IL SILENZIO DEGLI INSOLVENTI - PERCHÉ PECHINO, PRINCIPALE CREDITORE DEGLI STATI UNITI (1.160 MLD $ DI BOND), TACE SUL POSSIBILE DEFAULT AMERICANO? - SE WASHINGTON FALLISSE, LA CINA PERDEREBBE L’EQUIVALENTE DELL’11% DELLA RICCHEZZA PRODOTTA OGNI ANNO (10.000 MLD $), EPPURE DA PIAZZA TIENANMEN NEANCHE UNA PAROLA - PECHINO NON VUOLE MOSTRARSI DEBOLE O ASPETTA LA MORTE ECONOMICA DEL SUO ‘NEMICO’, PER DIVENTARE LA PRIMA ECONOMIA MONDIALE?...

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Tonia Mastrobuoni per La StampaTonia Mastrobuoni per La Stampa
È un mistero. Mentre Obama e Boehner continuano a darsi stoccate sull'orlo dell'abisso, la Cina tace. È diventata il vero convitato di pietra della spinosa trattativa sul debito americano. Eppure, per l'economia con i tassi di crescita più veloci al mondo, le conseguenze di un fallimento statunitense sarebbero devastanti.

Pechino è il principale creditore degli Stati Uniti: detiene 1.160 miliardi di dollari di Treasuries, il 26 per cento del totale dei bond americani custoditi all'estero, circa l'8 per cento di tutti quelli in circolazione. Per dare un'idea: se gli Usa fallissero, la Cina rischierebbe di vedere distrutto l'equivalente dell'11 per cento della ricchezza che produce ogni anno (10.000 miliardi di dollari, a parità di potere d'acquisto).

Un silenzio, quello delle autorità cinesi, tanto più strano se si pensa che di solito la reazione di Pechino ai problemi economici che provengono da Washington è immediata. Da anni lamenta la mancanza di interventi decisi per rafforzare il biglietto verde - il cui indebolimento danneggia ovviamente anche la montagna di titoli su cui è seduta la Cina.

Soltanto una settimana fa un economista del Centro di ricerca e sviluppo del Consiglio di Stato, Yu Bin, ha espresso durante un incontro con gli americani preoccupazione per le operazioni di "quantitative easing" della Federal Reserve, le iniezioni di liquidità che la banca centrale garantisce per dare ossigeno ai mercati finanziari che rischiano di deprimere ulteriormente la valuta americana.

E anche ieri l'agenzia di stampa governativa Xinhua macinava analisi sui tonfi del dollaro rispetto alle altre valute in questa ultima settimana invece di analizzare il conflitto tra Obama e i repubblicani, o, men che meno, preoccuparsi delle eventuali conseguenze di un default a stelle e strisce.

Per i cinesi, che per anni hanno letto sui giornali americani ammonimenti sui rischi connessi al fatto che Washington consentisse a un'economia rivale in crescita esponenziale l'acquisto di somme così rilevanti di Treasuries, la situazione attuale deve sembrare un gigantesco contrappasso. Dopo anni di scenari orrorifici degli americani su cosa potrebbero fare i cinesi con 1.160 miliardi dei loro bond, adesso Pechino si ritrova in casa una «trappola del dollaro». Il potenziale bazooka si è trasformato in uno zainetto da kamikaze.

Il Washington Post ha avanzato ieri qualche ipotesi su questo strano silenzio. Citando Kenneth Lieberthal, un analista della Brookings Institution, osservava che probabilmente le autorità cinesi non vogliono gettare benzina sul fuoco. Le ultime dichiarazioni ufficiali da Pechino sono del 14 luglio, quando il portavoce del ministero degli Esteri cinese Hong Lei ha espresso l'auspicio «che il governo americano adotti politiche responsabili e misure che garantiscano gli interessi degli investitori».

E di mercoledì scorso, quando un comunicato dell'amministrazione Forex ha usato parole simili per commentare la crisi dei conti pubblici a Washington. Ma alla lettura dell'analista della Brookings si contrappone quella di Nicholas Lardy del Peterson Institute for International Economics, sempre raccolta dal Post : «Non vogliono ammettere pubblicamente la loro vulnerabilità».

Infine in Cina c'è chi, soprattutto nella minoranza nazionalista, confida sul fatto che l'amministrazione Usa rimborserebbe comunque i bond detenuti all'estero (circa il 47 per cento del totale). Gli Stati Uniti affonderebbero senza trascinare con sé la Cina. Che da seconda economia al mondo, con un balzo, diventerebbe prima. Senza aspettare il 2016: nel giro di una notte.

 

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