DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Francesco Grignetti per “la Stampa”
I magistrati di Taranto sono il convitato di pietra di ogni tavolo tecnico e politico sull' ex Ilva. Buona parte della lettera con cui ArcelorMittal ha sbattuto la porta, riguarda aspetti giudiziari. Dallo «scudo penale» che un momento c'è e subito dopo no, all' ordine di spegnimento da parte del tribunale dell' altoforno 2 se i lavori di adeguamento non saranno terminati entro il 13 dicembre (e già si sa che è impossibile), al conseguente spegnimento degli altiforni 1 e 4 perché «ragionevolmente andrebbero estese le stesse prescrizioni», fino al parziale sequestro del molo 4 per lo scarico di materiali grezzi. È comprensibile, allora, che il premier Giuseppe Conte abbia voluto parlare direttamente e riservatamente con i magistrati tarantini.
L' incontro con il procuratore capo Carlo Maria Capristo e l'aggiunto Maurizio Carbone si è tenuto in prefettura, a Taranto, l' 8 novembre scorso. È emerso subito che la questione dello «scudo penale» è molto diversa da come viene raccontata. Intanto perché esiste già. Non solo per via dell' articolo 51 del codice penale («L' esercizio di un diritto o l' adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità»), ma perché ne funziona uno apposito per Taranto, previsto dal decreto Salva-Ilva del 2015.
La formulazione di quello scudo, come è stato spiegato al presidente del Consiglio, è esplicita. «Le condotte poste in essere in attuazione del Piano di cui al periodo precedente - recita - non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del Commissario Straordinario, dell' affittuario o acquirente e dei soggetti da questi funzionalmente delegati, in quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell' incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro».
Secondo la procura, pur scontando una forte delusione perché gli anni passano veloci e la bonifica ambientale invece marcia lentissima, questa formulazione era accettabile e rispetta la Costituzione. In quel decreto era altresì previsto che questo scudo sarebbe decaduto nel settembre del 2019, ma perché a quella data era previsto che si sarebbero conclusi i lavori all' altoforno. Tra l' altro, siccome i lavori sono onere e responsabilità dei tre commissari straordinari (nominati dal governo, pagano i lavori con fondi confiscati dalla procura di Milano ai vecchi proprietari, i Riva) e non di ArcelorMittal, il problema ai privati dovrebbe interessare ben poco.
E allora che cosa succederà? Facile: i commissari hanno già fatto sapere che presenteranno un' istanza al tribunale per avere più tempo. Qualcuno parla di un mese. ArcelorMittal nella sua lettera accenna a comunicazioni dei commissari che avrebbero bisogno di un anno. La procura a quel punto dovrà dare un parere. Poi si andrà davanti al giudice e, se del caso, davanti al Riesame.
Tutto lascia pensare che la scadenza del 13 dicembre sarà spostata in avanti. E anche il vecchio scudo penale previsto dal Salva-Ilva per i commissari straordinari continuerà a funzionare. Addirittura, come la procura di Taranto ha segnalato al Parlamento con un suo parere, la formulazione del vecchio scudo è più estensiva di come sarebbe stata con il nuovo. Quello che poi è stato cancellato a furor di parlamentari pugliesi.
Smontata la presunta spada di Damocle giudiziaria, restano sul tavolo i motivi economici della rescissione. Ovvero la congiuntura sfavorevole dell' acciaio. Ed è più chiaro perché Conte nell' intervista al Fatto quotidiano dica del fatidico scudo penale: «Anche solo continuare a parlarne ci indebolisce nella battaglia legale, alimenta inutili polemiche e ributta la palla dal campo di Mittal a quella del governo».
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