CAFONAL! FORZA ITALIA ''IN LIBERTÀ'' - DALLA CALABRIA, PASSANDO PER ARCORE, ARRIVA LO SFRATTO…
“SONO STATA CONSIDERATA INDIFFERENTEMENTE UN MAGISTRATO ROSSO, NERO, UNA REAZIONARIA, UNA EVERSIVA..." - LA PM TIZIANA SICILIANO VA IN PENSIONE: “L'INTERROGATORIO DI BERLUSCONI SU RUBY? CI FECE RIDERE CON UNA BATTUTA. MI GUARDO’ E DISSE, MA LO SA CHE LEI HA UN VISO MOLTO TELEVISIVO?” GLI RISPOSI: “MI STA OFFRENDO UN LAVORO?”. A QUEL PUNTO INTERVENNE SCHERZANDO IL MIO COLLEGA LUCA GAGLIO: “E IO DOTTORE?”. “NO, PERCHÉ LEI È BRUTTO” – IL MISTERO DELLA MORTE DI IMANE FADIL, LE INDAGINI SULL’URBANISTICA MILANESE, IL REFERENDUM SULLA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE E QUANDO NEL 1990 IN POCHI GIORNI FU VITTIMA DEI LADRI IN CASA, IN TRENO E IN UFFICIO…
Giuseppe Guastella per corriere.it - Estratti
Il 20 gennaio1990 il Corriere della Sera scriveva che in pochi giorni lei era stata vittima dei ladri in casa, in treno e in ufficio.
Sono passati 36 anni e sta per andare in pensione come procuratore aggiunto di Milano dopo quasi 40 anni in magistratura, Dottoressa Tiziana Siciliano se lo ricorda?
tiziana siciliano silvio berlusconi
«Mi avevano portato via tutti i gioielli da casa, poi mi avevano rubato il portafoglio in ufficio e poi, tornando treno da Roma, mi avevano addormentato con uno spray e portato via la borsa».
Un bell’impatto per un magistrato. Che sensazione ebbe?
«Un senso di impotenza. Ero pretore e mi occupavo proprio di quei reati. Per il portafogli e la bora pensai che forse era stata anche colpa mia, che ero stata un po’ incauta, per la casa fu diverso. Alla fine è stata una esperienza che mi ha fatto bene perché ha cambiato il mio modo di percepire questo genere di reati».
(…)
Il magistrato come missione?
«Non è una missione, è un lavoro che va fatto con estremo rigore, consapevolezza e spirito laico deprivato di ideologie».
Il momento più importante della sua carriera?
«Quello per il quale ho subito l’unico procedimento disciplinare. È stato il punto più alto di dignità».
Cosa successe?
«È stato un caso famoso, quello di un tassista accusato di abusi sulla sua bambina».
Era il 1998, lei sostituì un collega in udienza e, invece della condanna, chiese l’assoluzione.
«Misi in dubbio determinati protocolli che erano sempre stati applicati perché, secondo me, creavano il mostro ancora prima che se ne fosse accertata l’esistenza. Mi resi conto che ci si affidava sempre gli stessi consulenti, che spesso avevano anche un interesse economico, secondo i quali si trattava invariabilmente di violenza sessuale e i bambini dovevano sempre essere portati via dalla famiglia. Ci furono colleghi che non mi salutarono più perché avevo osato incrinare l’unità formale della Procura».
Come finì al Csm?
«Rivendicai le mie ragioni. Fui assolta».
Nella sua lunga carriera ha seguito casi di tutti i generi. Lavorò quello incredibile dell’attentato ad un chirurgo che portò all’incriminazione della vittima.
«Ero di turno, fui chiamata dalla polizia per un tentato omicidio a colpi pistola. Non c’erano testimoni, non c’erano immagini di telecamere, mettemmo sotto intercettazioni tutto il suo entourage per capire se potesse essere vittima di estorsioni. Scoprimmo che chiedeva mazzette per fare gli interventi. Fu condannato per concussione. Non si è mai capito chi gli sparò e perché. Dato che faceva degli interventi sulla sfera della sessualità, i sospetti caddero su un soggetto che era stato sottoposto al cambiamento di sesso, ma non siamo arrivati a nulla».
Guidò una serie di indagini su altre strutture sanitarie accreditate con il Ssn.
«Ad un certo punto avevamo 11 case di cura sotto inchiesta. Abbiamo arrestato e fatto condannare diverse persone per truffa ai danni dello Stato per milioni e milioni di euro incassati con i rimborsi gonfiati».
Assieme alla collega Grazia Pradella si occupò della Santa Rita di Milano, fu definita la clinica degli orrori per gli interventi inutili fatti solo per incassare i rimborsi del servizio sanitario.
«In aula ci furono le testimonianze struggenti di pazienti che avevano affidato la loro vita a un medico e si erano visti traditi».
Oggi il pool che guida sviluppa indagini a catena sull’urbanistica milanese. C’è chi dice che vi state muovendo su base ideologica.
«Guardi, sono stata considerata indifferentemente un magistrato rosso, nero, una reazionaria, una eversiva. Applico e rispetto la legge e sono devota alla Costituzione in cui trovo i principi fondanti della mia vita. Da un lato c’è l’ambito rigoroso delle leggi, che riguarda la magistratura, dall’altro c’è una discussione tra urbanisti, politici, intellettuali e cittadini su quale deve essere il modello di città. La verità è che abbiamo sollevato un coperchio».
Siete stati criticati quando sono stati annullati gli arresti.
«Uso un criterio salvavita: quando ci sono indagini di grandissimo interesse mediatico, io smetto di leggere i giornali su di esse. Immagino che ci siano stati detrattori ai limiti della dell'insulto ed estimatori al limite del fideistico. Nn vanno bene entrambe le cose».
Si sta pensando di fare una legge Milano per sanare la situazione e superare i vostri rilievi, che poi avrà ripercussioni sull’intero paese. Cosa ne pensa?
«Quando sono diventata magistrato, ho giurato di rispettare le leggi».
Ha diretto le indagini sul disastro ferroviario di Pioltello nel 2018. Tre donne morte. Avete chiesto la condanna dei vertici delle Ferrovie, ma alla fine ne avete ottenuta solo una. Una sconfitta?
«Nei processi non ci sono né vittorie né sconfitte. Ci sono le regole. Ho sentito qualche collega che ultimamente si è scusato per un’assoluzione, io mi scuserei solo se si dimostrasse che le indagini sono state fatte in malafede o con negligenze. L’assoluzione è una delle possibilità, se i processi dovessero finire sempre e solo con le condanne, allora sarebbero inutili.
(...)
Nella sua lunga carriera le sono capitati anche casi particolari come quello, triste, del furto della salma di Mike Buongiorno.
«Volevano un riscatto, ma poi la bara fu ritrovata».
A lungo si parlò della morte dello stilista Nicola Trussardi in un incidente stradale. Il fascicolo era suo.
«Perché era un personaggio famoso, morì dopo che la sua auto finì contro la cupide di un guardrail. La fabbrica dell’auto fu accusata di aver montato airbag difettosi, ma risultò che non era vero».
Purtroppo ha dovuto lavorare su tanti incidenti sul lavoro e disastri, come quello alla azienda Lamina di Milano in cui nel 2018 morirono quattro operai e il drammatico incendio alla Torre dei Moro.
«La Lamina è uno dei fatti che più mi ha turbato. Ricordo le vittime in una azienda che rispettava tutte le norme di sicurezza».
Quindi il caso Ruby per le presunte corruzioni in atti giudiziari, peraltro ancora in corso in Cassazione. Principale imputato Silvio Berlusconi, che ha interrogato.
«Ma come vittima di una estorsione da parte di una giovane donna che frequentava».
Cosa ricorda?
«Lo sentimmo in grande segretezza un venerdì o sabato pomeriggio. Essendo indagato in un procedimento connesso, parteciparono anche i suoi avvocati Niccolò Ghedini e Federico Cecconi».
Come andò?
RUBY KARIMA EL MAHROUG REGALA IL SUO LIBRO ALLA PM TIZIANA SICILIANO
«All’inizio era estremamente composto, quando capì che non eravamo dei Torquemada ma persone normali e garbate, si lasciò un po’ andare. Durò 3 o 4 ore, ad un certo punto mi guardò negli occhi e mi disse “dottoressa Siciliano, ma lo sa che lei ha un viso molto televisivo?” Gli risposi: “Mi sta offrendo un lavoro?”. A quel punto intervenne scherzando il mio collega Luca Gaglio: “E io dottore?”. “No, perché lei è brutto”, rispose Berlusconi. Ridemmo. Una persona molto intelligente e simpatica».
Parallelamente ci fu la vicenda di Imane Fadil, una ragazza che frequentava Villa san Martino e sognava di fare la giornalista. Si costituì nel processo Ruby perché si sentiva danneggiata dato che con il Cavaliere aveva avuto solo un rapporto di conoscenza. Morì durante il processo dopo aver detto di essere stata avvelenata.
«Una giovane donna, molto provata, fragilissima che si affidò completamente a noi. Ad un certo punto, disse che avrebbe detto tutto, che sapeva tante cose. Lo fece, ma noi avevamo la sensazione che non avesse detto tutto».
Ci fu il mistero dell’avvelenamento da polonio.
LA PM TIZIANA SICILIANO A SAN DONATO MILANESE DOPO L'INCIDENTE ALL'ULTRALEGGERO
«Morì in ospedale in un tempo brevissimo. Le analisi riportavano la presenza di polonio. Andava verificato tutto, dato che il Polonio è stato usato dai servizi segreti Russi per eliminare gli oppositori e che Putin era molto amico di Berlusconi. Alla fine, la presenza di polonio si rivelò un falso positivo. Imane morì di una gravissima malattia fulminante».
Il processo a Marco Cappato per il suicidio assistito di Fabiano Antoniani, DJ Fabo, è stato un momento molto intenso della sua carriera. Lei è stata pm ottenendo una fondamentale pronuncia della Corte Costituzionale che ha aperto al diritto alla morte, alla quale però non è ancora seguito un intervento del parlamento.
«Un processo carico di emozioni, come quando interrogammo in aula la madre di Dj Fabo, una signora d’una dignità meravigliosa che ha dovuto accettare, con il più grande gesto d’amore che una madre possa fare, che il figlio volesse morire perché smettesse di soffrire. Mi auguro che prima o poi il Parlamento prenda prenda atto che c’è una Corte Costituzionale».
È stata giudice e poi pubblico ministero. Crede che sia un valore aver svolto entrambe le funzioni?
«Sì. Poter vedere fatti e reati da due angolazioni diverse crea equilibrio e capacità di approfondimento migliori. Se parliamo di separazione delle carriere, poi dico che non serve modificare la Costituzione visto che da anni c’è la separazione delle funzioni che sostanzialmente impedisce il passaggio da una all’altra».
(...)
Alessandra Dolci, Tiziana Siciliano, Laura Pedio, Letizia Mannella, Fabio De Pasquale
tiziana siciliano
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