COME MAI ALLA DUCETTA È PARTITO L’EMBOLO CONTRO PRODI? PERCHÉ IL PROF HA MESSO IL DITONE NELLA…
Giacomo Amadori per “la Verità”
La strana gara per portare gli italiani dentro a una sorta di Grande fratello si è chiusa ieri alle 13.
Il ministero dell' Innovazione aveva indetto «una call per le tecnologie per il contrasto alla diffusione del Covid-19» e sono arrivate 319 proposte di app per telefonini destinate al monitoraggio delle persone e al tracciamento dei loro spostamenti.
Hanno partecipato aziende, ma anche università come il Politecnico di Milano e l' ateneo di Salerno.
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In questi giorni si è aperto il dibattito su quali norme applicare per impedire di finire tutti in una specie di occhiuta caserma. Dal ministero spiegano che al momento siamo solo a livello di «scouting» per trovare la soluzione più idonea, mentre sarà compito del governo intervenire ove fosse necessario con lo strumento normativo. Che, però, potrebbe non servire, «se si scegliesse la via della libera adozione dell' applicazione da parte dei cittadini». Evidentemente la speranza è che gli italiani accettino l' invito delle autorità a scaricare l' app.
«Sarebbe come aprire un account Facebook, in cui si firma un' informativa sulla privacy e si cedono i propri dati liberamente», minimizzano dal ministero. In realtà sarebbe come indossare una specie di braccialetto elettronico che permette di controllare i nostri movimenti, come se fossimo ai domiciliari.
PADRE DELLA TELEFONIA
Luca Tomassini, presidente e ad del gruppo Vetrya di Orvieto, considerato uno dei padri della telefonia mobile italiana, ha proposto al ministero uno dei progetti più accreditati per il controllo di massa degli italiani. È stato realizzato con il Cnit (Consorzio nazionale interuniversitario per le telecomunicazioni che raggruppa numerose facoltà e una decina di unità di ricerca presso il Cnr): «Ogni smartphone ha un' applicazione silente che funziona in background e non impatta sull' operatività dei telefonini. Si "guarda" sempre intorno per controllare se abbia vicino altre persone con l' app». Un cervellone centrale monitorerebbe gli spostamenti di questi «identificativi» (collegati a nomi e cognomi) e i loro incroci.
Un po' come le app di incontri: «Sì, ma con ben altra tecnologia» precisa Tomassini. Che prosegue: «I dati raccolti vanno a finire nella piattaforma di tracciabilità, che è la cosa più importante di questo progetto, che traccia, per l' appunto, tutti gli incontri degli id digitali. Qualora uno sia stato segnalato come positivo al Covid-19 sarà possibile ricostruire in tempo reale tutte le persone che ha incrociato e dove». La notizia ci dà un senso di soffocamento.
«L' app sfrutta il Gps e non le celle telefoniche: non funziona con i dati degli operatori telefonici perché noi puntiamo a tracciare in tempo reale i contatti a 1-1,5 metri e la loro durata». Il nostro senso di angoscia aumenta. «L' ipotesi è di affidare tutta questa macchina di controllo e di tracciamento alla Sogei, che è la società informatica controllata al 100 per cento dal ministero dell' economia». Guidata dall' ad Andrea Quacivi, nominato ai tempi del governo Gentiloni.
La sensazione di oppressione raggiunge l' apice. Ci assale il timore che questi dati in mano a Sogei possano essere utilizzati per tracciare gli spostamenti dei contribuenti.
«Francamente non lo credo.
Il governo ha già i dati di 60 milioni di clienti (sic, ndr) e questo monitoraggio durerebbe il tempo dell' emergenza». Tomassini si aspetta che il cittadino liberamente scaricherà l' applicazione spia «come gesto di aiuto per chi sta governando questa pandemia», ma sottolinea che «nessuno è obbligato a farlo» e che «se c' è libera scelta non c' è bisogno di nuove norme» per regolarne l' utilizzo. Obiettiamo che il cittadino in questo modo dovrebbe «scegliere» di mettere la propria privacy nelle mani del governo: «Esattamente, è lui che decide se farlo o no».
GIGLIO TRAGICO
L' ingegnere, nominato nel 2015 cavaliere del lavoro, si dice sia in stretti rapporti con Matteo Renzi, anche perché le sue imprese vennero cantate dal giornale del Pd, Democratica, quando il fu Rottamatore era premier. «Io grande amico di Renzi? Questo l' ha detto lei. Se lo nego? Io sono amico di tutti». Alla fine Tomassini ci fa sapere che l' app verrebbe donata gratuitamente al governo italiano e che l' obiettivo è quello «di non fare uscire i dati e di non metterli nella maniera più assoluta su sistemi di cloud computing per il mantenimento della sovranità digitale». Quindi questo giochino delle app anti coronavirus non è l' ennesimo assalto alla diligenza che tante società stanno tentando? «Noi lo facciamo per il governo italiano, poi è vero che molti in queste situazioni cercano di approfittarne, ma non noi».
Il bando per le tecnologie per il contrasto alla diffusione del Covid-19, come detto, si è chiuso ieri ed era un' iniziativa congiunta dei ministeri dell' Innovazione e della Salute, dell' Istituto superiore di sanità e in collaborazione con l' Organizzazione mondiale della sanità. Alla fine sono arrivate 504 proposte di app di telemedicina e assistenza domiciliare e 319 possibili soluzioni per il «monitoraggio attivo del rischio di contagio».
In questa trasformazione dell' Italia in una sorta di Grande fratello occorre ricordare che la Sogei è stata tra le prime, se non la prima, a comprare la tecnologia della Palantir, la società che analizza i dati per la Cia, un' idrovora digitale capace di succhiare tutti i dati possibili che ci riguardino dai social (uno dei fondatori di Palantir, Peter Thiel, ha scritto: «Non credo più che la libertà e la democrazia siano compatibili»). Quindi Sogei è già in grado di incastrare l' incauto evasore fiscale che posta la foto di sé in barca alle Barbados su Instagram, domani avrà anche la possibilità di incrociare i nostri movimenti? Sapere quante volte andiamo nella seconda casa? Vedremo.
Di certo, la nuova tecnologia, una volta avviata, non è ancora chiaro quando verrà rimessa in soffitta. L' Italia è il Paese che sfrutta le emergenze per attuare leggi speciali che spesso diventano normali. Per esempio durante il periodo del terrorismo venne introdotto il fermo di polizia di 24 ore per l' identificazione, tuttora in vigore.
PERICOLO DEMOCRATICO
Il garante della privacy, Antonello Soro, ha concesso che in tempi tanto grami ci possano essere deroghe alla nostra privacy in nome dell' interesse collettivo, ma ha aggiunto che «le deroghe non devono diventare un punto di non ritorno» e che «la scadenza dovrà essere definita in partenza e dovrà coincidere con la fine dello Stato di emergenza proclamato dal governo a febbraio».
Soro ha anche aggiunto che il «contact tracing», che incide su un numero elevatissimo di persone, avrebbe bisogno di essere regolato da un decreto legge. Anche se, come abbiamo visto, al governo sperano che non ce ne sia bisogno. Anche l' ex presidente del Senato Marcello Pera, in un' intervista a Sky, ha lanciato l' allarme: «Le decisioni di oggi sono veleno per la democrazia e devono avere tempi e modalità garantite», visto che queste misure potranno lasciare tracce e proseguire nel tempo, con il rischio che a esse potremmo abituarci.
«Il vero problema è che si sta realizzando in tutta fretta un sistema di biosorveglianza che, però, è indispensabile all' insorgere delle epidemie, quando occorre tracciare i primi contagi e mettere selettivamente i malati in quarantena», conclude Giuliano Tavaroli, ex capo della security Telecom ed esperto di innovazione e sicurezza. «Ma se siamo tutti a casa che cosa vuoi monitorare? Chi esce con il cane tre volte al giorno anziché due? Piuttosto servirebbe un grande screening epidemiologico, cosa che sta tentando di fare la Regione Lombardia».
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