DAGOREPORT – AVVISATE IL GOVERNO MELONI: I GRANDI FONDI INTERNAZIONALI SONO SULLA SOGLIA PER USCIRE…
Giorgio Meletti per il “Fatto quotidiano”
matteo salvini e virginia raggi 12
Quella di Matteo Salvini è una vera e propria campagna acquisti, indirizzata a 360 gradi verso tutti i cosiddetti poteri forti, deboli o calanti che siano. Così quando Il Messaggero, quotidiano leader della Capitale controllato dall' Ottavo Re di Roma Francesco Gaetano Caltagirone, intima lo sfratto alla sindaca Virginia Raggi nel terzo anniversario della sua plebiscitaria elezione, il ministro dell' Interno lo prende per un assist: "Siamo pronti a presentare un programma alternativo per Roma. La città merita di più".
In base a una logica un po' semplificata, Salvini sembra convinto di avere già in tasca l' appoggio di Caltagirone e del suo giornale per issare il prima possibile le insegne del Carroccio sul Campidoglio.
Sarebbe una conseguenza logica della offensiva diplomatica dispiegata negli ultimi mesi in stretta (e non scontata) connessione con Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e storico ambasciatore della Lega presso il potere finanziario. Una strategia basata sull' esperienza di un partito che frequenta le stanze del governo (e degli amministratori delegati) da 25 anni e strapazza ogni giorno i coinquilini M5S che esperienza non ne hanno, e i risultati si vedono.
Virman Cusenza e Francesco Gaetano Caltagirone
Non conta che cosa Caltagirone possa aspettarsi dalla Lega ma che cosa Salvini pensa di poter fare per lui. Disamorato dal sempre più povero mercato degli appalti pubblici, Caltagirone continua a occupare lo sguardo di chi attraversa la Capitale con capolavori del cemento sprecato come la cittadella dello sport incompiuta, meglio nota come "vele di Calatrava" o con i cantieri della Metro C che procedono con lentezza inversamente proporzionale all' aumento dei costi. E così Salvini è convinto di essersi conquistato un occhio di riguardo per la strenua lotta a favore del partito del cemento con cui fa venire ogni giorno nuovi attacchi di itterizia agli alleati M5S .
Non solo. Da mesi la Cassa Depositi e Prestiti sta architettando il salvataggio con denaro pubblico delle maggiori imprese di costruzioni italiane, tutte più o meno scassate, e nella lista dei feriti da soccorrere ha cominciato a entrare in modo insistente la Vianini di Caltagirone. Sarà solo una coincidenza, ma il nome Vianini ha cominciato a circolare con più insistenza quando i sentimenti dei vertici Cdp, nominati un anno fa come espressione del M5S , hanno cominciato a seguire l' onda nazionale e a prediligere come riferimento politico Salvini e Giorgetti.
E vuoi fare il nuovo Iri del mattone tenendo fuori dall' affare Caltagirone? No, e infatti pare sia stato il 76enne palazzinaro poi trasformato in finanziere a dire "no grazie". Ma non importa, l' offensiva di Salvini & Giorgetti va avanti. Hanno deciso di piazzare l' economista Giulio Sapelli, nel maggio 2018 candidato per una notte alla presidenza del Consiglio, alla pur sempre interessante presidenza della Banca popolare di Bari, battezzata dalla Banca d' Italia come polo aggregatore delle popolari del Sud.
Il governatore Ignazio Visco, dopo aver respinto il tentativo di Luigi Di Maio di condizionare le nomine per il Direttorio di Palazzo Koch, non sembra intenzionato a ostacolare Sapelli e quindi la strategia della Lega di conquistare posizioni nel potere finanziario del Mezzogiorno. Un segnale negativo per Di Maio, costretto a misurare anche nel caso di Bari il rovesciamento dei rapporti di forza all' interno della coalizione giallo-verde.
giancarlo giorgetti matteo salvini
Alla Rai lo smottamento è quotidiano. Le cronache di questi giorni riferiscono che il M5S si è unito al Pd nell' attacco al presidente Marcello Foa (in quota Lega), e il risultato è stato, a quanto pare, un avvicinamento alla Lega dell' amministratore delegato Fabrizio Salini, scelto dai pentastellati. Il quale già aveva dato un segnale inequivocabile benedicendo la designazione alla guida di Uno Mattina Estate del biografo di Salvini Roberto Poletti, giornalista di Rete4 in grado di fare ciò che nessuno dei 1600 giornalisti già stipendiati dalla Rai potrebbe. Il che da un certo punto di vista è probabilmente vero.
Ma il vero capolavoro di Salvini & Giorgetti sta avvenendo con l' Eni. L' amministratore delegato Claudio Descalzi è nei guai da tempo perché continua a guidare la maggiore azienda pubblica italiana pur essendo imputato in un complicato processo per corruzione internazionale per la famosa tangente da oltre un miliardo pagata in Nigeria, secondo l' accusa, per aggiudicarsi l' importante giacimento petrolifero Opl 245. Nominato nel 2014 da Matteo Renzi, Descalzi è stato indagato sei mesi dopo e difeso dallo stesso Renzi. Nel 2017 Paolo Gentiloni lo ha confermato.
Quando c' è stato il cambio di governo all' Eni si è diffuso un po' di panico, anche perché nel frattempo è esploso lo scandalo nello scandalo, l' inchiesta milanese sul presunto depistaggio orchestrato dall' avvocato dell' Eni Piero Amara (arrestato) attraverso il pm di Siracusa Giancarlo Longo (arrestato). Amara ha indicato il braccio destro di Descalzi, Claudio Granata, come colui che gli dava gli ordini. Come ha riferito in dettaglio Lettera43, Granata ha gestito l' arrocco verso la Lega.
Da mesi i rumors di palazzo attribuiscono a Salvini il diktat: "Descalzi non si tocca". Ieri la notizia dell' assunzione come dirigente dell' Eni del giornalista Mario Sechi, con il compito di tessere rapporti con il mondo politico.
La tela di Salvini diventa sempre più fitta.
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