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DAGOREPORT - SE IN FORZA ITALIA IL MALCONTENTO SI TAGLIA A FETTE, L’IRRITAZIONE DI MARINA E PIER…
Dagonota
Qualcuno informi Renzi che i suoi nemici (e sono tanti) stanno già pensando al Piano B. E che danno per scontato che perderà il referendum costituzionale.
Al momento, sono conciliaboli fra pochi. Ma lo stesso premier cazzone ha capito che qualcosa bolle in pentola, e per togliere le armi ai congiurati si è cucito la boccuccia: pensa così di evitare di dar loro scuse ed argomenti per attaccarlo.
La Mummia del Quirinale osserva tutto dall'alto. Con l’informale uscita sui Pokemon, Mattarella ha preso le distanze da Renzi, liquidato come un ragazzino a caccia di pupazzi (alcuni piazzati proprio sotto il Torrino).
Non solo non lo copre più. Ma nei colloqui riservati si è lamentato più d'una volta dell'atteggiamento del predecessore. Napolitano, vera “mamma” di Renzi a Palazzo Chigi. L'Emerito prima era sceso palesemente in campo a favore del "si" al referendum; poi, visto i sondaggi negativi, si è ritirato, invitando Matteuccio a non personalizzare troppo la consultazione.
Per Mattarella, King George si starebbe comportando come un capo partito; mentre dovrebbe assumere un atteggiamento super partes da senatore a vita: ed evitare di teleguidare pubblicamente Matteo.
Renzi, però, continua a ripetere che in caso di vittoria del "no" si dimette; facendo, così, incazzare sia Mattarella sia Napolitano. Ed il suo entourage fa capire che qualora si dovesse realizzare la disgraziata ipotesi, a Palazzo Chigi potrebbe arrivare lo smontezemolato Carlo Calenda.
Per i "Mandrake" di Renzi sarebbe la soluzione giusta per soddisfare le brame dei Poteri Marci e continuare a gestire il governo. In compenso, sarebbe una pessima notizia per Piazza Montegrappa. A Calenda sarebbe arrivata l'informazione che i suoi "desiderata" vengono regolarmente disattesi da Leonardo-Finmeccanica: gli uomini di Moretti fanno finta di seguire le indicazioni, ma poi non fanno nulla.
E se Carletto dovesse arrivare a Palazzo Chigi per un eventuale dopo-Renzi spetterebbe a lui fare le nomine delle società partecipate nella prossima primavera. Ipotesi funesta per i commessi di Finmeccanica.
Il nome di Calenda, poi, potrebbe addolcire il comportamento dei Poteri forti (che in Italia non esistono più - come ebbe a dire un consigliere di Ciampi - ma all'estero, si) nei confronti di Palazzo Chigi.
Renzi non è ancora sicuro se giocarsela o meno in chiave populista, ma è difficile restare al governo quando si ha (o si potrebbe avere) contro tutta la galassia Bollorè. Vale a dire, Mediobanca, Generali, Unicredit. E, forse, anche Corriere. Il ruolo di Masaniello alla De Magistris non gli si addice, ma la tentazione di denunciare un "gomblotto" contro lui l'avrebbe sfiorato.
Paradossalmente, l'alleato più Fedele è proprio Mediaset. Ma per quanto?
Almeno finquando a Stefano Parisi non riuscirà la ricomposizione del centrodestra, su mandato di Berlusconi. I segnali non mancano. La puerpera Giorgia Meloni si sta gradualmente allontanando dal trashismo di Matteo Salvini: la scusa è la bambola della Boldrini sul palco; in realtà, ha nasato l'aria che tira.
VINCENT BOLLORE ARNAUD DE PUYFONTAINE
Per non parlare di Bossi e Maroni. Sia il vecchio leader della Lega sia l'ala governativa dei celoduristi vogliono far fuori il gaffeur Salvini. E bloccare l'abbraccio lepenista dei lumbard. Nelle valli orobiche non parlano francese, ma capiscono bene i benefici che possono arrivare dalla promessa federalista: manifesto di Bossi e Maroni.
Difficilmente il "generale agosto" riuscirà a sopire "il rullar di tamburi" intorno a Renzi. E solo sabato mattina si saprà se nell'elenco dei congiurati si potrà iscrivere di diritto anche Piercarlo Padoan. Vale a dire, dopo il risultato sugli "stress test" sul Monte Paschi; e che tipo di soluzione verrà individuata per salvare Siena. Ma questa scena ha un altro osservatore dall'alto: Mario Draghi, quantomai attento anche a quel che succede a valle del suo appartamento dei Parioli.
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