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DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
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Il più rapido perdente tra i predestinati degli ultimi anni si chiama Pierluigi Bersani. Ha vinto le Primarie mettendo l'apparato del partito a difesa della "casa" e si è accorto in fatale ritardo che la stessa, brucia. Il giorno chiave è il venti dicembre. La città , Roma. Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini sul palco. L'ennesima rinascita della nuova Dc. Il grande centro che corre verso le elezioni. in visita "attiva", grande sorpresa di giornata, Mario Monti in spirito e magari-perché no? (ecco il regalo di Natale) in videomessaggio.
Tramontata l'idea di farsi il proprio movimento, Monti accetterà un passaggio. Il progetto, chiarissimo, quello di arrivare alle vicine elezioni con un 12-13 per cento e Monti candidato premier in veste taumaturgica. Lo hanno pressato. Lo hanno chiamato a rapporto e alla fine - l'uomo ha il difetto della vanità - persuaso ad accettare. Gesto inutile se visto in esclusivamente in ottica matematica. Ma decisivo per orientare il futuro prossimo di un Bersani che ha avuto il torto di non "blindare" l'eterno centro di Casini e ora rimasto con Vendola, vede lo spettro della gioiosa macchina da guerra.
Occhetto trascorre i sabati ad Ansedonia. Bersani osserva un Crozza ormai confuso con l'originale e nella pause di tempo, preoccupato, parla a se stesso e ai suoi rivali di domani (Renzi, ma non solo). Vorrebbe mostrarsi forte e deciso, ma sfoggia debolezza: "Il leader rimango io". Più lo grida, più riafferma la paura dell'errore compiuto.
Per intuire che Casini puntava a inglobare Monti sarebbe bastata un po' di lungimiranza. Non c'è stata e ora, con Berlusconi incattivito in veste di scheggia impazzita, la Lega tornata nell'alveo del '94 nonostante i dubbi tattici di Zaia: "Non mi risultano alleanze", Grillo in calo ma pur sempre in zona 15% e il nuovo partitone di centro con il padre nobile a benedire nel nome dello spread, i problemi sono tutti del Pd.
Debole in vista della tornata elettorale, patetico nell'avvertimento a Monti: "Sarebbe meglio se rimanesse fuori dalla contesa" e improvvisamente debolissimo anche nella partita quirinalizia. Prodi sognava di poter contare su un sostegno forte, ma ancora una volta (la storia è trentennale) sulla sua strada, a oscurarne i piani, troverà Monti.
Accadeva già ai tempi in cui il professore di Bologna presiedeva una Commissione Europea in cui il bocconiano, brillantemente, ne metteva in ombra ruolo e limiti. Prodi si vendicò mettendo il veto su Monti all'economia, questa volta non ne avrà la forza. Così il Pd legato dalle proprie contraddizioni è in evidente crisi ancor prima di aver dato il via alla campagna elettorale, ma è in assoluto ancora favorito.
Gioca però a un tavolo truccato, il cui premio è una vittoria che in realtà nessuno vuole davvero conseguire. Si farà festa, si sbandiererà il cambiamento e poi, si aspetterà puntuale l'agguato. Magari sui temi etici come già accaduto con le 35 ore. La variabile Monti ha sorpreso tutti quelli che avevano sottovalutato la prossima campagna di "Italia Futura", ricca di denaro per i tanti imprenditori disposti a finanziarla (Della Valle in primis), ma povera di volti che a un pubblico con una certa idea di Italia potessero rivolgersi.
Monti incarna alla perfezione il profilo richiesto. Basta manifestare a distanza dalle pizzerie. Dai napoletani incazzati che del "partito dei carini" non sanno cosa farsene. Non sarà un problema. Dopo un ventennio di plastica, la pubblicistica è ampia. E Berlusconi (se si impegnano a fondo lo fanno rivincere) promette di dare il peggio a breve. Il 20 dicembre, Santa Claus arriverà in anticipo e dormirà all'hotel Bilderberg. Vecchia Dc, imprenditoria, alte sfere in benedicente osservazione. Italia futura che sa di passato.
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