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1 - «SCUOLA, TROPPI TRE MESI DI VACANZA» AFFONDO DI POLETTI, I PROF PROTESTANO
Antonella De Gregorio per il “Corriere della Sera”
Giannini: con la riforma ci saranno gli stage. La Cgil: non sfruttare il lavoro dei giovani
Le vacanze degli studenti finiscono nel mirino del governo: «Un mese di pausa va bene, ma non c’è un obbligo di farne tre. Magari uno potrebbe essere passato a fare formazione», ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, parlando a Firenze a un convegno sui fondi europei e il futuro dei giovani.
E ha aggiunto una nota autobiografica: «I miei figli d’estate sono sempre andati al magazzino della frutta a spostare le casse. Sono venuti su normali, non sono speciali». Comunque — ha tagliato corto Poletti — è una discussione che va affrontata. Un invito a cui non si sottrae il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini: «Nel ddl sulla Buona scuola che a giorni arriverà all’esame del Parlamento — dice — è previsto che attività di stage si possano fare anche nei periodi di sospensione dell’attività didattica, estate inclusa».
La riforma prevede 400 ore di alternanza per istituti tecnici e professionali, e 200 ore per i licei: parte potrebbero essere utilizzate a scuole chiuse. «Ma questo non significa fare meno vacanze», sottolinea il sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi. «I ragazzi del triennio di tecnici e professionali potranno impiegare del tempo libero estivo in attività che renderanno più facile, alla fine degli studi, trovare un impiego».
Ma la riflessione del ministro Poletti — che un ragazzino non si distruggerebbe se invece «di stare a spasso per le strade della città» andasse «a fare tre o quattro ore di lavoro» — ha acceso le polveri. Dichiarazioni «allucinanti», per le associazioni degli studenti: «Il ministro sembra voler invitare gli studenti a lavorare d’estate, preferendo lo sfruttamento alla formazione», commenta Danilo Lampis, coordinatore nazionale dell’Uds.
«Più della metà degli studenti italiani già lavora d’estate» gli fa eco Alberto Irone, Rete Studenti medi. La priorità, sostengono, è distribuire le pause in modo più equilibrato durante l’anno, non «legalizzare lo sfruttamento». La Cgil chiede che le attività «stagionali» siano svolte nell’ambito di standard omogenei per tutti, perché gli studenti non si trasformino in lavoratori nascosti e non retribuiti. E perché la scuola «non diventi, da avamposto culturale, struttura al servizio delle imprese» dice il segretario generale Flc Cgil, Domenico Pantaleo.
La trovata di Poletti piace al Moige, (Movimento genitori), che vorrebbe una revisione del calendario per bilanciare meglio i periodi di riposo durante l’anno. «Siamo il Paese con le vacanze più lunghe d’Europa — dicono —. E un tempo così prolungato di inattività vanifica gli sforzi d’apprendimento».
I presidi colgono l’occasione per rilanciare una delle loro battaglie: «Piani intelligenti per l’utilizzo della risorsa scuola durante l’estate», dice Mario Rusconi, vicepresidente Anp. Favorevole alle scuole aperte d’estate per attività integrative e corsi di recupero anche Elena Centemero (FI). Non ai lavoretti saltuari «per educare i ragazzi al sacrificio». Questo non riguarda la scuola, ma «i metodi educativi delle famiglie».
2 - CACCIARI “TROGLODITI, RAGIONANO PEGGIO DI BRUNETTA”
Tommaso Rodano per il “Fatto quotidiano”
Questi qui non sanno cosa dicono. Chiacchierano per dare aria ai denti”. Il giudizio di Massimo Cacciari sull’uscita “anti-vacanze” del ministro Poletti non è lusinghiero, per usare un eufemismo. Per il filosofo, ex sindaco di Venezia, la questione è posta in modo generico e superficiale. “Tre mesi di vacanze per gli studenti sono troppi? Perché? Secondo quale ragionamento? Bisognerebbe vedere come vengono impiegati, tanto per cominciare. E poi bisognerebbe distinguere tra i diversi ordini di studi. Comunque mi pare un’idea trogloditica”.
L’argomento non la appassiona.
Mi chiedo se siano questi i problemi urgenti della scuola o dell’insegnamento . Non mi pare proprio. È una “questioncella”. Non ha nulla a che fare con la sostanza dei fatti. L’ennesimo slogan gettato in pasto all’opinione pubblica, tanto per vedere l’effetto che fa; un esercizio periodico. Ma poi, cosa c’entra Poletti con le vacanze degli studenti?
Secondo il ministro la disoccupazione è anche una questione “culturale”. Un “periodo di formazione” durante l’estate - sostiene - potrebbe contribuire a inserire i ragazzi nel mondo del lavoro.
Ma stiamo scherzando? I giovani fanno una fatica enorme a trovare un’occupazione anche dopo aver terminato gli studi... Il motivo secondo Poletti è che non fanno “formazione”? Se avessero lavorato durante il liceo e le medie, dopo sarebbe più facile trovare lavoro? Ma cosa dicono questi qui... Parlano per dare aria ai denti.
Non è la prima battaglia del governo contro le ferie. Sono state messe in discussione anche quelle dei magistrati.
(Ride, ndr) Infatti lo stesso discorso vale pure per i magistrati. È comico. Le grandi questioni della giustizia sono forse le vacanze? È davvero questo l’ordine di priorità che sta a cuore al governo? Oltretutto si parte da un presupposto sciocco, si ignora un’ovvietà. Che le vacanze possono essere anche il periodo più formativo della vita di un ragazzo. Per me è stato così. I viaggi in Grecia e in Turchia, coi libri alla mano, mi hanno fatto imparare tantissimo. In effetti, le vacanze mi hanno formato diecimila volte più di due anni scolastici. Ma questi qui chiacchierano, chiacchierano e basta. La chiacchiera universale sta travolgendo tutto e tutti.
Al di là delle chiacchiere, ci sarà pure qualcosa – un ragionamento – dietro questa
“crociata” contro le vacanze.
C’è l’idea trogloditica che la produttività di una persona si misuri sul tempo di lavoro. Ce l’aveva anche Brunetta, quest’idea, quando se la prendeva con i dipendenti pubblici perché non timbravano. In un’epoca in cui, grazie allo sviluppo tecnologico, il 90 per cento del lavoro potrebbe essere utilmente svolto a casa, questi arcaici predicatori vanno in giro a dire che bisogna stare più tempo a scuola o in ufficio. Come se studiare o lavorare un mese in più facesse la differenza. Un ragionamento talmente comico che non ci si crede. Sembra che siano fermi a prima dell’invenzione del telefono, questi signori.
Se fosse un ragazzo italiano - probabilmente terrorizzato da quello che lo attende alla fine degli studi - cosa penserebbe delle parole del ministro?
Il ragionamento di Poletti nella migliore delle ipotesi è offensivo. Se lo prendessimo sul serio, l’impostazione del suo discorso sarebbe da puri reazionari. Se fosse solo una battuta, invece, sarebbe offensiva nei confronti dei giovani italiani. Il 40, 50 per cento di loro è disoccupato, o lavora a condizioni tremende. E ora si sentono pure dire da un ministro che devono fare chissà cosa durante il percorso di studio per riuscire trovare un’occupazione. Poi escono dalle scuole e dalle università e c’è il deserto.
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