DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL…
Andrea Ducci e Claudia Voltattorni corriere.it
L’incontro con i sindacati finisce in fumata nera. Il vertice di ieri pomeriggio tra il premier Mario Draghi e i segretari di Cgil, Cisl e Uil è stato un confronto costellato di tensione e qualche alzata di voce. Al centro di quello che via via è diventato uno scontro, la manovra economica attesa per il via libera in Consiglio dei ministri già domani. Il nodo pensioni la questione più bollente. Ma non solo. I tre leader sindacali Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri hanno smontato pezzo per pezzo la prima legge di Bilancio firmata Draghi-Franco. Tanto che dopo due ore il premier ha lasciato il tavolo, ufficialmente per un impegno, ma, raccontano i presenti, «il presidente del Consiglio era molto contrariato».
Presenti all’incontro anche i ministri di Economia, Lavoro e Pubblica amministrazione, Daniele Franco, Andrea Orlando, Renato Brunetta, rimasti a concludere il tavolo con i tre leader sindacali che hanno ribadito il loro no alla riforma delle pensioni «che non fa altro che tornare alla Fornero», chiedendo, invece, «un sistema flessibile». Secca la risposta di Draghi: «Dal sistema contributivo pieno non si torna indietro, non si torna a quando le pensioni erano la maggior fonte di squilibrio».
E quindi resta confermato il meccanismo di Quota 102 e 104 per tornare gradualmente al regime ordinario. I sindacati apprezzano il prolungamento di Opzione donna e dell’Ape sociale per i lavori gravosi, ma contestano il ritorno alle «quote», che finirà per concludersi con il ritorno alla pensione ai 67 anni di età per tutti.
Ma i no alla manovra sono anche per le risorse «largamente insufficienti» destinate alle pensioni («con 600 milioni non fai una riforma degna di questo nome», dice Landini), alla riforma degli ammortizzatori sociali e a quegli 8 miliardi per il taglio delle tasse che per ora finiranno in un fondo ad hoc e, poi, solo durante l’iter parlamentare della manovra avranno una loro destinazione (interventi su Irpef o su Irap), «ma — dice Bombardieri della Uil — ora è tempo di dare soldi a lavoratori e pensionati, tanti soldi si sono dati alle aziende senza causalità».
Così si è consumato lo strappo che rischia di dare il via ad una «mobilitazione» se, spiegano i sindacati, non arriveranno risposte e domani il governo confermerà l’impostazione della manovra. Dopo il Consiglio dei ministri, i sindacati potrebbero quindi decidere una fase di protesta con manifestazioni e pacchetti di scioperi. Lo sciopero generale è lontano, per ora. «Non ci sono stati accordi, abbiamo discusso — spiega il leader Cgil Landini —, non si è stabilito che il confronto prosegue, abbiamo chiesto al governo di avere una risposta, il governo si è riservato di valutare, ma ad oggi non ci ha dato una risposta».
DURIGON E SALVINI ALL INCONTRO CON DRAGHI SULLE PENSIONI
Un confronto giudicato «fortemente insufficiente» anche dal leader Cisl Sbarra,che sul tema delle pensioni sottolinea come sia «sbagliato considerarle un lusso o una regalia: la previdenza non può essere considerato un dettaglio nella contabilità dello Stato, non è solo costo, c’è un tema di sostenibilità sociale». L’unica nota «positiva» riconosciuta dai sindacati riguarda i fondi per i contratti del pubblico impiego, promessi dal ministro Brunetta, e quelli per la sanità. Oggi il governo incontrerà i sindacati europei e mondali, ma sarà solo un appuntamento nell’ambito del G20.
La battuta di arresto di ieri con i sindacati non è stato l’unico ostacolo nel percorso di elaborazione della manovra, perché la Lega intanto ha fatto sapere di puntare a una riforma di Quota 100, introducendo Quota 103 (su base 62 anni di età e 41 di contribuzione). Nodi da sciogliere entro le prossime ore.
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