UN FALLI-MONTI DIETRO L’ALTRO - NONOSTANTE LA SUA “SCELTA CINICA” SIA STATA SPERNACCHIATA ALLE URNE, IL PROFESSORE VUOLE CREARE UN PARTITO TUTTO SUO (PARTECIPA ALLE ELEZIONI IN GERMANIA?) - BUTTIGLIONE GUIDA LA FRONDA CONTRO PIERFESSO: “O DIAMO VITA AD UN PARTITO INSIEME A MONTI OPPURE CASINI DOVRÀ DIRE CHE LA SUA LINEA È STATA FALLIMENTARE” - LA PANCIA UDC: “SIAMO RIUSCITI A DISTRUGGERE UN PARTITO CON SCELTE DISSENNATE”…

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Marco Galluzzo per "Il Corriere della Sera"

«E' facile parlare con il senno di poi, è facile dire che se Monti non si fosse candidato avrebbe avuto la strada spianata per tanti incarichi istituzionali, io credo invece che sarebbe stato dimenticato, come un signore qualunque».

Nelle parole e nel tono di Andrea Riccardi, fondatore di Sant'Egidio, ministro e grande sponsor dell'operazione politica del Professore, fra i big di un partito che nei prossimi giorni potrebbe essere varato con tutti i crismi, si fatica a rintracciare qualche forma di autocritica: «Non siamo delusi, è stata un campagna polarizzata ed era molto difficile spezzare un sistema condizionato da questa legge elettorale.

Certo, ci siamo posti il problema del disagio economico, di un messaggio, il nostro, che era e resterà di verità, e che magari non può in questo momento essere assorbito fino in fondo dagli italiani, ma abbiamo fatto una scelta precisa, come ha detto il presidente: non fare promesse e costituire un argine contro il populismo; siamo stati coerenti, anche a costo di raccogliere meno di quanto avremmo potuto».

Quel «meno» è oggi qualcosa di molto vicino all'irrilevanza politica. Sta già avvenendo: ieri Bersani si è rivolto a Grillo, ha citato Berlusconi, ha ignorato Monti. Eppure i motivi di ostentato ottimismo riescono comunque a mascherare la delusione. Ieri Monti ha tenuto un Consiglio dei ministri durato poco meno di due ore e non ha fatto accenno al risultato elettorale. Per qualcuno gli si leggeva in faccia la delusione, ma non un commento da parte sua.

A parole la sensazione diffusa di una marginalizzazione è fortemente contestata da Monti. Ieri pomeriggio a Palazzo Chigi la soddisfazione dichiarata il primo giorno, con lo scrutinio ancora in corso, si è rafforzata con questo tipo di analisi da parte del Professore: «Il paragone con Dini non regge, fece poco più del 4 e con altri apporti. Noi siamo arrivati al 10% facendo un vero e proprio miracolo, viste le condizioni date: ci avevano chiamato a togliere la spazzatura e più di tre milioni di italiani hanno capito il nostro lavoro e il nostro messaggio».

In questa vena di moderato ottimismo si individua una scommessa: i tentativi di dialogo fra Bersani e Grillo falliranno, non sono destinati a produrre frutti, ritiene Monti. In modo quasi obbligato, si ragiona ancora a Palazzo Chigi, si dovrà andare verso una forma di governissimo fra Pdl e Pd e in quel caso, ancorché di minoranza, il contributo numerico e politico di Scelta civica potrebbe risultare necessario.

Considerazioni che oggi saranno approfondite ulteriormente in una riunione che dovrebbe definire le tappe future del movimento: si immagina un partito vero e proprio, con tanto di struttura radicata sul territorio, «destinato a durare», come ha detto Monti.

Lelio Alfonso, che ne è il portavoce, ieri rifletteva che «alle prime elezioni amministrative Beppe Grillo prese percentuali dello zero virgola; sicuramente avremmo potuto fare meglio, per carità, ma dire che ottenere in 60 giorni il 10% è un flop significa ignorare la realtà. Bersani ha iniziato la sua campagna elettorale a settembre, con le primarie, Berlusconi a novembre, noi solo a gennaio».

L'elenco delle consolazioni, o delle speranze, è dunque lungo. Lo è molto meno in casa Udc, dove parlare di choc per il magro bottino elettorale è un eufemismo: «È chiaro che la scelta di non fare una lista unica dappertutto ci ha penalizzato, ha fatto sbandare il partito», dice Rocco Buttiglione, uno dei tanti esponenti delusi dal risultato delle urne. Pier Ferdinando Casini ha ammesso la sconfitta, ieri i dirigenti del partito di via Due Macelli stilavano un bilancio pieno di recriminazioni.

«Serve - spiega ancora Buttiglione - un governo di larga coalizione che duri cinque anni, ma noi dobbiamo porci degli interrogativi. È chiaro che o diamo vita ad un partito insieme a Monti oppure Casini dovrà dichiarare che la sua linea è stata fallimentare». Commenti simili, anche se non ufficiali, da parte di altri esponenti: «Siamo riusciti a distruggere un partito con scelte dissennate».

 

MARIO MONTI LEGGE RESTART ITALIA ANDREA RICCARDI E MARIO MONTI FOTO INFOPHOTO Andrea Riccardi PIER FERDINANDO CASINI FOTO ANDREA ARRIGA Rocco Buttiglione BEPPE GRILLO AD UN COMIZIO