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F.Mar. per "La Stampa"
C'era una volta la mitica segreteria del Pci, ma anche l'Ufficio politico della Dc, luoghi nei quali si decidevano buona parte dei destini dell'Italia, spazi di discussione riservata che oramai tutti i partiti hanno dismesso, con un'unica eccezione: il Pd. Due giorni fa il nuovo segretario Guglielmo Epifani ha proposto alla Direzione del suo partito i nomi della nuova segreteria del partito, con due novità : i quindici sono tutti rigorosamente trenta-quarantenni e sono tutti rigorosamente espressi dai capi delle componenti interne. Con l'ingresso per la prima volta nella nomenclatura del Pd di un uomo indicato da Matteo Renzi.
E proprio in quel gesto unitario del segretario - tutti dentro, Renzi ma anche Fioroni si cela una sorpresa che potrebbe far strada: Epifani prova a proporsi come il «pacificatore» del partito - il segretario di tutti, o quasi tutti - anche dopo il congresso di fine anno. Da questo punto di vista, una mano ad Epifani potrebbero darla anche alcuni dei quarantenni promossi, visto che diversi di loro sono tra i quadri più svegli espressi negli ultimi anni dalle varie anime del Pd.
Dunque, anche Matteo Renzi - la novità era attesa ma resta una novità - ha indicato un suo nome, accettando così di partecipare alla ripartizione interna: si tratta di Luca Lotti, 30 anni, deputato da tre mesi, la cui fisionomia politica potrebbe sintetizzarsi nel ruolo che svolge da anni, da quando era giovanissimo: capo della segreteria di Renzi.
Il sindaco si fida di lui più di ogni altro: a Luca telefona per sapere come vanno le riunioni a Roma, è Lotti che convoca tutte le assemblee dei parlamentari renziani ed è sempre lui che riferisce al capo come stanno andando quelle riunioni. Lavoratore instancabile, una capacità tutta sua nel saper districare i nodi delle discussioni complicate, Lotti non era considerato il più adatto ad assumere la responsabilità degli Enti locali dai parlamentari renziani di prima fila, ma Renzi non li ha ascoltati: strada sbarrata ad Angelo Rughetti, una vita da dirigente all'Anci e semaforo verde per l'ultrafedele Lotti.
I nominati in segreteria oltre ad esprimere un discreto rinnovamento nel gruppo di comando del Pd, continuano a rispettare i rapporti di forza dell'ultimo congresso. Dei 15, 4 sono di area Bersani-Epifani (Alfredo D'Attorre, Davide Zoggia, Matteo Colaninno, ma anche Debora Serracchiani, per la quale ha insistito il segretario); 4 di area D'Alema-giovani turchi, mentre le altre componenti (Letta, Renzi, Franceschini, Bindi, Veltroni, Fioroni, Civati) hanno un rappresentante a testa.
In gran parte si tratta di giovani collaudati, in alcuni casi reduci da spericolati passaggi da una corrente all'altra, mentre altri rappresentano novità autentiche. Il più esperto della compagnia è Enzo Amendola, 36 anni, da 7 segretario regionale della Campania dei Ds e poi del Pd, un ragazzo tutto "pane e politica", stimato (persino con affetto) da Massimo D'Alema. Dice Amendola: «Nel partito si è creato un clima positivo ma ora serve un congresso di rifondazione, di forte identità . Con due imperativi: abbattere le filiere di corrente e tenere aperto il partito col sistema delle Primarie».
Napoletano anche il giovane più brillante della compagnia, Antonio Funiciello, 37 anni, ultimo della filiera migliorista partenopea iniziata da Giorgio Amendola, autore di un fulminante saggio "A vita", pubblicato da "Donzelli" nel quale racconta come e perché «nel Pd i figli non riescano ad uccidere i padri»: dovrebbe diventare il responsabile Cultura e Comunicazione del partito.
Ottimista anche un altro dei promossi, il veneziano Daniele Zoggia, che andrà dell'Organizzazione: «In questa tornata tutte le aree sono state coinvolte, ci sono le premesse per un buon congresso». Unica nota dissonante, l'ex ministro Beppe Fioroni: «Sì, siamo stati coinvolti, ma è la quiete dopo la tempesta o la dopo la quiete di questi giorni tornerà la tempesta? Io odo augelli far festa...».
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