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1.I SEGRETI DEL VIMINALE NEI DOSSIER DI SCAJOLA SCORTA, AGENTI TRASFERITI
Giuseppe Baldessarro per "La Repubblica"
à iniziato il lungo lavoro degli inquirenti reggini che dovranno ispezionare i documenti sequestrati a Claudio Scajola giovedì scorso. Le operazioni sono partite poco dopo le 10 di ieri mattina alla presenza del procuratore Federico Cafiero de Raho e del sostituto della Dda Giuseppe Lombardo.
Le prime valutazioni hanno riguardato il "materiale di scrivania" dell'ex ministro accusato di aver favorito la latitanza di Amedeo Matacena, l'ex parlamentare di FI condannato a 5 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
Si tratta di appunti, agende, rubriche e documenti recenti trovati per così dire a portata di mano di Scajola contenuti complessivamente in cinque scatoloni. Caso a parte è invece quello dell'archivio "storico" del politico, composto da diverse centinaia di faldoni sequestrati in uno stanzone della villa di Imperia, di cui i magistrati reggini prenderanno visione nei prossimi giorni.
Documenti meticolosamente catalogati per argomento: Pdl, incontri e rapporti internazionali, denunce, carte riservate, Ministero dell'Interno. La vicenda il 4 giugno sarà oggetto dell'audizione al Copasir di Marco Minniti, delegato dal governo ai servizi segreti, che dovrebbe riferire sui presunti documenti di intelligence in possesso di Scajola
(che del Comitato è stato presidente).
Tra l'altro, ieri pomeriggio, il premier Matteo Renzi in visita a Reggio Calabria ha ricevuto i vertici delle forze dell'ordine e della magistratura della città da cui ha ricevuto delle relazioni scritte sulla situazione calabrese. La Questura di Imperia, intanto, ha deciso di assegnare ad altri uffici i quattro agenti di scorta di Scajola.
La polizia parla di una "normale aggregazione", anche se appare evidente che si sta valutando il comportamento dei poliziotti utilizzati dall'ex ministro per spostamenti all'estero non autorizzati. A tener banco sono poi anche i dettagli delle intercettazioni tra Scajola e Chiara Rizzo, moglie di Matacena.
Oltre al "piano" per far spostare il latitante da Dubai a Beirut, sorprende il livello confidenziale e il linguaggio utilizzato tra i due. Il 28 agosto 2013, poche ore prima dell'arresto di Matacena, la Rizzo piange al telefono e chiede a Claudio Scajola di raggiungerla immediatamente a Montecarlo.
L'ex ministro non fa una piega e si dimostra accondiscendente. A gennaio, poi, quando l'ex ministro le intima di fare «delle scelte», i due litigano ed il politico ligure le dice «senti figliola, basta balle e sotterfugi».
2. "CON UN EURODEPUTATO SI FA L'IRA DI DIO" - L'INCHIESTA ORA PUNTA SUL RICICLAGGIO
Conchita Sannino per "La Repubblica"
«à già buono che si entra». Nel business dei fondi comunitari. «I meccanismi... i finanziamenti... Cioè: uno può fare l'ira di Dio poi». à l'interesse supremo della rete ândranghetista, il progetto che torna nelle parole intercettate di un avvocato colluso: il riciclaggio.
Ed è alle movimentazioni di questo fiume di denaro, attivato dalle potenti articolazioni imprenditoriali e politiche dell'organizzazione criminale, che punta l'inchiesta di Reggio, con il suo carico di ormai cinquemila pagine tra atti d'accusa e memoriali sequestrati.
«L'organizzazione criminale ha necessità di disporre » anche «di parlamentari europei al fine di canalizzare gli enormi flussi di denaro che derivano dai contributi gestiti in sede comunitaria», focalizzano i pm nella richiesta integrativa alle misure cautelari che hanno squarciato il velo sulla rete politico-massonica-imprenditoriale ritenuta collegata alla mafia calabrese, colpendo l'ex parlamentare Pdl Amedeo Matacena, già condannato in via definitiva come pilastro "esterno" della cosca dei Rosmini e portando in carcere, con altri sette, anche l'ex ministro ligure Claudio Scajola per aver favorito la latitanza del politico e provato a farlo trasferire a Beirut.
SCAJOLA, L'ESECUTORE POLITICO
A una settimana dal blitz, sono almeno venti gli indagati eccellenti della "rete" ricostruita dal procuratore Federico Cafiero de Raho con i sostituti Giuseppe Lombardo (della distrettuale locale) e Francesco Curcio (della direzione nazionale antimafia), con i detective della Dia.
E spunta la pista del denaro da lavare. Quel denaro che in Calabria non si conta più, ma come raccontano i processi alle ândrine, si pesa. Nelle successive carte inviate al gip, la Procura - ricostruendo il legame indissolubile che lega l'ex ministro Scajola al latitante Matacena - sviluppa, sulla base di intercettazioni e legami acquisiti, la tesi che il politico in fuga «si è procurato una sorta di continuità politica individuando l'interlocutore politico destinato ad operare su sua indicazione in Scajola:
che è interessato alla candidatura per le elezioni europee come risulta dalle sue telefonate» intercettate con la moglie e con l'amica Chiara Rizzo. Non solo. La candidatura, registrano gli atti, «è stata esclusa dai vertici del partito con conseguente naufragio di tale golosa prospettiva».
"COI FONDI UE L'IRA DI DIO"
Perché golosa? Per chi? E perché la ândrangheta punterebbe con ogni mezzo ad avere rappresentanti nell'Unione? I pm partono dalle parole lapidarie, già intercettate in precedenti inchiesta, all'avvocato Paolo Romeo, già parlamentare del Msi e del Psdi, poi condannato per associazione mafiosa perché ritenuto «a disposizione della cosca dei De Stefano».
I contatti e le attività di Romeo finiscono ora di nuovo sotto accertamenti dell'antimafia, risulta coinvolto nell'inchiesta che travolge il mondo di Matacena e Scajola. E già in quel dialogo del 6 novembre con Carlo Colella, spingeva affinché Matacena diventasse europarlamentare. Promessa che ora deve incarnarsi in Scajola?
Romeo: «Parliamoci chiaro, se tu puoi costruire su Matacena l'ipotesi di una candidatura, è buona».
Colella: «Certo».
R. «à già una cosa che si entra, diciamo i meccani... i finanziamenti... uno può fare l'ira di Dio».
C: «Ho capito...».
R.: «Con i finanziamenti pubblici
una serie di agganci. Perché tu tieni conto che poi dopo le europee ci sono le regionali...». Le ândrine si muovono per tempo.
I BUSINESS IN GRECIA E ALBANIA
I soldi del presunto riciclaggio si trascinano dietro, spesso, gli stessi personaggi: Scajola e l'imprenditore Giovanni Morzenti, entrambi individuati a Reggio dalla Dia come collegati alla presunta «associazione a delinquere segreta», risultano monitorati anche a Roma, nell'ambito dell'indagine sullo Ior dove compare anche monsignor Gaetano Bonicelli.
Tra i nuovi elementi, grazie anche all'intervento dell'avvocato Giuseppe D'Ottavio, allegato ai verbali di un'assemblea societaria, nel 2009, spunta un mutuo di oltre 3 milioni e
mezzo di dollari che sarebbe stato concesso da una banca greca, «la "Marfin Egnatia Bank Societe Anonyme" con sede legale a Thessaloniki, (Grecia)» alla Amadeus spa, la società riconducibile a Matacena, nonostante egli avesse già lasciato, nel 2010, ogni carica, travolto dall'inchiesta per mafia.
Dalla stessa "galassia imprenditoriale" risultano piani di investimento e interessi che puntavano all'Albania: sul business green, e sull'energia eolica in particolare.
Da ieri la mole di materiale ha imposto una ri-organizzazione della nutrita squadra inquirente: un gruppo di lavoro, affidato alla Finanza, è concentrato sul capitolo riciclaggio;
l'altro, prevalentemente coordinato dal colonnello Ardizzone della Dia, segue specificamente i molti fili che portano all'attività di favoreggiamento di Scajola, e ai suoi contatti con Amin Gemayel, l'ex presidente del Libano che avrebbe dovuto incontrare Berlusconi, oltreché alle sue relazioni fittissime con Vincenzo Speziali, il mediatore per eccellenza a Beirut, paradiso dei latitanti.
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