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La politica? Roba da ricchi, a quanto sembra.
RENZI E DELLA VALLE A FIRENZE FOTO ANSA
O, per dirla tutta, un hobby per quanti invece di godersi la liquidazione milionaria si autocandida allegramente alla leadership del Paese, che - a sentir loro - starebbe, con le pezze al culo nonostante la fine dell’odiata partitocrazia e la messa al bando delle Caste.
Gli esempi non mancano.
Da Luchino Montezemolo (Italia Futura) a Corradino Passera, ex Poste e Banca Intesa, fondatore di Italia Unica che stenta a decollare. Per finire ad Andrea Guerra, che appena lasciata la guida della Luxottica fa il “valletto ombra” nell’esecutivo guidato dal premier parolaio, Matteo Renzi.
Mentre nel nulla è finita la minaccia dello “scarparo” Diego Della Valle di mettere insieme una “squadra di capaci” per rimpiazzare i maldestri ragazzotti, che ora si aggirano nelle stanze ministeriali.
Diego della Valle Montezemolo Italo
Per un Della Valle che abbassa le penne, si annuncia il volo verso il Campidoglio di Arfio Marchini, altro rampante imprenditore con lombi cresciuti nell’ex Pci.
Dunque, dai “partiti liquidi” siamo arrivati ben presto ai “leader liquidi” (cioè ai possessori di una robusta liquidazione) in nome, ovviamente, della “società liquida”, secondo la brillante definizione dal sociologo polacco Zygmunt Bauman.
All’inizio della storia dei signori Bonaventura, fu Silvio Berlusconi a scendere in campo per sbarrare la strada agli ex comunisti usciti indenni da Tangentopoli. E anche per difendere il suo Biscione (Mediaset) da chi voleva farsene un sol boccone dopo la messa al bando del suo amico e protettore Bettino Craxi.
Alla faccia del conflitto d’interessi (qualcuno ne parla ancora ai tempi del premier cazzaro Renzi?) il Cavaliere fondò a sue spese Forza Italia (e a seguire il Partito delle libertà) che nei bilanci familiari e aziendali è pesata a dir poco una montagna di milioni.
Ne valeva la pena?
All’epoca di Mani pulite, forse sì.
E, soprattutto, quella di Berlusconi fu un’operazione vincente: primo partito alle elezioni e poltrona di prima classe a palazzo Chigi per l’uomo che all’inizio annunciava miracoli economici e prometteva meno tasse e un milione di posti di lavoro.
Tant’è che oggi i suoi emuli-bonsai lo fanno apparire un gigante.
Con grande scorso di Carlo Sorgenio De Benedetti.
La “tessera numero uno” del Pd che non si è voluto sporcare mai le mani (in prima persona) con la politica, lasciando che gli schizzi di “sangue e merda” (Rino Formica) sfigurassero i suoi caporali di giornata (politica).
Adesso l’Ingegnere tifa per Matteo Renzi, ma è bastata una sua intervista al Corriere perché il premier-leader perdesse subito qualche punto in popolarità.
Già, dicevamo i nuovi Ricchi&Scemi.
Così una volta erano bollati i presidenti spendaccioni dei club calcistici finiti ben presto in bancarotta. Lo statista di Trento, Alcide De Gasperi, li avrebbe definiti con sprezzo, soavemente “escursionisti dilettanti” della politica senza alcuna vera missione.
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