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Alessandro Ursic per “la Stampa”
andrew chan e myuran sukumaran
L’Australia minaccia conseguenze diplomatiche e boicottaggi turistici, giocando pure la carta della riconoscenza: «Con i soldi che vi abbiamo dato dopo lo tsunami...». Ma l’Indonesia punta i piedi: la legge nazionale dice che per i contrabbandieri di droga c’è la pena di morte, anche se prima era applicata raramente. E il momento dell’esecuzione di dieci spacciatori, tra cui due australiani e altri sette stranieri, si sta avvicinando. Forse già questo week-end, ignorando gli appelli di clemenza dall’estero.
andrew chan e myuran sukumaran
Il carcere dell’isola di Nusakambangan - dove i condannati saranno fucilati in coppia, bendati - ha accolto ieri Andrew Chan (31 anni) e Myuran Sukumaran (33), due «muli» della droga australiani parte della banda dei «nove di Bali», arrestati nel 2005 con 8 chili di eroina addosso.
IL NUOVO PRESIDENTE
Il caso, come quello di altri contrabbandieri colti in flagrante in Indonesia, ha subìto un’accelerata negli ultimi mesi, da quando al governo è arrivato Joko Widodo. Il nuovo presidente, il primo a venire dal basso in un Paese dove regnano oligarchi e militari, era visto all’estero come una specie di «Obama indonesiano» di mentalità moderna. Invece è subito partito a caccia di consensi interni con un giro di vite contro la droga, che considera un’emergenza nazionale. Così facendo sta però dilapidando il capitale di simpatia internazionale. A fine gennaio ha fatto fucilare cinque spacciatori stranieri, tra cui un brasiliano e un olandese, e i governi dei due Paesi hanno ritirato i loro ambasciatori.
andrew chan e myuran sukumaran
Ora toccherà ad altri dieci finire davanti al plotone di esecuzione: ci sono anche tre nigeriani, una filippina, un altro brasiliano, un francese, un ghanese e un indonesiano. E non finirà qui: Widodo ha respinto l’appello per 64 detenuti, tra cui 58 stranieri. Rischia insomma di crearsi nemici in tutto il mondo, ma al momento non mostra segni di ripensamento. In patria la retorica contro le «interferenze straniere» funziona e la maggioranza musulmana approva il pugno duro.
CRISI DIPLOMATICA
Il premier australiano Tony Abbott ha usato parole forti pur di far cambiare idea a Widodo («Troveremo il modo di far sentire il nostro dispiacere»; «Milioni di australiani si sentono rivoltare lo stomaco»), chiedendo di «ricambiare» il favore del miliardo di dollari che l’Australia donò all’Indonesia dopo il maremoto del 2004. Prima i rapporti tra i due Paesi erano ottimi: Canberra ha sempre donato più soldi di tutti in aiuti a Jakarta e le spiagge di Bali sono piene di australiani. Ora per due di loro l’Indonesia rischia di essere l’ultima destinazione.
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