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DAGOREPORT - DA IERI SERA, CON LA VITTORIA IN GERMANIA DELL’ANTI-TRUMPIANO MERZ E IL CONTENIMENTO…
1. SIMBOLO DI AN E TESORETTO BATTAGLIA TRA I MILLE EREDI - INTESA FRATELLI D'ITALIA-ALEMANNO: EUROPEE, A NOI IL MARCHIO
Tommaso Labate per il "Corriere della Sera"
«Qua va a finire male, glielo dico io». Alle otto di sera, la voce di Donna Assunta è squillante manco fossero le otto di mattina. «La Russa e la Meloni hanno trovato un accordo con Alemanno per usare il simbolo di An? Bene, voglio vedere dove arriveranno», urla al telefono la vedova di Giorgio Almirante. Un fiume in piena.
«Sul patrimonio immobiliare e sulla liquidità non possono toccare nulla. Sarà pure gente abituata a calpestare il cadavere della storia ma dovranno passare sul mio, di cadavere, adesso». «Ma a noi dei soldi non ce ne frega nulla», mette a verbale Ignazio La Russa. Che aggiunge: «Presenteremo soltanto una mozione per il parziale utilizzo del simbolo per il 2014».
Quando Donna Assunta parla, all'assemblea della fondazione di Alleanza Nazionale, convocata per questa mattina all'Hotel Ergife di Roma, mancano ancora molte ore. Sul tavolo c'è una torta sostanziosa, una sessantina di milioni di euro soltanto di liquidità . E una ciliegina non da poco, il vecchio simbolo di An. Su cui le voci di un accordo tra il tandem Meloni-La Russa da un lato e Gianni Alemanno dall'altro, per sbloccare un'impasse che tra gli ex an tiene tutto bloccato da anni, già si rincorrono.
Flavia Perina, l'ex direttrice del Secolo d'Italia che aveva seguito Gianfranco Fini, dà voce ai sospetti: «Pare che sia stato raggiunto un accordo tra Fratelli d'Italia e Alemanno sull'uso del simbolo di An. Contenuti misteriosi - aggiunge l'ex deputata di Fli - manco fosse il terzo mistero di Fatima. Sarà scodellato all'assemblea della Fondazione...».
Anche Francesco Storace sente puzza di bruciato e si affretta a scriverlo sul suo Giornale d'Italia . «Si sbaglia a ritenere l'assemblea della fondazione An come il giorno del giudizio divino. Non decidono altri per il nostro popolo». E dev'essere la stessa sensazione di Maurizio Gasparri, che infatti - al pari di Donna Assunta - lancia un avviso a tutti i naviganti: «Il patrimonio di una fondazione serve per fare iniziative culturali, non per costruire un partito. Se qualcuno la pensa diversamente e si muove di conseguenza, bene. Vorrà dire che ci sarà un bel po' di lavoro per avvocati e magistrati...».
Si sarebbero fiutati per settimane. Poi sfidati a viso aperto, a caccia dell'ultimo indeciso tra i quasi mille iscritti alla Fondazione. Fino a ieri mattina, quando dalla triangolazione La Russa-Meloni-Alemanno sarebbe uscita la bozza di un accordo politico, sotto forma di una mozione unitaria da presentare oggi. Una sintesi che prevedrebbe, già dalle prossime Europee, il ritorno della vecchia fiammella aennina sotto la dicitura «Fratelli d'Italia-Alleanza nazionale».
Uno schema a tre punte in cui all'ex ministro dei Giovani, anche per seguire la scia imposta dall'elezione di Renzi nel Pd, toccherebbero - almeno formalmente - i galloni della leader.
Tutto sembra facile ma niente è scontato. Tra i fedelissimi di Alemanno, soprattutto tra coloro che avevano lavorato all'opa ostile sulla fondazione An, c'è chi mastica amaro.
Al contrario dell'ex sindaco di Roma, che invece si carica postando su Facebook i versi di Tolkien. E li mette sui social network: «Dalle ceneri rinascerà un fuoco / L'ombra sprigionerà una scintilla / Nuova sarà la lama ora rotta / E re quei ch'è senza corona». Anche se la lama, nuova o vecchia che sia, dovrà incrociarsi con quelle di Gasparri e Donna Assunta.
2. SOSPETTI SU 28 MILIONI, IL GIUDICE RILANCIA L'INCHIESTA
Sabrina Giannini per "Report - Corriere della Sera"
Il giudice per le indagini preliminari Anna Maria Fattori ha rovinato la festa agli eredi dell'Msi che oggi si riuniscono all'Hotel Ergife di Roma in occasione della prima assemblea della fondazione Alleanza nazionale, creata ad hoc per gestire il consistente patrimonio immobiliare costituito da un centinaio di immobili e da 55 milioni di rimborsi elettorali, ventotto dei quali potrebbero essere stati sottratti illecitamente dal patrimonio di An dal comitato di gestione che aveva il compito di preservarlo.
Il gip ha infatti respinto la richiesta di archiviazione del pubblico ministero Pisani invitandolo a «svolgere ulteriori indagini per il completo accertamento dei fatti» facendo riferimento all'informativa della Guardia di Finanza del 28 febbraio 2013 nella quale si evidenziavano numerosi bonifici a favore di privati e imprese dei quali non avevano indicato il nominativo per un importo complessivo di 9 milioni di euro, oltre all'emissione di «assegni circolari per un importo di 3.897.128 euro, di bonifici ricevuti dalla Camera dei deputati per rimborsi elettorali pari a 16.364.736 euro e dal partito Pdl (quattro bonifici di cui due con causale «bonifico dall'estero») per un importo di 28.568.247 euro».
Pisani ignorò anche la richiesta della Gdf di procedere a ulteriori accertamenti bancari sui conti correnti gestiti dalla Fondazione An presieduta dall'ex senatore di An Franco Mugnai, che nella comunicazione agli invitati all'assemblea odierna scrive: «avremo gli occhi di tutti puntati addosso e laddove il dibattito dovesse degenerare in una o più scomposte risse verbali avremo fatto ad An il peggiore dei servizi».
Gli occhi della Guardia di finanza senza dubbio, soprattutto sul suo operato in qualità di presidente di quel comitato di gestione che avrebbe dovuto conservare il patrimonio della disciolta An che, secondo la denunciante Rita Marino, vice presidente del comitato e già segretaria di Gianfranco Fini, sarebbe stato depauperato. Deve essere stato insignificante per il pm Pisani che i 55 milioni derivassero principalmente dai rimborsi elettorali.
In sintonia con lui il collega del civile, Remo Scerrato, il quale afferma nella sentenza di sole due settimane fa che «i rimborsi elettorali una volta incamerati potessero mutare destinazione, essere ceduti a terzi, cartolarizzati, destinati a costituire un ente diverso da un partito» (in linea con la scelta del prefetto di Roma Pecoraro che riconobbe la fondazione che inghiottiva quattrini pubblici, sapendo meglio di chiunque altro che i controlli sui bilanci delle fondazioni sono formali).
Antonio Buonfiglio e Enzo Raisi, finiani passati successivamente a «Fare Italia», non si danno per vinti e annunciano l'impugnazione della sentenza di Scerrato convinti della nullità delle determinazioni del congresso con cui fu sciolta An con successivo trasferimento del patrimonio alla fondazione.
Oggi è evidente che due magistrati hanno opinioni contrastanti sull'utilizzo di quel tesoro. Tramite la nascita della fondazione gli immobili e i finanziamenti pubblici erano passati nelle mani degli ex di An rimasti nel Pdl dopo l'allontanamento dei finiani (12 su 14 siedono nel cda, oltre a Franco Mugnai anche Gianni Alemanno, Ignazio La Russa, Altero Matteoli e Maurizio Gasparri).
Se non si fosse messo di traverso il gip Fattori oggi avrebbero potuto festeggiare il pieno possesso dell'eredità Colleoni, delle quote dei tesserati e soprattutto dei 55 milioni di euro dei rimborsi elettorali.
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