RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Antonello Piroso per “la Verità”
domenico de masi foto di bacco
Il sociologo da tv Domenico De Masi vaga da anni alla ricerca della sinistra. Pare l' abbia trovata nei 5 stelle, i quali, nel corso degli anni, gli hanno commissionato varie (e costose) ricerche. E pensare che, solo un anno fa, li definiva «privi di cultura politica». Gabriella Ferri, eccelsa interprete degli stornelli popolari romani, gorgheggiava: «Io cerco la Titina, la cerco e non la trovo, chissà dove sarà». Domenico De Masi, sociologo ottantaduenne di chiara fama, si aggira invece a caccia della sinistra. Socialdemocratica.
In salsa europea, intendiamoci, mica quella alle vongole del Psdi di Mario Tanassi e Pietro Longo. In Italia, si sa, la sinistra è sempre in attesa di trovare un suo ubi consistam, un centro di gravità permanente, divisa com' è tra Pd, Italia viva, socialisti, comunisti, Liberi e Uguali eccetera, senza tralasciare una parte del M5s, di cui De Masi è considerato un apprezzato consigliori. De Masi è così costretto a vagare come un intellettuale peripatetico tra le diverse anime di quel composito purgatorio.
luca bergamo innocenzo cipolletta domenico de masi foto di bacco
Come di un buon vino, di De Masi si possono apprezzare le annate. Due anni fa, il Sole 24 Ore annunciò la svolta: lo spostamento dal M5s a LeU, da Luigi Di Maio a Stefano Fassina, che è pur sempre una bella evoluzione. «Cerco la sinistra dove spero di trovarla, con la stessa curiosità che mi spinse a cercare nei cinque stelle», spiegava al quotidiano di Confindustria che lo vedeva come il «surfista-pontiere» tra le due formazioni.
Lunedì scorso, invece, eccolo riavvicinato ai pentastellati, con la presentazione in Senato dell' indagine commissionatagli dal Movimento.
E qui c' è la prima novità: perché nel luglio 2018, dopo le polemiche - ci tornerò a breve su tre ricerche sfornate per il M5s, al Corriere della Sera De Masi aveva confessato: «Oggi avrei difficoltà a collaborare con un partito: tanta fatica, retribuzione risicata e, per di più, l' obbligo di giustificarsi davanti all' opinione pubblica...».
valerio rossi albertini domenico de masi foto di bacco
Un momento di disagio esistenziale evidentemente superato. Dopo il Coronavirus: la cultura politica del M5s, questo il titolo del volume (che può sembrare un ossimoro, per via dell' accostamento cultura politica/M5s, accusato l' anno scorso proprio da De Masi di esserne sprovvisto) che immagina il Movimento nella fase post-Covid, quando ci arriveremo: «Promuoverà un totale ripensamento dell' attuale modello di sviluppo e un assetto sociale fondato su solidarietà, localismo, riscoperta delle relazioni interpersonali». Capperi.
Non solo: la decrescita cesserà di essere felice, diventando «serena», per una «graduale riduzione, pianificata e condivisa, degli eccessi patologici del sistema consumistico».
Ah però. E la sinistra? Ussignur! È una categoria dello spirito superata, come la destra.
De Masi è colpito dalla voglia dei grillini di «attenuare le distanze tra le classi sociali», indirizzati verso «la terza via».
Quanto al Pd, socio di governo, la sentenza è tranchant: «È sempre meno in grado di raccogliere l' eredità della sua storia. Mentre le sinistre radicali resteranno litigiose, con schemi antichi, scollegate dai cambiamenti tecnologici», forse un modo obliquo di ammiccare alle meraviglie della piattaforma Rousseau, ma vai a sapere.
il funerale di luciano de crescenzo domenico de masi e marisa laurito
Basta? Macchè. Ecco la bomba che scoppia e rimbomba: «Nei cinque stelle l' uno-vale-uno non si trova più».
Maddai. Qualche sospetto lo avevamo maturato anche noi, ma transeat.
Non è la prima volta che De Masi pone la sua sapienza al servizio del grillismo: «Subito dopo le elezioni del 2013 mi telefonarono alcuni deputati 5 stelle della commissione Lavoro per organizzare un seminario. Da qui, l' idea di una ricerca su come si sarebbe trasformato il mercato del lavoro nella società post-industriale nel decennio successivo».
Cui poi se ne sono aggiunte almeno altre due: sul futuro del turismo e su quello della cultura.
Solo che quando furono rivelate le parcelle (nel rendiconto di esercizio del M5s per il 2016, 56.771 euro, in quello del 2017, 183.643) i suoi detrattori maramaldeggiarono: ma come, lui che ha scritto il pamphlet Lavorare gratis, lavorare tutti si fa pagare così?
Eh, ma quello era «un mio libro provocatorio», signora mia, ha replicato al Corriere della Sera nel 2018.
Al sito di Tiscali, l' anno prima, aveva puntualizzato: «Non è vero che io predico il lavoro gratis. Dico solamente che può essere usato come una forma di protesta. Gli occupati possono scioperare, chi un lavoro invece non ce l' ha può solamente lavorare gratis per 1 o 2 giorni come fosse uno sciopero bianco». Sfugge chi sarebbe danneggiato dall' iniziativa, ma tant' è.
I soldi, poi, «non sono serviti solo per pagare il mio lavoro ma anche tante altre cose: tre persone che hanno lavorato alla ricerca per quattro mesi, le spese di un convegno durato due giorni che ha avuto seicento presenze, la cessione dei diritti del libro. Hanno fatturato tutto a me per semplificare le cose e bypassare la burocrazia».
Bene: velocizziamo le procedure, sbrigatività che potrebbe sembrare un omaggio alla weltanshauung (neo)liberista, ma tiremm innanz.
Il balzo nei compensi è dovuto anche al fatto che si è avvalso, come riferito dall' agenzia AdnKronos, «di appositi team di ricercatori» per le altre due analisi citate, sempre con libro a seguire perché «era una delle condizioni: non volevo che quegli studi restassero appannaggio esclusivo dei 5 stelle».
domenico de masi sabino cassese
Refrain del 2018: «Le ricerche costano. E i soldi non li ho presi tutti io: ogni volta ha collaborato per 3-4 mesi una quindicina di persone. È un prezzo normale».
Attenzione, però: il fatto che De Masi sia l' uomo che sussurra ai cinque stelle non fa di lui un pasdaran della causa grillonza.
Lui non è così, lo disegnano così, come Roger Rabbit: «Mi hanno appiccicato tale etichetta ma più volte ho ripetuto che non sono né grillino, né renziano. Sono demasiano: un socialdemocratico (aridanga) contrario alle riforme liberali».
Autonomo, ma coerente: il suo perimetro è sempre quello dell' oscuro oggetto del desiderio, la sinistra.
Anzi: La sinistra, la formazione (unione di Sinistra Italiana, Rifondazione comunista, Altra Europa per Tsipras eccetera) per cui invita a votare, dopo aver traghettato dal M5s a LeU nel 2018, alle europee del 2019.
Risultato nelle urne: 1,75% di voti, nessun eurodeputato eletto.
«È andata male», notò il Manifesto.
E lui: «Sapevo che molti delusi dei 5 stelle non avrebbero votato Pd». Sapeva.
«Quindi il mio era soprattutto un appello contro la scheda bianca».
Ecco. «Il Pd invece ha recuperato» lo punzecchiò il quotidiano comunista.
Eh, ma non basta, secondo il Nostro: il partito di Nicola Zingaretti si deve liberare dalla zavorra neoliberista, incarnata «in modo raffinato e colto da Enrico Letta, in modo industriale (?) da Carlo Calenda, in modo politico da Matteo Renzi».
«Il M5s è in crisi nera» infierì il giornale.
E De Masi: «L' avevo previsto dall' inizio che la sua alleanza con la Lega si sarebbe risolta nel trionfo di Matteo Salvini».
L' aveva previsto.
«È il leone che si mangia a poco a poco la gazzella» (l' anno prima al Corriere aveva in verità detto cose analoghe: «Salvini è di destra, più scaltro e spregiudicato, e mangerà Di Maio, che di sinistra non è», ah no?).
federico geremicca fausto bertinotti giovanni lo storto domenico de masi
Ma perché stupirsi?
I grillini, continua De Masi, denunciano «una carenza di classe dirigente, non hanno un modello politico né cultura politica. Stimo Di Maio ma non ha una base teorica e quindi dice le fesserie di Casaleggio. Solo che dette da Casaleggio padre avevano una loro fosforescenza, dette dal figlio Davide Casaleggio non hanno senso.
Dovrebbero trovare la scusa buona per rompere. Ma non lo faranno: perché quando uno va al potere non lo molla. E perché molti stanno al secondo mandato».
In effetti, la rottura fu opera del kamikaze Salvini, con la conversione a 180 gradi di Di Maio e Beppe Grillo: abbarbicati al Pd, per di più con la regia di Renzi, con a palazzo Chigi lo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che nel 2018 De Masi dipingeva come «un professore universitario neofita da un giorno all' altro catapultato al tavolo con Emmanuel Macron e Angela Merkel».
Arriviamo al 2020, et voilà: altra revisione.
fausto bertinotti domenico de masi
L' 11 settembre con il Fatto Quotidiano, house organ a trazione grillina del Conte 2 (martedì ha recensito il convegno in Senato, giovedì ha ospitato un estratto a tutta pagina dall' ultimo libro di De Masi sullo smart working), si scaglia contro gli «intellettuali di finta sinistra che hanno il tic dell' antigrillismo e che ogni giorno attaccano il governo facendo il gioco di Salvini. Quindi o sono complici della destra pre-fascista (ma come, non era una categoria superata? nda) o sono cretini».
Nientemeno.
E chi sarebbero questi reprobi? «Non solo Roberto Saviano o Massimo Giannini ma sto parlando anche di tutto il gruppo Repubblica, pagato da un padrone che si chiama Fca. Essere di sinistra significa stare dalla parte degli ultimi e non da quella dei potenti».
Uno tsunami, De Masi, che scortica tutti coloro che sono di destra ma «si autodefiniscono di sinistra, ingenerando confusione».
Se poi se ne accorgono, e continuano, allora «sono degli imbroglioni. Pensano che il loro problema sia il M5s: un preconcetto che è anche una spocchia antropologica. Il confronto con i 5 Stelle, che ritengono inferiori a loro, li fa sentire intellettuali di alto livello».
Ma scusi, De Masi, è andato avanti lei a ripetere che il M5s non aveva personale politico adeguato né competente, senza una visione di valore, che si aspettava?
Aspettava di licenziare la ricerca che fotografa la «cultura politica» del M5s, quella di cui, secondo il sociologo annata 2019, era totalmente carente.
«Non sono un paraguru» si è auto assolto una volta De Masi.
Allora definiamolo un qualificato sociologo «situazionista».
Nel senso, sia detto simpaticamente alla buona: della situazione sua.
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