DAGOREPORT – DA DOVE SPUNTA IL NOME DI SANDRO PAPPALARDO COME PRESIDENTE DELLA NUOVA ITA “TEDESCA”…
Laura Cesaretti per "il Giornale"
La partita dei sottosegretari prevede ufficialmente un disarmo bilaterale dei partiti a favore di «tecnici», al massimo «di area». Ma ieri, dentro il Pd (come peraltro nel Pdl o nell'Udc) eratutto un rincorrersi di voci, pettegolezzi e sospetti. «D'Alema vuole Antonio Bargone», assicuravano gli antidalemiani, evocando l'ex sottosegretario brindisino che l'attuale presidente Copasir aveva affiancato a Di Pietro ai Lavori pubblici nel governo Prodi, e che recentemente è stato nominato commissario straordinario per l'autostrada Tirrenica: più tecnico di così.
«Veltroni candida Luca Petrucci», giuravano i nemici di Walter, riferendosi all'avvocato romano (difensore tra l'altro di Piero Marrazzo) che l'allora sindaco di Roma nominò presidente dello Iacp, l'Istituto case popolari. Non a caso Emma Bonino, radicale eletta nelle liste del Pd, ma grande amica di Monti di cui è stata collega alla Commissione Ue, ieri è sbottata: «Pd e Pdl, che non hanno voluto per veti contrapposti mettere la faccia sul governo Monti ora invece di tacere interferiscono su viceministri e sottosegretari: è una cosa irresponsabile».
I veti contrapposti cui fa riferimento la Bonino non sono solo quelli tra centrosinistra e centrodestra, ma anche quelli tutti interni ai partiti: nel Pd, ad esempio, racconta un parlamentare, «si è scatenata nelle settimane scorse una silenziosa guerra che ha portato gli aspiranti ministri, D'Alema come Veltroni come Letta, ad elidersi a vicenda: il veto del Pd a Gianni Letta, ad esempio, serviva contro il nipote più che contro lo zio».
Ma comunque si concluda la vicenda della composizione del nuovo esecutivo, saranno le misure che il governo Monti prenderà la vera prova per la tenuta degli attuali schieramenti. A cominciare dal centrosinistra. L'operazione Monti, assicura un esponente veltroniano, «è stata avallata da Napolitano anche per aprire un solco tra il Pd e gli alleati di Vasto, Di Pietro e Vendola: era chiaro a tutti che avremmo vinto le elezioni anticipate, ma poi sarebbe stato impossibile governare, tanto più in questa crisi economica drammatica».
Ora però le diverse impostazioni sulla politica economica rischiano di spaccare anche il Pd, al momento delle scelte. Bersani si assume l'arduo compito di tenere insieme le anime: «Il Pd viene sempre presentato come controverso, ma anche la Clinton e Obama non sempre la pensano allo stesso modo- dice - siamo un partito che discute, ma al momento giusto trova una posizione comune». Intanto però ieri il responsabile economico Pd, Stefano Fassina, tornava a lanciare anatemi contro la Ue e le indicazioni «deprimenti dal punto di vista intellettuale oltre che economico» del commissario Rehn, reo di insistere sulla «flessibilità del lavoro».
Un altolà a suocera (Rehn) perché nuora (Monti e Ichino) intenda. Intanto c'è chi, nella vecchia guardia post-Pci, dietro il governo Monti vede già all'orizzonte un «destino spagnolo» per il Pd. La Velina Rossa, dando voce alle preoccupazioni di numerosi parlamentari ex Ds, denunciava ieri il «vero e proprio accerchiamento» del partito da parte di una risorgente ondata post democristiana, che trova una sponda interna in «un'operazione volta perfino ad indire un nuovo congresso in cerca di un nuovo segretario».
Tecnicamente, il congresso (con relativa elezione o conferma del segretario) dovrebbe tenersi nel 2013. Ma più voci si stanno levando per anticiparlo a prima delle prossime elezioni politiche, quindi nel 2012. Con la filiera Veltroni-Letta-Franceschini, saldata dal comune impegno pro-Monti e anti-elezioni anticipate, che potrebbe- secondo i timori dell'ala ex Ds- lanciare in pista un candidato senza cromosomi di sinistra, e si torna a fare il nome di Matteo Renzi. «Ma prima di pensare a futuri segretari - dice un parlamentare - bisogna vedere se il Pd sopravviverà alla cura Monti».
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