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Mattia Feltri per "la Stampa"
Senatore Bondi, che pensa della sfida fra Renato Brunetta e Fabio Fazio?
«Tutta questa vicenda dei compensi televisivi è tipicamente italiana e partecipa a un certo imbarbarimento della vita civile, di cui io stesso sono stato vittima. Un imbarbarimento che consiste nel travolgere le singole persone piuttosto che affrontare la natura vera dei problemi senza pregiudizi, da ogni parte beninteso».
Sta dicendo che attaccare Fazio significa personalizzare e quindi imbarbarire?
«Dico semplicemente che personalizzare e prendere a bersaglio una persona, come è accaduto a me con Pompei, è un imbarbarimento della vita civile».
Si rende conto che il suo dissenso da Brunetta sarà visto come parte della strategia per togliergli l'incarico di capogruppo?
«Vede che personalizza anche lei? Renato mi conosce e sa quanto lo stimi e gli sia amico. Francamente non mi risulta che Alfano lo voglia sostituire né credo alle notizie dei giornali secondo le quali lo stesso Alfano mi consideri alla stregua di un pericoloso estremista incompatibile con le sue idee politiche. La mia opinione, comunque, è che Renato sia il miglior capogruppo possibile».
Torniamo a noi: sarà imbarbarimento, ma Brunetta ha fatto centro.
«Brunetta è una persona seria e pone problemi seri, che riguardano le regole di trasparenza della radiotelevisione pubblica. E le sue prese di posizione hanno colto nel segno perché un certo mondo, che si riconosce nella sinistra, ha creduto di essere al di sopra di qualunque critica».
A proposito di sinistra: lì sostengono che Brunetta abbia fatto un favore a Mediaset.
«Ma figuriamoci. Anzi, forse Mediaset avrebbe preferito che la polemica non ci fosse».
E del problema in sé - i compensi - che dice?
«La Rai continua ad avere seri problemi finanziari e si sostiene attraverso il canone dei cittadini. Dovrebbe ricordarsi di avere una funzione pubblica soprattutto in momenti di crisi come quello attuale».
Propone un tetto agli ingaggi?
«Sarebbe un errore annullare completamente quanto resta del libero mercato. Credo però che un'azienda, soprattutto se pubblica, debba comprendere quale sia la propria missione e comportarsi di conseguenza. Ma vale per tutti, per le società di calcio, per le banche. Certi compensi sono assurdi e diseducativi: una riduzione è auspicabile ma potrà venire solo dalle società e dagli istituti e non imposto dall'esterno».
Quindi anche la Rai deve decidere autonomamente una limitazione?
«Sì, e mi sembra che la presidente Anna Maria Tarantola e il direttore Luigi Gubitosi abbiano espresso la volontà di non inseguire le tv commerciali, nonostante esistano artisti e giornalisti che conducono trasmissioni di indubbio successo di pubblico che ripagano ampiamente i cachet».
A proposito, senatore: è un po' che non la vediamo nei talk. Come mai?
«Da tempo ho fatto una scelta precisa: di non partecipare più ad alcuna trasmissione di approfondimento politico. I talk show sono fra le cause principali della crescente sfiducia nella politica: sono arene di combattimenti, di scontri furibondi e di schiamazzi che hanno contribuito a far perdere qualsiasi autorevolezza alla politica».
Quali sono i talk più colpevoli?
«Ma no, è la natura stessa del contenitore che conduce allo svilimento. Se un politico vuole preservare una funzione che sia rispettata deve rifiutarsi di fare il burattino o la comparsa».
Qual è il suo ricordo peggiore?
«Gli episodi sono davvero tanti, e poi qualche volta la mia timidezza mi ha trasformato in una sorta di non convinto gladiatore».
Oddio, senatore: timido ma spesso aggressivo.
«Quando lo sono stato, dentro di me mi sono vergognato».
Ma ci sarà qualche conduttore che apprezza.
«Apprezzo Fazio, Paolo Del Debbio, Enrico Mentana e Nicola Porro. Ma non c'è niente da fare, i talk mi danno un sentimento di ripulsa».
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