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Tommaso Labate per il “Corriere della Sera”
«Verdini, Mazzoni, D’Anna. Falanga, Longo, Auricchio. Conti, Barani, Compagnone, Scavone, Ruvolo». All’interno del «laboratorio» di Denis Verdini scorrono la formazione come se fosse l’antico «undici tipo» di una squadra di calcio. E la lista è stata letta e riletta tante di quelle volte che, tra i fedelissimi del senatore toscano, ormai c’è chi la conosce meglio del «Sarti-Burgnich-Facchetti» della vecchia Inter degli anni Sessanta.
LUCIO BARANI CON LA MAGLIETTA JE SUIS CRAXI
Ancora qualche ora e probabilmente domani, anche se qualche rinvio non si può escludere, nascerà il gruppo dei neo-responsabili a Palazzo Madama. Quelli che formalmente rimarranno all’opposizione ma sostanzialmente sosterranno le riforme del governo Renzi.
Il nome scelto è «Alleanza popolare, liberale e delle autonomie», anche perché la formula individuata in un primo momento — che contemplava l’utilizzo del termine «Azione» — è già stata registrata da un’altra associazione politica. E il battesimo andrà in scena nel momento in cui i parlamentari pronti a saltare il fosso apporranno la loro firma in calce a un documento politico confezionato in queste ore dal deputato verdiniano Massimo Parisi.
La riunione decisiva per il varo ufficiale del gruppo dei neo-responsabili ci sarà oggi. Con un giro di sms e telefonate, ieri Verdini ha convocato la truppa per fare il punto finale sui «sicuri» e per chiedere definitivamente agli «indecisi» di sciogliere l’ultima riserva. Nella lista dei «sicuri» — o, meglio, di quelli che i verdiniani considerano «sicuri» — ci sono tre forzisti (Verdini stesso, Riccardo Mazzoni e Domenico Auricchio), due fittiani (Ciro Falanga ed Eva Longo, l’unica donna), uno appena uscito da Forza Italia ora al gruppo misto (Riccardo Conti), più cinque esponenti di Grandi autonomie e libertà (Lucio Barani, Domenico Compagnone, Antonio Scavone, Giuseppe Ruvolo e Vincenzo D’Anna).
Tutti sono stati eletti nelle file del vecchio Pdl e, visto che sono undici, basterebbero a formare un gruppo con tutti i crismi. Nella lista degli «indecisi», invece, figurano Giovanni Mauro, l’ex leghista Michelino Davico e il forzista Riccardo Villari, ex presidente della Vigilanza Rai. Quest’ultimo, qualora decidesse di aderire, potrebbe essere designato come capogruppo.
Oggi, insomma, si capirà se l’operazione partirà effettivamente domani o se sarà necessario aspettare qualche giorno. Possibili ripensamenti? Nessuno, visto che Verdini, dopo la guerra scoppiata nel cerchio magico di Forza Italia, è ancora più determinato ad andare avanti. Anche per sfruttare l’assist del governo sul «patto con gli Italiani» proposto da Renzi, che ovviamente i neo-responsabili sosterranno al Senato.
BERLUSCONI VERDINI ALFANO INAUGURAZIONE SEDE FORZA ITALIA FOTO LAPRESS
Già, il «Patto con gli Italiani». Berlusconi ufficialmente non ha ancora detto la sua. Ma, in un giro di consultazioni coi fedelissimi, l’ex premier ha già lasciato intendere il modo in cui risponderà a Renzi. «Quella di Matteo è la scopiazzatura del mio vecchio contratto con gli italiani», ha detto ai suoi nel weekend. «Con la differenza», ha aggiunto, «che qua non ci sono le coperture per procedere al taglio delle tasse senza aggiungerne di nuove».
Secondo i berlusconiani, quello di Renzi è un bluff. Perché «il premier non avrà il coraggio di tagliare la spesa pubblica». A sintonizzarsi con le antenne di Radio Arcore, l’unico slogan che si ricava a commento della mossa di Palazzo Chigi è quello che segue: «Mancavano solo Bruno Vespa e lo scrittoio di ciliegio. Poi la copia del vecchio contratto con gli italiani di Berlusconi si sarebbe trasformata in un plagio». Contromosse? «Per ora», è stata la regola di ingaggio berlusconiana, «rimaniamo fermi. Tanto i soldi per arrivare a questi tagli delle tasse non si troveranno mai».
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