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Ugo Bertone per "Libero"
L'isola di Sylt, l'angolo più settentrionale della grande Germania, fu scelta da Roman Polansky per girare "The ghost writer", storia di un ex premier britannico (chiaro riferimento a Tony Blair) troppo vicino alla Cia. A Sylt, freddo polare ma alberghi a sette stelle per i Vip tedeschi è approdato ieri Tim Geithner, segretario al Tesoro Usa, per render visita a Wolfgang Schaeuble, il pari grado tedesco che qui trascorre i pochi giorni di vacanza. Un viaggio di sei ore da Berlino, una faticaccia, per chi è appena sbarcato da Washington pure in limousine.
Soprattutto se il programma prevede, a visita conclusa, il trasferimento a Francoforte. Ma ne valeva la pena. Geithner, infatti, esce dalla trasferta nel mare del Nord con un documento congiunto in cui i responsabili delle Finanze dei Paesi leader sulle due sponde dell'Atlantico affermano la loro «fiducia per gli sforzi varati dai dagli stati membri per riformarsi e avanzare verso una maggiore integrazione».
Non solo. Secondo Cnbc, la catena tv Usa solitamente ben informata, i due responsabili avrebbero discusso un'azione congiunta fra Ue e Bce per ripristinare la crescita. Infine, dopo aver riconosciuto gli «sforzi considerevoli » di Italia e Spagna, i due ministri, hanno annunciato la loro intenzione di cooperare a stretto contatto per stabilizzare l'economia globale. Insomma, tanta carne al fuoco. E qualche novità che impone un'attenta riflessione.
Per prima cosa, gli Usa diventano a pieno titolo protagonisti delle possibili terapie per affrontare e risolvere la crisi europea. Finora, gli appelli di Obama e soci (vedi il premier britannico David Cameron) all'Eurozona erano stati, seppur con cortesia, respinti al mittente. Il big bazooka consigliato da Washington e Londra era stato respinto con rabbia da Berlino. Oggi, al contrario, Schaueble apre alla collaborazione con Washington, per l'occasione decisa a dare una mano a Roma e Madrid. Che cosa è cambiato?
Salvo sorprese sempre possibili, sembra che Angela Merkel e Schaueble abbiano preso le distanze dalla Bundesbank sposando le tesi della Casa Bianca. Facile capire i vantaggi per Obama: la crisi europea minaccia la ripresa Usa e, di riflesso, le speranze del presidente di farsi rieleggere.
Ma la Germania? I siluri in arrivo da New York hanno lasciato il segno: la minaccia di un downgrade da parte di Moody's, accompagnato dal ritiro di capitali da parte dei gestori dall'Eurozona, rappresentano una pesante ipoteca per la Merkel: il collasso dell'euro travolgerebbe l'esecutivo tedesco cui verrebbe addebitato, a torto a ragione, il comportamento delle banche che, in meno di sei mesi, hanno ritirato 55 miliardi dall'Eu - ropa del Sud, vanificando gli sforzi di Roma e Madrid sulla strada del riequilibrio finanziario. Fin qui la convenienza politica immediata.
A voler essere ottimisti, si tratta di un primo passo per uscire dalla crisi che ha preso il via dagli squilibri della finanza Usa e dal rifiuto di collaborazione da parte della Germania (ai tempi di Lehman Brothers la Merkel disse no ad un intervento europeo comune in aiuto a Washington). Ad esser più realisti, si può pesare che l'intesa ufficiosa tra i banchieri centrali, Ben Bernanke, presidente della Fed, e Mario Draghi, abbia imposto alla politica di darsi una mossa, pena il rischio di un'ingloriosa uscita di scena.
Gli sviluppi della crisi, nei prossimi giorni, offriranno chiavi di lettura più precise. Per ora, non resta che prender atto della novità che i marines entrano nella fortezza Europa, accolti dalle truppe della Bundeswehr schierate sul fronte settentrionale. Non è novità da poco perché i tentativi dell'Eurozona di fare da sé sono finora miseramente falliti. Nelle ultime settimane, a mano a mano che la situazione spagnola si faceva più drammatica, il Fondo Monetario ha chiesto alla Ue, come precondizione per un intervento congiunto, di scendere in campo con acquisti di titoli di Stato dei Paesi a rischio.
Per tutta risposta, la Ue, condizionata dai Paesi del Nord, ha in pratica escluso il Fmi dalla fase finale delle trattative per il prestito alle banche spagnole. Il risultato? Il tracollo dei mercati di una settimana fa mentre Mohamed El-Erian, amministratore di Pimco (il primo fondo al mondo nel debito pubblico, 2200 miliardi di patrimonio) e vicino al Fmi, si è recato in Europa per una «missione segreta». Difficile che El-Erian non abbia incontrato il suo azionista, cioè il colosso tedesco Allianz. Ancor più difficile che non abbia trasmesso il messaggio: o la Fortezza apre le sue porte oppure cominceranno a piovere le «bombe» finanziarie. Fantafinanza? Forse, ma in tempi così tempestosi a pensar male non si fa davvero peccato.
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