DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…
Mario Giordano per la Verità
Il voto? E che cos' è? Si mangia? Si abbina al consommé? Alle tartine di foie gras? No? E allora a che serve questo voto? A nulla, è chiaro. E così anche il giorno dopo la valanga di sì, gira per la strade del Paese politicamente corretto quel certo sdegno un po' da Maria Antonietta con la brioche in mano: il referendum è inutile, non serve a nulla, se tutto va bene lascia tutto come prima, ma in certi casi può essere dannoso, illusorio, poco serio, financo ingannatore e naturalmente plebiscitario.
E quindi tutti lì a chiedersi: ma a che serve votare? Non se ne può fare a meno? Si sono così abituati a fare e disfare i governi nei salottini riservati, che adesso sembra a loro piuttosto brutto rovinare le abitudini della consorteria con questa mania di chiamare le persone al seggio. Non sarà che adesso, un voto tira l' altro, si mettono in testa di scegliere democraticamente pure il prossimo presidente del Consiglio? Saremo mica impazziti?
E così tutti a elogiare il modello regionale Emilia Romagna, che si guarda bene dal rompere le regole della consorteria e dei suoi riti. Pare infatti che l' Emilia Romagna abbia già avanzato richieste al governo per avere più autonomia, come vorrebbero Lombardia e Veneto, ma ecco: l' ha fatto a porte chiuse, aumma aumma, il potere è mio e me lo gestisco io. Soprattutto l' ha fatto senza referendum, perché loro sì che sanno come si fanno le cose, senza scomodare la gente, insomma, senza prendersi questo disturbo di andare al seggio. Niente: si sono asserragliati in una stanza e se la sono cantata e suonata da soli, senza far sapere niente a nessuno. Infatti nessuno se n' era accorto. È questo il «modello», come recita a tutta pagina il Corriere della Sera. Mica quella stramba abitudine di votare, macché.
Ed è piuttosto strano, dopo aver raccolto per anni lamenti sull' astensionismo in crescita, scoprire adesso all' improvviso che l' astensionismo, invece, era un bene. Non l' avevamo mai saputo ma era un bene. E che il male, invece, sono quegli oltre 5 milioni di italiani che, senza nemmeno che mamma Rai-Tv li avvertisse (il silenzio è d' oro, si capisce), si sono presi la briga in un giorno di autunno di andare a votare.
Ecco quello è proprio una brutta cosa, «a spese e sulla pelle del Paese», come dice il governatore della Toscana Enrico Rossi, una cosa «scorretta», come teorizza Alessandra Moretti del Pd, che nella migliore delle ipotesi «lascia tutto come prima», come spiega il sottosegretario agli Affari regionali, Gianclaudio Bressa, pure lui Pd. «Un referendum imbroglio», come sostiene l' ex senatore dell' Ulivo Furio Colombo; un «referendum non solo inutile ma anche dannoso», come accusa l' economista da salotto Marco Vitale; «una bandiera elettorale che non serviva», come ripete l' industriale da copertina Matteo Marzotto.
MASSIMO GILETTI ALESSANDRA MORETTI
Ma si capisce: votare non serve, è chiaro. È così chiaro che l' ha capito anche Gianfranco Librandi, ex Scelta civica oggi Pd, che esce per un attimo dai talk show per bollare il voto come un «tentativo plebiscitario», cioè un tentativo di ottenere consensi. In effetti, come abbiamo fatto a non pensarci?A chiamare le persone al voto, può capitare a volte di ottenere dei consensi. Rischio dal quale, per fortuna, Librandi è assolutamente immune.
Avevamo letto con un po' di preoccupazione gli ultimi editoriali di Eugenio Scalfari che inneggiavano all' oligarchia, dicendo che, è chiaro, le cose importanti vanno decise nei salotti che contano, senza lasciar spazio a quella pericolosa deriva chiamata democrazia. Ma pensavamo che fossero solo i deliri di un Fondatore ormai nell' età cui è concesso tutto, anche ruttare alla festa di nozze. Invece no. Scalfari è pienamente lucido. E ha espresso la linea, esplicitando il pensiero dominante della sinistra, soprattutto della sinistra di governo.
Perché se un sottosegretario come Bressa (fra l' altro: quello che dovrebbe materialmente dovrebbe trattare con Lombardia e Veneto) dice che dopo il referendum «tutto rimane come prima», significa che oltre 5 milioni di persone che votano per lui (e per il governo) non contano nulla. Che se ne può fare a meno, insomma. Esattamente come si è fatto a meno dei voti per formare il governo di cui lui fa parte, per altro.
Ma certo: perché sentire il parere della gente? Perché sentirla quando si deve formare un governo? Perché sentirla sulle cose da fare? La gente, per dire, non metterebbe mai fra le priorità la legge sullo ius soli. E magari avrebbe qualcosa da dire sulla politica dell' accoglienza di tutti questi anni. Magari la gente avrebbe preferito qualche misura economica più seria, invece delle mancette utili solo a scopi elettorali. O avrebbe preferito che i dirigenti del Pd pensassero a difendere i risparmiatori più che gli amministratori delle banche, specie se questi ultimi sono padri di qualche ministro.
Ma si capisce: queste cose le dice la gente e dunque non bisogna farle. È su questo che si regge una sana democrazia, no? Fare sempre il contrario di quello che vuole la gente. La gente vuole abolire i vitalizi? Noi ce li teniamo. La gente vuole le espulsioni dei clandestini? E noi non le facciamo. La gente vuole evitare di lavorare fino a 70 anni? E noi invece ce la costringiamo. Tiè tiè tiè. Così imparano, la prossima volta a pensare in modo diverso dai salotti. O da Eugenio Scalfari.
Ma come si permettono?
In fondo è un vizio antico della sinistra. Non ha mai accettato le vittorie elettorali di Berlusconi, per dire, non si è mai data pace che ci fossero elettori diversi dai lettori di Repubblica. È sempre stata una cosa più forte di loro: o la gente vota per la sinistra o fa schifo. Adesso si sono perfezionati: siccome la gente ha votato il referendum non solo fa schifo la gente, ma fa schifo anche il referendum. Il voto in sé, ecco, è un po' schifoso. O almeno: è inutile, plebiscitario, imbroglione, dannoso, scorretto, tutto quello che volete, basta non doverne tener conto. Perché è più forte di loro.
Proprio non ce la fanno. Se li togli dai giochini asfittici dei loro salottini, dalla canasta politica con cui pretendono di decidere le sorti del Paese, se li costringi a confrontarsi con la realtà che è un po' diversa dalla loro ovattata stanza dei bottoni, si sentono perduti. Non riescono proprio ad accettare che esistano delle persone che hanno un' idea, un' anima, una passione, una storia, magari diversa dalla loro (pensate che assurdità), e che pretendono financo di essere ascoltate. Sono fatti così, che ci volete fare? Dicono di essere contro i populisti. Ma in realtà sono solo contro il popolo.
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