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Sandro De Riccardis e Franco Vanni per “la Repubblica”
Nessuna ammissione. Soltanto la consapevolezza che la sua carriera politica, in quella zona grigia tra il suo ruolo di amministratore della sanità lombarda e quello di socio occulto di società che incassavano appalti dalla Regione, è al capolinea. «So bene, comunque finisca questa vicenda, che con la politica ho chiuso. Politicamente sono finito», ha detto ieri nel corso dell’interrogatorio di garanzia in carcere, Fabio Rizzi, il presidente della commissione Salute del Consiglio regionale lombardo e fedelissimo di Roberto Maroni, arrestato martedì con altre 15 persone per corruzione, turbativa d’asta e riciclaggio.
Quello del politico leghista è stato il primo dei nove interrogatori per altrettanti arrestati nell’inchiesta del pm di Monza, Manuela Massenz, accusati di fare parte del “sistema Canegrati”, l’imprenditrice che a suon di tangenti, scrivono i giudici, avrebbe raggiunto il monopolio negli appalti dell’odontoiatria lombarda.
Un giro d’affari da 400 milioni in dieci anni. Rizzi, assistito dal suo legale Monica Alberti, ha risposto alle domande del gip, poi ha chiesto della sua compagna, Lorena Pagani (ai domiciliari), accusata di essere prestanome del marito.
ROBERTO MARONI E Ellen Cavazza
Grazie al rapporto con Rizzi, Maria Paola Canegrati avrebbe ottenuto decine di appalti da Regione Lombardia, così da diventare la “zarina” delle protesi dentarie. «Voglio fare chiarezza», ha detto al gip, assistita dal suo avvocato Leonardo Salvemini. Per la donna, «provata dal carcere e preoccupata per il figlio tredicenne e per i suoi 1.200 dipendenti», il legale ha presentato istanza per i domiciliari, così come il difensore di Rizzi.
L’inchiesta illumina il grande business del progetto regionale relativo alle “dentiere a costo zero”. «Ci sono 10 milioni di euro per l’odontoiatria sociale - diceva Canegrati a un dirigente dell’ospedale di Melegnano -. Rizzi, che è un amico (...) ci dice a noi... ditemi come li posso spendere questi soldi per l’odontoiatria sociale. Dobbiamo però, guarda, essere dei martelli pum...pum... nuovo progetto politico, legge passata in giunta e in consiglio, ci sono 10 milioni». «Lo sai benissimo, pigli i vecchietti gli metti tre impiantini», risponde il manager. «La dentiera», conclude Canegrati.
Proprio quello degli impianti dentali è uno dei business più fiorenti della sanità in Lombardia. Caso eclatante, quella quello dell’ex ospedale Icp, dove il progetto di odontoiatria sociale, partito nel 2014, è costato alla Regione 483mila euro, di cui 240 per lo stipendio di Mario Longo (braccio destro di Rizzi) che in quel periodo ha anche una consulenza con la società regionale Eupolis proprio sull’odontoiatria, per altri 51mila. Il piano prevedeva l’impianto di protesi, a prezzi calmierati, a tremila anziani. Ma i beneficiati sono stati appena 22.
Un altro componente dello staff di Rizzi, Alessandro Albano, secondo un’intercettazione agli atti, si sarebbe rivolto a Longo e a un «riciclatore» per incassare «un assegno di una holding svizzera da 15 milioni di euro». Questo e tutti gli altri atti dell’inchiesta sono stati chiesti ieri dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, che valuterà la necessità di eventuali commissariamenti.
«Ci sono zone d’ombra, ma noi governatori non abbiamo strumenti», ha ammesso Roberto Maroni dopo l’incontro a Roma con Cantone, in cui si è parlato dell’ipotesi di istituire una nuova commissione speciale per la trasparenza nella sanità, che lavorerà in stretto contatto con l’Anac.
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