provvedimenti che saranno probabilmente varati (la legge di stabilità , appunto, e la conversione del decreto-Ilva): se venisse rispettato l'impegno ribadito da tutti per un percorso-lampo, allora la possibilità di anticipare il voto a febbraio diventerebbe concretissima. Nelle valutazioni del Colle, gli italiani potrebbero tornare alle urne nella seconda metà di quel mese (il 17 o più probabilmente il 24 febbraio). Ma dipende tutto - appunto - dalla data in cui il Capo dello Stato potrà firmare il decreto di scioglimento del Parlamento.
Sarà questo l'ultimo atto importante di Napolitano? Più esplicitamente: sarà lui oppure no ad affidare l'incarico per formare il governo dopo le elezioni? Difficile dirlo ora. Con un ipotetico voto a marzo (il mandato di Napolitano scade il 15 maggio) si sarebbe potuto creare un non insolito «ingorgo istituzionale», data la necessità di eleggere o nominare il nuovo capo del governo, i nuovi presidenti di Camera e Senato ed anche un nuovo capo dello Stato. Napolitano aveva fatto intendere che per evitarlo avrebbe potuto anticipare di qualche settimana la fine del suo mandato. Ma ora?
Adesso, con elezioni a febbraio, ci sarebbe più tempo per effettuare le diverse scelte: elezione dei presidenti di Camera e Senato, nomina e voto di fiducia al nuovo premier e al nuovo governo, elezione del Capo dello Stato. Si torna dunque ad un itinerario normale? Lo si vedrà . E non è escluso che a consigliare il Presidente possa essere proprio l'esito del voto: in caso di risultato netto e chiaro, Napolitano potrebbe decidere di affidare lui l'incarico per il nuovo governo; ma se si trovasse di fronte ad uno scenario confuso, con maggioranze esigue o da costruire, potrebbe decidere di passare la mano e permettere che sia il suo successore a mettere sui giusti binari la locomotiva del governo che verrà ...
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