poletti figlio manuel giuliano

POLETTI È ALL'ANGOLO: SU DI LUI SI ABBATTE UNA MOZIONE DI SFIDUCIA DI M5S-LEGA - MA ANCHE LA SINISTRA PD HA PUNTATO I FUCILI: "O CANCELLIAMO I VOUCHER O VA VIA LUI" - I LEGHISTI HANNO PRESENTATO ANCHE UN ESPOSTO IN PROCURA E ALLA GUARDIA DI FINANZA: ECCO PERCHE'...

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Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”

 

POLETTI FIGLIO MANUEL GIULIANOPOLETTI FIGLIO MANUEL GIULIANO

E adesso il posto lo rischia Giuliano Poletti. Non bastano le scuse del ministro, dopo la gaffe sui giovani italiani che lavorano all'estero. Le opposizioni presentano una mozione contro il titolare del Lavoro, mentre la minoranza del Pd addirittura rilancia: Via i voucher o sarà sfiducia. Ed è proprio su questo punto che il Partito democratico tenta di immaginare una soluzione di compromesso.

 

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L'idea, a cui lavora da tempo Cesare Damiano, è quella di fissare criteri stringenti per limitare i voucher alle prestazioni occasionali. Ma i tempi parlamentari sono strettissimi e soltanto un intervento del governo permetterebbe di assicurare con un buon margine di sicurezza il traguardo, prima che la legislatura si esaurisca. Difficile però che Palazzo Chigi vada oltre interventi mirati, quindi molto circoscritti. Poletti, nel frattempo, tiene il punto: Non lascio il ministero.

 

Il governo, si diceva. Lo sforzo di queste ore è soprattutto quello di far dimenticare lo scivolone del ministro e questa falsa partenza. I problemi, però, non mancano. La Lega presenta un esposto in Procura e alla Guardia di Finanza per verificare la regolarità del contributo di mezzo milione concesso al settimanale Sette Sere, diretto da Manuel Poletti - figlio del ministro - mentre duecento Giovani democratici chiedono la testa del ministro. Bisogna spegnere l' incendio, insomma. Ci prova la vicesegretaria del Pd Debora Serracchiani: Si è scusato, il caso è chiuso. Eppure, la sfiducia incombe e il rischio è che al Senato la partita si giochi sul filo dei numeri.

MANUEL E GIULIANO POLETTIMANUEL E GIULIANO POLETTI

 

A presentare la mozione, che sarà calendarizzata soltanto alla ripresa dei lavori parlamentari fissata per il 10 gennaio, sono leghisti, grillini, Sinistra Italiana e un frammento del gruppo Misto. Chiedono che il ministro lasci e puntano il dito contro un linguaggio discutibile e opinioni del tutto inaccettabili. A decidere la sfida, però, saranno soprattutto Forza Italia e la minoranza del Pd. I berlusconiani non si espongono (ad eccezione di Maurizio Gasparri che si schiera contro Poletti), ma alla fine dovranno sfiduciare il ministro per non esporsi al fuoco amico della Lega.

 

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È soprattutto la sinistra dem, però, a mettere i brividi al titolare del Lavoro: Un ministro non si può sfiduciare solo per una frase sbagliata - premette Roberto Speranza - Ma lui non può continuare a non vedere il fiume di questa nuova precarietà. E questo sì che varrebbe la sfiducia. Il possibile voto segreto, tra l'altro, renderebbe il rebus ancora più intricato. Certo è che i venti anti-renziani del Pd a Palazzo Madama rappresentano già l'ago della bilancia, a meno che non arrivi il soccorso dei verdiniani per salvare la poltrona del ministro.

 

La partita dei voucher resta comunque il cuore del problema. Matteo Orfini, assai vicino al segretario del Pd, ricorda che la liberalizzazione di questo strumento fu fatta dal governo Monti, con Bersani segretario, mentre l'esecutivo Renzi semmai ne ha limitato l'uso. E il responsabile economico dem Filippo Taddei interviene sull'Unità lasciando capire che un eventuale restyling sarà assai mirato: Studiamo i limiti dei voucher, ma comprendiamone i benefici. Perché se reagiamo sull'onda dell' indignazione, rischiamo solo di rimanere con il lavoro nero senza diminuire la precarietà.

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Nella partita si inserisce anche Damiano, alla guida della commissione Lavoro di Montecitorio. Ha già incardinato un progetto che limita l'utilizzo di questo strumento ai soli lavori occasionali. Un testo simile a quello dei cinquestelle, con cui il dem intende giocare di sponda. Lavoriamo per unificare i testi omogenei - spiega - La mia proposta è di tornare a quanto previsto dalla normativa Biagi.

 

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E non vedo come il Ncd e il centrodestra possa opporsi. Si opporrano, però. E dall' 11 gennaio in commissione si giocherà il primo round. Senza un decreto del governo, però - o senza quantomeno la benedizione politica di Palazzo Chigi - il destino di questa battaglia sembra già scritto.

 

2 - PAROLE SBAGLIATE E FOTO IMBARAZZANTI L' ASCESA CON GAFFE DELL' UOMO COOP

Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera”

 

Un pomeriggio intero a ricostruire tutte le strepitose gaffe collezionate dal ministro Giuliano Poletti.

Saltano fuori anche un mucchio di imitazioni del comico Maurizio Crozza (memorabile la gag in cui dice: Le ore di lavoro sono parametri odiosi. Battuta mai pronunciata dal ministro che in compenso, però, nel novembre del 2015, ne sfornò una forse persino migliore: Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21). Poi salta fuori una foto. Una brutta foto.

 

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Roba di due anni fa, erano i giorni dell'inchiesta denominata Mafia Capitale. Poletti è seduto a una tavolata in compagnia di ceffi tremendi: c'è Salvatore Buzzi, responsabile della Cooperativa 29 giugno e compare di Massimo Carminati, er cecato, Banda della Magliana, entrambi considerati i capi del malaffare romano e attualmente, per questo, processati. Ci sono l' ex boss dell' Ama Franco Panzironi (poi arrestato) e un esponente del clan dei Casamonica (la pancia debordante sotto la felpa con la scritta Italia). Della simpatica brigata, anche l'ex sindaco Gianni Alemanno e un gruppetto di facce del peggior sottobosco politico capitolino.

 

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Lo scatto fu realizzato nel 2010, quando Giuliano Poletti non era ancora ministro ma solo - diciamo così - il potente presidente della Lega delle Cooperative. La domanda, quindi, resta identica e ancora attuale: che ci faceva lì, accanto a certi personaggi, in una cena che Buzzi aveva organizzato per ringraziare tutti i politici che ci sono a fianco?.

 

La risposta di Poletti fu: È una foto vecchia, davvero sgradevole tirarmi in ballo. Perché poi Poletti la risolve sempre così: non avete capito, siete sgradevoli, ora vi ripeto tutto, ascoltatemi bene. Ci prova anche adesso. Sul web sta facendo girare un breve video in cui cerca di raddrizzare la sua ultima tragica dichiarazione: Se 100 mila giovani se ne sono andati, non è che qui sono rimasti 60 milioni di pistola Questo Paese non soffrirà a non averli più tra i piedi. Ma è teso e goffo, nel video: chiede scusa e rispiega, modificandoli, i suoi concetti.

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Risulta imbarazzato e scarsamente credibile. Infatti, non gli credono. Lega Nord, M5S e Sinistra italiana presentano mozioni di sfiducia alla Camera e al Senato: i Giovani del Pd gli chiedono di dimettersi. Lui: Non mi dimetto certo per una mezza frase mal interpretata (spiegazione fornita a un ministro. Poi, lo stesso ministro, facendosi giurare di non finire sul giornale: Sprecata una grande occasione: andava cacciato un'ora dopo. Ora, purtroppo, è tardi).

 

Che poi: questo secondo giro a Palazzo Chigi, secondo numerosi autorevoli retroscenisti, Poletti se lo sarebbe dovuto guardare da casa. Da Imola. Nasce lì, a Spazzate Sassatelli (una frazione di Imola) 65 anni fa, famiglia di contadini, diploma da agrotecnico (a volerli contare, dopo Valeria Fedeli, siamo già al secondo ministro senza laurea). Comunque per quello che deve fare Poletti, l'università sarebbe stata una pura perdita di tempo. A 25 anni è assessore all'Agricoltura, a 30 segretario della federazione del Pci (Sì, nel Pci siam stati in tanti. Ci dovremmo mica sparare per questa colpa?). Poco dopo, diventa consigliere provinciale a Bologna per il Pds. Il posto giusto per realizzare il suo piano: entrare in LegaCoop, scalarla e diventarne capo assoluto (ci riesce nel 2002).

 

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Carrierona, va. Amico di Pier Luigi Bersani, ossequioso con Massimo D' Alema, ben visto nel centrodestra: all' apparenza mite, si fa inseguire dalla leggenda d'essere un camperista (Carico mia moglie e i miei due figli e via, partiamo verso la libertà) e di essere un buongustaio (anche se accanto a un ceffo come Buzzi, la cena dovrebbe andarti di traverso). In realtà: uomo astuto, pragmatico, spregiudicato.

 

Per capirci: quando all'orizzonte vede spuntare Matteo Renzi, tradisce Bersani e, alle primarie, si fionda a tirargli la volata. Si volta e si ritrova, pure lui, a Palazzo Chigi. All'inizio, spiega le linee guida del Job Acts sfoggiando un non scontato liberismo emiliano e scatenando, perciò, dosi di curiosità (ma i deputati con il suo stesso accento, ammoniscono: occhio, che è un bluff). Poi comincia a infilarne una dietro l' altra. Crozza si scatena. Non sembra confermabile da Paolo Gentiloni al ministero del Lavoro. E invece, come direbbe - magari - Bersani, Oooooh, ragassi, adesso siam qui a cercare di mettere la camicia di forza ad una pentola a pressione.

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