DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Emanuele Buzzi per il “Corriere della Sera”
Il conto alla rovescia è iniziato: Italia 5 Stelle è alle porte e i Cinque Stelle iniziano a «pesare» i loro equilibri interni. Se la corsa verso la leadership di Luigi Di Maio appare in discesa, quello che invece crea scompiglio è una discussione iniziata tra i parlamentari a fine luglio e ripresa negli ultimi giorni. Una discussione - sulla scelta dei componenti pentastellati per la commissione d' inchiesta sulle banche a Montecitorio - che rischia di avere risvolti politici all' interno del Movimento a pochi giorni dal voto sul candidato premier.
Al centro del dibattito, infatti, ci sarebbe la scelta sui nominativi fatta da Roberto Fico, leader dell' ala ortodossa che vanta la maggioranza del gruppo parlamentare alla Camera.
Una scelta sui componenti da inserire nella commissione - i designati dai Cinque Stelle sono stati Carla Ruocco, Carlo Sibilia e Alessio Villarosa - criticata da diversi deputati, anche esponenti dei falchi.
«Quella di Fico? Una decisione di parte», dicono nel Movimento. E c' è chi tira in ballo valori come meritocrazia e coerenza. I malumori - sostengono alcuni - potrebbero addirittura allontanare alcuni parlamentari dall' ala ortodossa. «Polemiche sterili», ribatte Mimmo Pisano, deputato che come Fico fa parte della commissione Finanze. «È chiaro che non sono stati tutti contenti, ma è naturale. Io personalmente mi sono tirato indietro, ma è stata scelta la competenza».
«Mi sembra strano che il Corriere della Sera voglia commentare votazioni interne al Movimento in una commissione come quella delle Finanze», dice Fico. «Abbiamo votato e quello è stato il risultato. Punto. Niente di più e niente di meno - spiega il deputato -.
Mi sembra normale: se si fa una votazione esce un risultato ed è uscito quel risultato. Senza nessuna cordata, senza nessun doppio gioco, nella naturalezza delle cose». E tra i falchi c'è anche chi accusa l'altra ala del Movimento, quella che fa capo a Luigi Di Maio, di voler alimentare le tensioni a due settimane dal voto.
Il rush finale verso Rimini, insomma, si presenta incandescente. Beppe Grillo e Davide Casaleggio si sono riuniti ieri a Milano per varare le regole sulle candidature (la cui pubblicazione è imminente), parlare dell' organizzazione di Italia 5 Stelle e delle prossime Regionali in Sicilia.
BEPPE GRILLO E DAVIDE CASALEGGIO
I vertici del M5S hanno anche pubblicato una foto sui social network che li ritrae insieme sorridenti con dei cubetti di ghiaccio («Gelo tra Casaleggio e Grillo. Domani tutti i particolari in un video», il commento): una replica indiretta alle indiscrezioni pubblicate dal Corriere e avvalorate da alcuni esponenti pentastellati sul fatto che tra lo stratega e il garante negli ultimi tempi il rapporto si sarebbe raffreddato. Il summit milanese serve a dare il la alla campagna siciliana. Una sfida cruciale, come sanno Grillo e Casaleggio, in cui tutto il Movimento sarà schierato.
GRILLO FICO DI MAIO DI BATTISTA
I leader, insomma, danno il placet alla strategia (in stile poker) dell'«all-in»: puntare tutto su una sfida, quella siciliana, per poter poi incassare la «posta» in caso di vittoria. Come?
Probabilmente puntando sul potere legislativo dell' Assemblea regionale siciliana, varando norme che servano «da esempio» per quello che i Cinque Stelle intendono fare una volta a Palazzo Chigi. E in questa direzione vanno le parole di Luigi Di Maio: «Il M5S è impegnato su tutti i fronti per riuscire ad arginare chi ha massacrato questa terra prendendosi vitalizi, megastipendi e ha utilizzato le auto blu a sbafo e a spese dei siciliani. Ci saremo io e gli altri parlamentari, ci sarà Beppe Grillo».
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