DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Gian Maria de Francesco per il Giornale
«Parlatene con Palazzo Chigi due. Non con Palazzo Chigi uno». Il ministro dell' Economia, Pier Carlo Padoan, avrebbe risposto così, secondo quanto riferito ieri dal Corriere della Sera, ai banchieri che all' ultima riunione dell' Fmi gli chiedevano perché nella manovra fossero scomparse o depotenziate alcune misure relative all' accelerazione delle procedure esecutive soprattutto in materia di escussione di immobili a garanzia dei crediti concessi. Si tratta di una misura odiosa per i debitori che si vedrebbero spossessati più facilmente dei loro beni, ma quanto mai necessaria per le nostre banche che sono minacciate dalla Vigilanza della Bce. L' addendum posto in consultazione a inizio ottobre imporrebbe di creare in sette anni nuovi accantonamenti su 240 miliardi di sofferenze anche se coperte da garanzie reali come, appunto, gli immobili. Di qui l' opportunità di rendere più facili i pignoramenti senza perdersi nelle lungaggini giudiziarie.
Poste queste premesse si comprende facilmente a chi si riferisca Padoan quando parla di «Palazzo Chigi due». Si tratta della quinta colonna renziana dell' esecutivo impersonata dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi. Il suo ruolo le consente di porre veti sulle misure ritenute politicamente non «omogenee» al Nazareno. E, poiché Matteo Renzi farà della lotta ai «poteri forti» bancari il leitmotiv della propria campagna elettorale (soprattutto dopo essersi smarcato dalla conferma del governatore di Bankitalia imponendo ai suoi di non partecipare al Consiglio dei ministri), è praticamente impensabile che misure considerate di favore agli istituti di credito potessero trovare spazio. Per uno strano gioco del destino, una mano a Renzi l' ha data pure un suo «avversario» come il presidente del Senato, Piero Grasso, espungendo le norme sulle procedure esecutive dalla sessione di bilancio.
Assodato che Padoan è a dir poco furibondo per questa evidente mancanza di garbo istituzionale del segretario Pd, bisogna vedere quale sia il mood di «Palazzo Chigi uno», ossia del premier Paolo Gentiloni. Come al solito, il primo ministro non si scompone anche perché, a queste buriane, ha fatto il callo. Ma i suoi fedelissimi sono inviperiti nei confronti del sottosegretario Boschi per la sua continua azione di disturbo. In realtà, queste intemerate andavano messe nel conto dopo che, tra fiducia «imposta» sul Rosatellum-bis e mozione anti-Visco in Parlamento, Renzi ha impresso a fuoco la data di scadenza sul gabinetto Gentiloni non esitando, all' occorrenza, a cannoneggiarlo.
Solo il tempo dirà se la scelta possa rivelarsi fruttuosa. Al momento, si può solo affermare che gli scossoni renziani stanno compattando fronti variegati. E uno di questi è rappresentato dalle istituzioni finanziarie che avrebbero sperato di trovare nel partito di maggioranza una sponda visti i quotidiani attacchi del Movimento 5 Stelle. Ecco perché Padoan, intervenendo ieri alla Giornata del risparmio, ha posto enfasi su alcuni passaggi.
«Il maggior rischio al ribasso (per le prospettive di crescita; ndr) sarebbe l' autocompiacimento per il processo di riforme effettuato», ha sottolineato riferendosi alla retorica autocelebrativa renziana. In materia di crediti in sofferenza ha lanciato altri due messaggi.
«Bisogna mantenere credibilità nel rispetto di regole condivise anche quando queste sono decisamente migliorabili», ha aggiunto criticando le sparate anti-Ue di Renzi. Infine ha ribadito che la posizione del governo è «creare le condizioni perché le banche possano liberarsi delle sofferenze in condizioni e tempi ragionevoli». Renzi, anzi «Palazzo Chigi due», è avvisato.
abbraccio tra maria elena boschi e matteo renzi
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