obama e osama bin laden

COL PULITZER TI CI PULISCI LE SCARPE - NON SOLO DALLA CASA BIANCA, FIOCCANO LE CRITICHE ALLE RIVELAZIONI SULLA FINE DI BIN LADEN FATTE DA SEYMOUR HERSH, PIÙ VOLTE RIFIUTATE DAL "NEW YORKER": FONTI DEBOLI, TROPPE INCONGRUENZE. "MEGLIO 'HOMELAND'"

 TUTTO QUELLO CHE NON TORNA NELLA RICOSTRUZIONE DI SEYMOUR HERSH

http://www.vox.com/2015/5/11/8584473/seymour-hersh-osama-bin-laden

 

 

1 - “SU BIN LADEN OBAMA MENTÌ - ERA NELLE MANI DEI PACHISTANI”

Francesco Semprini per “La Stampa

 

SEYMOUR HERSHSEYMOUR HERSH

Se ciò che ci hanno raccontato sulla cattura di Osama bin Laden non fosse vero? Se le epiche gesta dei Navy Seals nell’operazione di Abbottabad del 1° maggio 2011 fossero il frutto di un’operazione di intelligence andata diversamente? A instillare un dubbio è Seymour Hersh, premio Pulitzer, autore del nuovo libro «The Killing of Osama bin Laden», che in un articolo su «London Review of Book» scrive come l’uccisione del «most wanted» del terrorismo internazionale sia costellata da falsità e verità mai dette.

 

il premio pulitzer seymour hershil premio pulitzer seymour hersh

Per Hersh Barack Obama mentì, forse per attribuire esclusivamente alla sua amministrazione il merito di aver «vendicato» l’America e la ferita aperti degli attacchi dell’11 settembre 2001. Il primo pilastro sul quale si poggia la contro-teoria di Hersh riguarda la matrice dell’operazione: non sarebbe vero infatti che è stata una missione solo «made in Usa». Invece, Asad Durrani, negli Anni Novanta capo dell’Inter-Services Intelligence (Isi), i controversi servizi di intelligence del Pakistan, avrebbe rivelato che «bin Laden era prigioniero della stessa Isi dal 2006 ed era detenuto nel complesso di Abbottabad». Di questo gli Usa ne vennero a conoscenza nell’agosto del 2010, grazie alla soffiata di un «traditore», in cambio di 25 milioni di dollari.

obama ha mentito sul raid a bin ladenobama ha mentito sul raid a bin laden

 

La tesi è in contrasto - e questo è il secondo pilastro della teoria di Hersh - con la versione raccontata nel film «Zero Dark Thirty», secondo cui al covo si sarebbe arrivati in seguito agli interrogatori condotti dalla Cia su un corriere dello sceicco del terrore, da tempo sotto osservazione degli 007. Il blitz sarebbe poi stato condotto con il tacito assenso, ma con la consapevolezza di Islamabad, e quindi il presidente americano mentì quando disse al Paese che la missione era stata condotta dagli Usa e che le autorità pakistane ne furono informate soltanto a «cose fatte».

la situation room guarda il raid contro osamala situation room guarda il raid contro osama

 

Anche sulla fine del corpo di bin Laden c’è un retroscena mai detto, perché prima che uno degli elicotteri dei Seals precipitasse durante l’operazione, l’intenzione era quella di disfarsene alla svelta e dire che il capo di Al Qaeda era stato eliminato in un raid con i droni su un covo situato nelle montagne pakistane. Il fuori programma costrinse a una revisione del piano e quindi alla sepoltura in mare dalla Uss Carl Vinson, versione anche questa su cui il Premio Pulitzer solleva dei dubbi.

 

FONTI ANONIME

compound di abbottabbadcompound di abbottabbad

La tesi di Hersh però è basata pressoché interamente su informazioni ottenute da una fonte anonima, presentata come una figura senior dell’intelligence americana. Troppo poco, anche per una penna come lui che ha condotto lavori importanti come quelli sul massacro di My Lai durante la guerra in Vietnam, che gli valse il premio Pulitzer nel 1970, e lo scoop sulla prigione lager di Abu Ghraib nel 2004. Di certo non è sufficiente per la Casa Bianca, che definisce le accuse «prive di fondamento». «La tesi secondo cui l’operazione in cui fu ucciso bin Laden non sia stata una missione unilaterale americana - riferisce - è palesemente falsa». Perentorio l’ex vicedirettore della Cia: «Non c’è una cosa vera».

 

 

2 - VOGLIAMO SEYMOUR HERSH SU NETFLIX

Da “il Foglio

 

bin laden era da anni prigioniero ad abbottabadbin laden era da anni prigioniero ad abbottabad

Domenica è arrivata l’indagine che il giornalista Seymour Hersh prepara da anni sulla vera storia dietro la morte di Osama bin Laden. Anzi, scusate, questo editoriale deve ricominciare daccapo. Domenica è arrivata l’inchiesta del premio Pulitzer Seymour Hersh sulla vera storia dietro la morte di Osama bin Laden.

 

Sempre anteporre il titolo, “premio Pulitzer”, a qualsiasi cosa sia stata scritta o sarà mai scritta da Hersh, anche se il prestigioso premio fu preso nel 1970, quando ancora – tanto per dare un po’ di contesto – mancavano sette anni all’introduzione in Italia della televisione a colori. Non importa. Quel premio conferisce a Hersh una eterna licenza a ignorare le sempre più sbigottite critiche alle sue inchieste.

il nascondiglio di bin laden in afghanistan  5il nascondiglio di bin laden in afghanistan 5

 

Quella di domenica rientra in pieno nella deriva che il giornalista ha preso da qualche anno: pezzi ambientati in scenari realistici, ma con conclusioni avvincenti e incredibili, come nella migliore tradizione dei serial tv. Puro “Homeland”. Con la chicca dei Navy Seal che smembrano il capo di al Qaida crivellandolo di proiettili, sono costretti a raccogliere i pezzi di cadavere in una body bag di plastica epperò poi ne lanciano un po’ sulle montagne dell’Hindu Kush, mentre volano indietro in elicottero verso la loro base in Afghanistan. Ieri parecchi giornalisti americani hanno spiegato cosa non torna nell’inchiesta di Hersh, e un punto tra gli altri suona interessante.

il nascondiglio di bin laden in afghanistan  22il nascondiglio di bin laden in afghanistan 22

 

Perché, se fosse vero quel che sostiene Hersh, ovvero che Bin Laden ormai era prigioniero dei pachistani dal 2006, al Qaida continuava a citarlo come capo supremo? Non si erano accorti della sua sparizione? Erano anche loro complici della trama americana-saudita-pachistana? Wow.

OSAMA BIN LADENOSAMA BIN LADEN

 

Perché il vice, Zawahiri, ha continuato ad agire come se Bin Laden fosse ancora suo capo per anni? Su questi dettagli Hersh non si sofferma, come in ogni buon film d’azione – in cui bisogna divertirsi e stringere un patto narrativo con il copione. Sospensione d’incredulità, si chiama.

 

Altrimenti se ci si ferma a riflettere troppo si perde il gusto e il ritmo della sceneggiatura. Dopo la puntata sulla Turchia che uccideva centinaia di siriani con il gas a Damasco, quella presa per buona l’anno scorso da Rep. e da Barbara Spinelli, ben venga allora questo nuovo episodio di fiction. In attesa che a giugno arrivi la seconda stagione di “True detective”.

osama bin ladenosama bin laden

 

 

 

Barack ObamaBarack Obama