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Antonio Pitoni per "la Stampa"
Per carità , nessuna «minaccia», come tiene a precisare il segretario del Partito democratico, Guglielmo Epifani. Ma «se qualcuno pensasse di mettere in difficoltà questo governo non è detto che alla fine di un governo corrisponda la fine di una legislatura», ha avvertito ieri a margine del Forum dei progressisti di Parigi. Destinatario implicito Silvio Berlusconi, che poche ore prima, in un'intervista al Corriere della Sera, Pierluigi Bersani aveva invece esplicitamente chiamato in causa.
«Io appoggio Letta, ma la mia idea resta realistica - spiegava l'ex candidato premier -. Stavolta, se Berlusconi stacca la spina, non si va automaticamente a votare». E se come due indizi anche due avvertimenti fanno una prova, l'idea del «governo del cambiamento», fondato sull'intesa con Sel e pezzi del Movimento 5 Stelle, che sembrava ormai archiviata delle larghe intese tenute a battesimo da Enrico Letta, torna di nuovo a farsi strada.
Sostanziata, per altro, dall'iniziativa dei «dissidenti» del M5S per dare vita ad un gruppo parlamentare autonomo. Risultato: tensioni e fibrillazioni tanto nel Pd quanto nel Pdl. Ricomposte in serata dalla precisazione dello stesso Bersani: «Noi non staccheremo mai la spina a questo governo. E' chiaro. Un ribaltone non è possibile».
Parole che stemperano il clima al termine di una giornata di polemiche che ha raggiunto l'apice della tensione proprio con l'avallo alla linea dell'ex segretario da parte di Epifani. Innescando un nuovo scontro tra le correnti del Pd che, non più tardi di ieri, intervistato dalla Stampa, Fabrizio Barca proponeva di superare esortando il partito al cambiamento: «Non può continuare a vivere come una sorta di comitato elettorale».
Con il congresso alle porte, l'uno-due Bersani-Epifani ha subito incassato la bocciatura dei renziani, che all'ex segretario hanno risposto citando le sue parole: «Dopo di me, ci sarà il Pd. E' arrivato il momento di dimostrarlo con i fatti».
Con una dichiarazione congiunta, i senatori Andrea Marcucci, Isabella De Monte, Mauro Del Barba, Nadia Ginetti e Laura Cantini, vicini al sindaco di Firenze hanno subito preso le distanze: «La sua intervista sembra andare nella direzione opposta - obiettano -. Balenare nuovamente un governo del cambiamento con i transfughi 5 stelle è una ipotesi dell'irrealtà e comunque una bordata strumentale contro chi a parole si vuole difendere, ovvero Enrico Letta».
Un'occasione per una stoccata anche sul nodo del Congresso alla vigilia della commissione del partito chiamata ad occuparsene: «Il Pd che serve al Paese non cambia le regole per contrastare Matteo Renzi». Mentre 80 esponenti vicini a Fioroni hanno sottoscritto un documento rivolto a Epifani: «Vogliamo un congresso di due giorni, sabato e domenica, con i gazebo aperti anche di notte».
Dalle posizioni dei renziani, sembrano distanti anni luce quelle della prodiana Sandra Zampa. «Il giorno in cui avvenisse di avere i numeri al Senato per fare un governo diverso, occorrerà che il Pd si fermi e si interroghi sul futuro», spiega auspicando un dialogo con i fuoriusciti dei 5 Stelle. «Se Bersani si vuole ricandidare è una notizia ma nel caso esca dall'equivoco», lo esorta invece Pippo Civati definendone «inopportuna» e in contrasto con «il migliore Bersani», quello che ha sempre detto di voler «fare girare la ruota», l'intervista al Corsera.
Nelle file del centrodestra, sceglie la via del silenzio Silvio Berlusconi. Alle prese con gli effetti e le fibrillazioni innescati dall'idea di tornare a Forza Italia, con conseguenti avvisaglie di scissioni e fuoriuscite, e ora rinfocolate dall'ipotesi di un possibile governo Pd e pezzi del M5S. A mettere insieme il puzzle della giornata ci prova allora Fabrizio Cicchitto. Sommando «la crisi in corso» all'interno dei 5 Stelle e «l'aggressiva intervista di Bersani», il risultato è chiaro: non è il centrodestra ma Bersani che «vuol far saltare il governo».
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