DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
Giampiero Martinotti per La Repubblica
Truffa in banda organizzata: è il reato contestato a Bernard Tapie al termine di quattro giorni di fermo. In libertà vigilata, il finanziere non ha dovuto versare cauzioni. E' accusato di aver falsato l'arbitraggio che ha messo fine al suo contenzioso con il Crédit Lyonnais e che gli ha fruttato 403 milioni lordi. In sostanza, grazie all'aiuto di uno dei tre arbitri (che sarebbe stato da tempo in rapporti con lui) e agli appoggi politici, Tapie sarebbe riuscito a raggirare lo Stato, che proprio ieri ha presentato ricorso contro il verdetto, che risale al 2008.
All'uscita dell'ospedale dove è stato interrogato, a causa di qualche problema di salute, Tapie non ha fatto commenti e parlerà in tv lunedì sera: protagonista di numerose vicende giudiziarie, ha l'abitudine di battersi contro i giudici. La sua incriminazione prelude alla convocazione del braccio destro di Nicolas Sarkozy, Claude Guéant, segretario dell'Eliseo all'epoca dei fatti e poi ministro dell'Interno, che dalla presidenza della Repubblica aveva dato via libera all'arbitrato.
Anche per lui si profila un fermo e un possibile avviso di garanzia. Il caso Tapie, insomma, comincia ad avvicinarsi al mondo politico, forse più a Sarkozy che non a Christine Lagarde, direttrice dell'Fmi ed ex ministro delle Finanze. Fu lei, formalmente, a dare il via libera all'arbitrato e a rifiutare di far ricorso contro la sentenza.
Ma secondo Le Monde, gli inquirenti si sarebbero convinti che anche la Lagarde sia stata in qualche modo ingannata: la vera responsabilità spetterebbe a Stéphane Richard, suo direttore di gabinetto e oggi ceo di Orange, che avrebbe imposto l'arbitrato su indicazione dell'Eliseo.
Personaggio funambolico, Tapie divenne celebre alla fine degli anni '80 per la sua capacità ad acquistare aziende decotte e a rivenderle con sostanziosi profitti, l'abilità dialettica, le capacità istrioniche. Non a caso riuscì a sedurre anche François Mitterrand, che vide in lui niente meno che un modello di nuovo imprenditore. Il presidente socialista lo fece ministro, costringendolo a vendere le sue aziende in nome del conflitto di interessi. Tapie sapeva come adulare il potere e le masse.
Con una certa faccia tosta, il ragazzo di banlieue che interpretava canzonette era diventato una star e a Marsiglia un eroe: portò gloria, scudetti e onori all'Olympique, comprando anche qualche arbitro, il che gli costò cinque mesi di carcere. Il suo cuore batteva alternativamente a destra e a sinistra: i politici gli sono sempre serviti per fare affari. E tutti ci sono cascati, compresi Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy.
La compiacenza dei politici ha permesso a Tapie di ottenere l'arbitrato sulla vendita della Adidas, per la quale pensa di essere stato leso dalla sua banca, il Crédit Lyonnais, allora controllato dal Tesoro. Ma il verdetto, come hanno scoperto gli inquirenti, è stato scritto da uno solo dei tre arbitri, guarda caso quello scelto dall'avvocato di Tapie: Bernard Estoup, un giudice in pensione che aveva già lavorato con i legali del finanziere, cosa che aveva taciuto. Sia lui sia Richard sono già stati incriminati con lo stesso reato contestato ieri a Tapie.
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