DAGOREPORT – DONALD TRUMP HA IN CANNA DUE ORDINI ESECUTIVI BOMBASTICI, CHE FIRMERÀ IL GIORNO DOPO…
Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
Barack Obama ha ritrovato l’audacia, dicono i commentatori. Sarà che la sua presidenza sta finendo, e non può più candidarsi, oppure è la reazione alla frustrazione di non aver potuto realizzare molti dei suoi obiettivi, bloccato in patria dal Congresso a maggioranza repubblicana, e all’estero da crisi come quella ucraina o dalla rinascita del terrorismo sotto i vessilli dello Stato islamico.
Questa audacia della speranza, promessa nel libro con cui aveva lanciato la sua campagna presidenziale, lo ha portato ieri in un luogo dove nessun capo della Casa Bianca era mai stato prima: un carcere federale. Obiettivo: riformare il sistema della giustizia penale, che ha affollato le prigioni americane come nessun altro Paese sviluppato al mondo. Una campagna che, a differenza dell’accordo nucleare con l’Iran, la fine dell’embargo a Cuba o la stessa riforma sanitaria, potrebbe portare ad un raro successo bipartisan.
MINORANZE E SQUILIBRI
Gli Stati Uniti ospitano il 5% della popolazione mondiale, e il 20% di quella carceraria. Nel 1980 avevano 500.000 detenuti, che ora sono saliti a 2,2 milioni. Questo ha provocato ovvi problemi di sovraffollamento, abusi, violenze, e naturalmente la perdita di intere generazioni, perché molti dei giovani che finiscono in prigione non vengono più recuperati. L’emergenza colpisce in maniera sproporzionata le minoranze, soprattutto quella ispanica e quella nera, dove un uomo afroamericano su 12 di età compresa fra 25 e 54 anni è in carcere, contro uno su 60 nel totale di tutti gli altri gruppi.
Il motivo principale di questo fenomeno, secondo Obama ma non solo, sta nel sistema della giustizia penale, che è stato tarato per imporre le punizioni più severe possibili. «Io - ha detto il capo della Casa Bianca - non ho simpatia per chi commette crimini violenti. Però dobbiamo riflettere se queste condanne così lunghe, spesso a vita, siano la maniera migliore di affrontare i reati di altro genere».
ZERO MARGINE D’ERRORE
Per attirare l’attenzione sul problema, il Presidente ieri è andato in Oklahoma a visitare la El Reno Federal Correctional Institution, una prigione di media sicurezza dove sono rinchiusi molti detenuti per crimini legati soprattutto alla droga. E’ entrato nella cella numero 123, restando sorpreso: «E qui dentro dovrebbero vivere tre adulti?». Quindi ha incontrato sei condannati per reati non violenti, come i 46 a cui ha commutato le sentenze questa settimana proprio per dare un segnale.
«Quando vedo questi ragazzi - ha detto Obama - vedo me. Io avrei potuto fare gli stessi errori e ritrovarmi nelle stesse condizioni. L’unica differenza tra me e loro è che io sono cresciuto in un ambiente più comprensivo, che offriva sempre una seconda possibilità, mentre il loro margine d’errore è zero».
UNICI AL MONDO
Il Presidente ha notato che «negli altri Paesi non è così. La norma comune a tutti è che gli adolescenti fanno stupidaggini, ma poi il modo di gestirle è diverso». Lui perciò ha mandato al Congresso la richiesta di approvare una legge che abbassi le sentenze minime per i reati non violenti. Poi vuole sviluppare tanto i programmi di prevenzione della criminalità, quanto quelli per il recupero e l’addestramento professionale dei condannati mentre sono in carcere. Chiede di mettere fine alla tolleranza per gli abusi, le violenze e gli stupri nelle prigioni, e di restituire il diritto di voto a chi ha saldato il proprio conto con la giustizia.
obama con detenuti di renoobama
È una campagna difficile, ma stavolta non è solo. Diversi repubblicani, come i senatori Paul, Cornyn, Grassley, Lee, e i loro finanziatori come i fratelli Koch, sono d’accordo. L’audacia ritrovata di Obama, quindi, potrebbe continuare a pagare.
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