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Francesco Grignetti per "La Stampa"
Il ciclone Mose sembra fare il paio con quello Expo: due grandi opere finanziate dallo Stato, due fiori all’occhiello dell’Italia, due inchieste che scoperchiano una palude in cui nessuno si salva. I primi a lanciarsi sul caso sono i grillini: «Larghe intese in manette, - scrive Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera - Cos’altro devono fare questi partiti per non meritare più il voto dei cittadini italiani?». E non è scontata la rampogna del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della conferenza episcopale italiana: «Se comprovate, sono un’aggressione alla speranza popolare».
I partiti coinvolti sono attoniti. Il pd renziano è pronto a mollare il sindaco Orsoni. «La vecchia politica - dice Debora Serracchiani - deve strapparsi di dosso i suoi sporchi costumi». Ancor più tranchant è Alessandra Moretti, capolista nel Nord-Est alle ultime Europee: «E’ arrivato il tempo perché una nuova generazione di politici si prenda la responsabilità di scommettere sul futuro». O Laura Puppato, pur stupita personalmente dalle accuse a Orsoni: «È coinvolta la vecchia guardia, noi siamo il nuovo».
Alla fine, resta solo il coriaceo Piero Fassino a difendere il collega sindaco: «Chi lo conosce non può dubitare della sua onestà». Il predecessore di Orsoni Massimo Cacciari, da sempre contrario al Mose, parla di «sconquasso politico». In ambito «azzurro», un gelido silenzio accoglie il coinvolgimento di Giancarlo Galan.
«Chiederò - dice - di essere ascoltato il prima possibile con la certezza di poter fornire prove inoppugnabili della mia estraneità. Le accuse si appalesano del tutto generiche e inverosimili». Anche nella nuova Fi non si sperticano nella difesa: «Se qualcuno ha rubato - distilla Giovanni Toti - la magistratura faccia serenamente il suo lavoro fino in fondo, e speriamo che ripulisca l’ambiente il più possibile.
Vale per il Mose e ancor più per l’Expo». Ma siccome si tratta di due operazioni con grande visibilità nel mondo «spero che la magistratura abbia ponderato bene» in quanto «queste operazioni minano quasi la nostra credibilità di sistema Paese in un momento già difficile».
In ambiente di governo è forte la preoccupazione che venga giù l’intero castello di carte. Così il ministro Maurizio Lupi: «La corruzione va combattuta fortemente e contemporaneamente però vanno realizzate le grandi opere, perché non si tolga anche la speranza che l’Italia possa tornare ad essere un grande Paese». Angelino Alfano torna su una vecchia polemica: «Si tratta di arresti che, per i partiti che li hanno subiti, hanno avuto il privilegio di essere arrivati dopo le elezioni».
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