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Tommaso Ciriaco per la Repubblica
MICHELE EMILIANO E MATTEO RENZI
Spira forte la corrente del Sud. È quella dei governatori meridionali del Pd, una squadra di fatto sempre più distante da Matteo Renzi. Si sentono, si cercano, si danno una mano per affrontare i nodi amministrativi più spinosi. Già in passato provarono a coordinarsi. E non è escluso che ci riprovino in futuro, magari con un documento comune: «Un nostro testo? Guardi che noi – sussurra Michele Emiliano, dopo un’audizione in commissione Bilancio a Montecitorio - più volte abbiamo pensato di lavorare assieme. Il problema è che il segretario, che era anche premier, non ce l’ha consentito».
VINCENZO DE LUCA - MATTEO RENZI
Li stoppò Renzi, appunto, soffocando sul nascere questo “partito nel partito”. Domani però chissà: «C’è già la raccolta firme per sostenere Emiliano al congresso o alle primarie per la premiership...», scherza ma non troppo il pugliese Francesco Boccia. Non è ancora un’opa ostile per scalare il Pd, ma sarà difficile governare il partito senza allearsi con loro. Perché, sotto Roma, il Pd sono loro.
Hanno ripreso a sentirsi. Che sia per discutere dei lavori della Bari-Napoli, oppure per la gestione dell’acqua comune, o per fare il punto sull’agenda ambientale, giocano ripetutamente di sponda. Emiliano, ad esempio, è in contatto con tutti: con il sindaco di Napoli Luigi De Magistris e, dopo mesi di gelo, anche con il governatore campano Vincenzo De Luca. Della rete fa parte il lucano Marcello Pittella, però amico anche di Renzi. E prova a rientrare in gioco anche il siciliano Rosario Crocetta. Il calabrese Mario Oliverio, poi, non si è mai nascosto: «Non si tratta di un gioco di correnti, ma di mettere al primo posto il Sud e la Calabria».
MICHELE EMILIANO E MATTEO RENZI
Il più aggressivo verso l’ex premier resta comunque Emiliano. Da tempo accarezza l’idea di una “discesa in campo”, per adesso sceglie la pretattica: «C’è un lavorio dei renziani - ironizza - per farmi fare il congresso per forza...». Nel partito l’aria è quella che è. E certo il progetto di affidare l’organizzazione al reggiano Andrea Rossi – amico di Luca Lotti non aiuta. A molti, in realtà, è sembrato il segnale più chiaro di una strategia temuta da tempo: blindare l’asse tosco-emiliano e costruire lungo quella dorsale la prima risposta alla corrente dei governatori.
Proprio al Sud, d’altra parte, il vento grillino ha mostrato la sua forza in occasione del referendum, mentre la popolarità del segretario è giù di tono. Al Nazareno, non a caso, si ragiona proprio di riscossa. Un piano al quale Renzi lavora da settimane. Ieri, di fronte ai segretari regionali, ha aggiunto un tassello: da febbraio tre pullman gireranno l’Italia a tappeto, toccando i centri «dell’eccellenza e del disagio».
A volte monterà a bordo anche il leader, per il resto saranno i giovani a condurre il bus. «Il Pd deve uscire dal palazzo - il progetto del segretario - andare tra la gente». E quando uno dei coordinatori meridionali non mostra di aver capito - dilungandosi sui disguidi dem sul territorio - il premier lo stronca: «Occupiamoci dei problemi dei cittadini, oggi. Dei nostri parleremo un’altra volta». Magari affidandosi a un questionario che sarà presto distribuito in tutti i circoli dem.
In fondo, la sfida congressuale - o per la premiership, in caso di voto anticipato - è già partita. Conterà molto la nuova legge elettorale, come ammette Renzi: «Noi siamo per il Mattarellum, ma dobbiamo essere pronti a ogni scenario. Se davvero si andrà verso un impianto molto proporzionale, servirà un Pd forte». Capace, soprattutto, di contenere la concorrenza sul fianco sinistro. E sempre a Emiliano - e alla corrente del Sud - si torna.
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