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PER UNA MEZZA CONCESSIONE (UN VAGO IMPEGNO A INCONTRARE L’UE A ROMA), TRUMP IMPONE MOLTI DIKTAT A GIORGIA MELONI – NEL COMUNICATO DEL VERTICE ALLA CASA BIANCA, IL TYCOON FA CAPIRE ALLA DUCETTA CHE LA “SPECIAL RELATIONSHIP” HA UN COSTO DA PAGARE: L’ITALIA DEVE SGANCIARSI DALLA CINA E RIDURRE L’INFLUENZA DEI COLOSSI TECNOLOGICI COME HUAWEI; DEVE DEPORRE I PIANI DI UNA WEBTAX CONTRO I BIG DELLA SILICON VALLEY; DEVE COMPRARE GLI F-35 AMERICANI INVECE DI SVILUPPARE I CACCIA DI NUOVA GENERAZIONE CON GRAN BRETAGNA E GIAPPONE; DEVE APRIRE LE PORTE A STARLINK DI ELON MUSK E AUMENTARE LE IMPORTAZIONI DI GAS NATURALE DAGLI USA FINO A 10 MILIARDI DI METRI CUBI (CHE ALTRO, UNA FETTINA DI CULO PANATA?)
Estratto dell’articolo di Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
INCONTRO TRA GIORGIA MELONI E DONALD TRUMP - MEME BY 50 SFUMATURE DI CATTIVERIA
Gli Stati Uniti «valuteranno» se partecipare a Roma a un incontro con l’Europa. È un punto politico incassato da Giorgia Meloni. Se si entra nel merito dei dossier sul tavolo del bilaterale, però, il bilancio si complica. Scavando dietro le quinte del vertice, si tocca con mano l’enorme pressione esercitata dal tycoon. Gli indizi sono disseminati nel comunicato congiunto finale. Godere di una «relazione speciale» ha un prezzo. E questo prezzo viene reclamato sulla web tax, il gas liquido, Starlink. E sulla Cina, che i repubblicani considerano il rivale sistemico da combattere.
Giovedì, attorno a mezzogiorno e mezza (orario di Washington): si chiudono le porte del salone della Casa Bianca. Trump scorre il menu del pranzo, poi esprime a Meloni questo concetto: «Devi capire una cosa, a noi l’Europa non piace». Il segnale è chiaro: con noi o contro di noi. […] a Roma viene chiesto di collaborare su punti cruciali, indipendentemente dalle regole continentali. Semmai, rompendo il fronte comune europeo.
Su cosa si esercita la pressione americana, dunque? Uno dei pallini (a dire il vero bipartisan) è quello della web tax. Ecco perché nel comunicato si mette nero su bianco un impegno che la premier avrà difficoltà a rispettare: «Abbiamo concordato sulla necessità di un ambiente non discriminatorio in termini di tassazione dei servizi digitali». Difficile per Meloni, in realtà, fare passi indietro sulla tassa ai colossi del web. Al massimo, Roma potrebbe limare la “porzione italiana” della tassazione digitale, contravvenendo però alle posizioni pubbliche assunte negli ultimi anni.
Ma è la Cina l’assillo dell’amministrazione Trump. C’è un richiamo pesante, nel comunicato: «Riconosciamo la necessità di proteggere le nostre infrastrutture e tecnologie critiche e sensibili, motivo per cui ci impegniamo a utilizzare solo fornitori affidabili in queste reti. Non esiste fiducia più grande della nostra alleanza strategica, motivo per cui non può esserci discriminazione tra fornitori statunitensi e italiani».
È un passaggio che condensa vari avvertimenti. Il primo: Roma riduca l’influenza dei colossi tecnologici cinesi, a partire da Huawei. Non solo con il golden power, ma anche evitando di equiparare le norme protezionistiche ai Paesi extra Ue: distinguere, insomma, tra Pechino e Washington.
È un capitolo che si interseca con quello della difesa. L’Italia è impegnata nel progetto per i caccia di nuova generazione con Gran Bretagna e Giappone, mentre gli Stati Uniti devono vendere i loro F-35. Il pressing Usa prova a rallentare il patto trilaterale, oppure a immaginare forme di collaborazione […]
Difesa vuol dire anche premere su Meloni su spazio e satelliti. Qui la faccenda si fa più complessa. Ai progetti spaziali americani per le missioni su Marte l’Italia collaborerà […] con «tecnologia spaziale». Ma è evidente che conta soprattutto il dilemma attorno a Starlink. La Casa Bianca considera Roma l’anello debole della resistenza europea a Space X. E prova a sfilarla dal progetto continentale alternativo ad Elon Musk (che la premier incontra a margine del colloquio). Ancora la “fiducia” tra alleati, che significa: con noi, o contro di noi. E soprattutto: assieme, contro la Cina.
Ma non è tutto. A porte chiuse, gli americani bocciano il partenariato Roma-Pechino, siglato da Meloni per superare la Via della Seta. È la linea del prossimo ambasciatore americano in Italia, Tilman Fertitta, che partecipa al vertice. Semmai, è l’invito, bisogna concentrarsi su un progetto alternativo, richiamato nel comunicato finale: la Via del Cotone.
«Lavoreremo insieme per sviluppare il corridoio economico India-Medio oriente-Europa, collegando i partner tramite porti, ferrovie e cavi sottomarini». È il mondo che ha in mente Trump, senza cinesi e con una bussola: gli accordi di Abramo. Infrastrutture e porti: un richiamo cruciale. Ferrovie potrebbe essere della partita, nel prossimo futuro. Ma pesa soprattutto la promessa di espandere l’impegno di Fincantieri in America. Il colosso italiano ha già interessi a Marinette, in Wisconsin, con enormi commesse per navi da guerra, e in Florida. Trump vuole rafforzare anche la flotta commerciale.
[…] E poi c’è il gas. È un altro dei dossier su cui Trump batte cassa con Roma. L’impegno è quello di «aumentare le esportazioni di gas naturale liquefatto Usa verso l’Italia» fino a 10 miliardi di metri cubi.
SATELLITI STARLINK IN ORBITA SULL EUROPA
GLI AFFARI DI ELON MUSK IN ITALIA
GIORGIA MELONI CON DONALD TRUMP NELLO STUDIO OVALE
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