DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Giampaolo Pansa per la Verità
berlusconi convention forza italia 2017
Signore e signori, sta per iniziare l' ennesima puntata di un teleromanzo che molti di voi conoscono: la campagna elettorale. Nella mia lunga vita ne ho viste tante puntate.
E non soltanto per ragioni di lavoro.
Anche da ragazzino ero affascinato dalla competizione per il sindaco della città o per il deputato da mandare a Montecitorio. Una passione che mi aveva trasmesso mia madre Giovanna Cominetti in Pansa. Possedeva una modisteria nel centro della nostra piccola patria, frequentata da signore della borghesia abbiente. Di solito le clienti parlavano con lei di storie da non sbandierare: tradimenti coniugali, corna affibbiate o ricevute, amori da consumare in segreto. Il cicì e ciciò tra mia madre e le sue confidenti cambiava soltanto quando iniziava la battaglia del voto.
Un decreto firmato da Umberto di Savoia aveva riconosciuto alle donne il diritto di votare. E questo aveva acceso la passione delle clienti di Mode Pansa. Dicevano: «Ma non era un finocchio questo principe reggente? Eppure si è ricordato di noi femmine. E adesso con il nostro
voto metteremo sotto tutti questi maschi che si credono superiori soltanto perché hanno il pisello. In compenso noi abbiamo la ciorgna e gli faremo vedere chi ce l' ha più lungo!».
Le elezioni politiche del 1948 vennero vinte dalle donne che votarono in massa per Alcide De Gasperi, mandando in frantumi il Fronte democratico popolare. In quell' aprile del primo dopoguerra ero un ragazzino di 12 anni e mezzo, molto più sveglio dei tanti bamboccioni odierni. Non possedevo una Playstation, ma in compenso avevo un libro di casa della Cirio. Me l' aveva consegnato la mia infaticabile mamma insieme a una matita copiativa. Il motivo? Viaggiare nelle sezioni elettorali e rendermi conto di come andava lo scrutinio. L' impegno mi piaceva per un motivo che allora non potevo ammettere: allungare un' occhiata sulle ragazze del seggio. Tutte giovani, tutte belle, tutte robuste di seno e di chiappe, con la permanente fresca e tanto rossetto sulla labbra. Altri tempi, signori miei!
berlusconi convention forza italia 2017
Oggi, domenica 17 dicembre 2017, annuncio che non andrò a votare. Appartengo alla tribù degli astenuti. E mi auguro che siano tanti. Nella speranza, temo ingenua, di far capire alla Casta politica che ci ha stufato e non vogliamo più stare al loro gioco, sporco di tangenti, di brogli, di bugie, di incompetenze.
Tra i politici che non voterò più ce n' è soltanto uno che mi interessa: Silvio Berlusconi. Viene ritenuto il probabile vincitore. Perché? Per tante ragioni, e una prevale su tutte: il Cavaliere ha varcato la barriera degli 80, ma è rimasto un uomo normale.
Ama le donne belle, e non quelle brutte. Preferisce il pelo giovane a quello maturo.
Giudica la politica un gioco che va preso con allegria. Ed è pronto a mettere in scena qualsiasi sorpresa.
La prima ce la presentò il 23 novembre 1993. Quando era in corso la battaglia per il sindaco di Roma fra due politici allora sulla cresta dell' onda: Francesco Rutelli e Gianfranco Fini. Il Berlusca inaugurava un supermercato a Casalecchio di Reno, nella provincia rossa di Bologna. I cronisti gli chiesero per chi avrebbe votato nel ballottaggio fra i due candidati. Lui non ebbe esitazioni e indicò Fini.
Quindi spiegò: «Voterei Fini perché rappresenta i valori del blocco moderato nei quali io credo: il libero mercato, la libera iniziativa, la libertà d' impresa, insomma il liberismo. Se le forze moderate non si unissero, allora dovrei assumermi le mie responsabilità. Non potrei lasciare che il Paese andasse lungo una strada sbagliata senza fare nulla».
Oggi il povero Fini è un disperso sul fronte moderato, mentre il Cav è sempre di più in prima linea. L' anno successivo al proclama di Casalecchio vinse le elezioni politiche alla testa di un partito inventato da lui: Forza Italia. A perdere la battaglia fu il misero Achille Occhetto, che guidava il fronte delle sinistre. L' aveva chiamato la Gioiosa macchina da guerra.
La macchina si schiantò e il disastro mise fine alla carriera di Baffo di ferro. Vorrei fermarmi sull' aggettivo coniato da Occhetto: gioiosa.
Una gaffe colossale per un motivo preciso: la sinistra italiana non è in grado di gioire, di sorridere, di mostrare un minimo di allegria. Sembra adatta al Venerdì santo, pronta per la visita ai sepolcri, La sua festa è il 2 novembre, giorno dei morti.
Esagero? Penso di no. Considerate i suoi principali media stampati: La Repubblica e L' Espresso. Li conosco bene per averci lavorato una quarantina d' anni, 14 al quotidiano e all' incirca 16 nel settimanale. Oggi L' Espresso è irriconoscibile. Nelle intenzioni di chi lo guida dovrebbe essere una rivista di geopolitica, con un po' di economia, di cultura per primi della classe, di sociologia. In realtà ricorda una Famiglia Cristiana laica, senza un sorriso, senza uno sfottò divertente, senza una bella ragazza svestita.
Uno storico direttore oggi scomparso, Claudio Rinaldi, aveva una passione per le fanciulle senza veli. Odiava il Berlusca e lo aveva schiaffato in copertina con la divisa da gerarca del fascio. Ma gli piacevano anche le pupe nude. E mise in copertina le Ragazze Coccodè, in omaggio all' estro geniale di Renzo Arbore. Rimase storica una biondona seduta sul bidet come l' aveva fatta la mamma. Insieme alle foto di tante sorelline che mostravano il sedere. Poi venivano le sezioni aggressive, senza pietà per la Casta politica.
Oggi L' Espresso è diretto da Marco Damilano, un giornalista intelligente, ma che deve essere cresciuto in qualche oratorio di frati trappisti. Morale della favola: il settimanale è noioso come un catalogo della Conad. Gli articoli di Damilano e soci sono di una noia mortale. Per di più L' Espresso è abbinato alla Repubblica. Quindi devi leggerlo per forza se acquisti il quotidiano diretto da Mario Calabresi, un altro allegrone.
Come lettore sono sfuggito a questa trappola decidendo di non acquistare più Repubblica. Diventata un pacco di carta sprecata, con una grafica nebbiogena che mescola con astuzia velenosa quello che andrebbe letto da quello che va scartato. Qualcuno pensava che l' arrivo di un condirettore come Tommaso Cerno, gay dichiarato e dunque un tantino anarchico, avrebbe regalato ai lettori di Rep qualche sorpresa allegra. Ma lui, subito ribattezzato dalla redazione Cernobil, è stato sopraffatto dall' atmosfera supponente e soporifera del quotidiano. Così è facile prevedere, e me ne dispiace, che la fuga dei lettori continuerà senza soste. Alla faccia del povero ingegner Carlo De Benedetti che si è visto costretto ad affidare le proprie lamentele al quotidiano concorrente, ossia al Corriere della Sera, rappresentato anche nel suo caso dal resistente Aldo Cazzullo (domenica 3 dicembre 2017).
berlusconi alla presentazione del libro di vespa 7
Ma la noia insidia anche i talk show di sinistra. Nessuno di loro riesce a infrangere la diabolica barriera del 5-6 per cento di ascolto. Dimartedì di Giovanni Floris ha regalato l' ultima puntata a Walter Veltroni, un altro sopravvissuto. Ed è rimasto inchiodato a quei numeri da purgatorio. Datevi una mossa, amici della sinistra cartacea e televisionista. Altrimenti il bieco Berlusconi ritornerà a Palazzo Chigi e vi manderà a casa. Senza neppure un premio di consolazione: una nuova Ruby Rubacuori minorenne, disposta ad allietare le vostre nottate solitarie.
berlusconi alla presentazione del libro di vespa 9
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